L’Operazione “Quercia”, la liberazione di Mussolini. L’azione ardita compiuta dai paracadutisti tedeschi ai limiti del farsesco. Che cambierà gli eventi
Settembre 1943: l’Italia in guerra è divisa in due, al centro nord i tedeschi si muovono da padroni nelle città semideserte con ruberie e retate di cittadini inermi, nell’estremo sud gli alleati cercano di avanzare con le truppe naziste in ritirata. Tutto è stravolto, il Belpaese è preda di migliaia di famiglie sbandate e strappate alle loro case dai bombardamenti. Dormono sotto le scale dei palazzi rimasti in piedi, nei cortili, coperti di polvere, profughi che scendono dal nord verso sud per cercare la protezione degli alleati ma anche molti che risalgono verso nord per riunirsi ai propri cari mentre le strade sono ingorgate da colonne militari.
È gente che ha fame e tenta di barattare un piatto di minestra con le poche cose rimaste di valore, un orologio, una catenina, un anello, disperati che cercano un posto qualsiasi per nascondersi. Dopo l’8 settembre del 1943 quando Badoglio alle 22,15 dette la notizia, registrata, che la “guerra era finita” e i primi reparti italiani sbandati, fuggiti con le armi, si arrampicano sui sentieri di montagna per combattere i tedeschi, Benito Mussolini è prigioniero del re e di Badoglio, fuggiti con la Corte quasi al completo, verso Pescara nella notte dell’armistizio. Raggiungeranno poi con una imbarcazione gli alleati, ormai padroni del sud della penisola.
Mussolini era stato arrestato il 25 luglio del 1943 e trasferito dapprima in gran segreto a Ponza poi a La Spezia e quindi a La Maddalena dove un incrociatore lo aveva prelevato in quanto i tedeschi su ordine di Hitler erano sulle sue tracce per liberarlo. Il Fuhrer aveva infatti dato incarico a un comandante delle SS Otto Skorzeny, di riportagli vivo il Duce. Skorzeny riuscì ad avere notizia che il duce a Ponza era lì prigioniero a Villa Weber. Mentre preparava il piano per liberarlo, il governo italiano trasferì poche ore prima del blitz dei tedeschi “l’importante” prigioniero. Il 27 agosto, proprio il giorno prima dell’attacco previsto da Skorzeny per liberare l’ex dittatore, un idrovolante della Croce Rossa aveva prelevato Mussolini per destinazione ignota. L’incursione era stata annullata e Skorzeny riprese a tessere la sua tela per scoprire ove il Duce fosse stato trasferito.
La storia corre con gran velocità e non risparmia sorprese, Mussolini è stato trasferito sul Gran Sasso a Campo Imperatore. Si considera un uomo al termine della vita, l’ulcera che da tempo lo affligge si fa sentire e lo indebolisce. Skorzeny non demorde viene a sapere dal Capo della Polizia tedesca a Roma, Herbert Kappler, di un messaggio cifrato “ultimate misure di sicurezza Gran Sasso”. Spie tedesche lo avvertono che quello potrebbe essere il “nascondiglio” per il Duce. L’unico albergo è stato costruito lì di recente, per sport invernali ed è raggiungibile solo tramite la funivia che parte da Assergi. Un ufficiale delle SS Priebke aveva poi riferito a Kappler, di strani movimenti che avvaloravano il sospetto che “il personaggio Mussolini”si trovasse lì.
L’11 settembre la radio alleata aveva comunicato che Mussolini sarebbe stato consegnato loro dagli italiani. Bisognava muoversi con rapidità con l’operazione denominata “Eiche” (Quercia) già pianificata dal comandante responsabile Harold Mors. Alle 3 del mattino di domenica 12 settembre una colonna motorizzata si mosse alla volta di Assergi. Alle prime luci dell’alba 10 alianti si alzarono in volo diretti a Campo Imperatore. Dato il limitato spazio a disposizione per l’atterraggio, sulle ruote furono incastrati rotoli di filo spinato per creare attrito con il suolo scosceso. A bordo di uno di essi Skorzeny era stato aggregato come “consigliere politico” e si affibbiò la “gloria” di aver liberato il “Duce” mentre in seguito si appurò che ebbe solo un ruolo di gregario. Gli alianti scesero come furie e subito i paracadutisti tedeschi si disposero intorno l’albergo.
Mentre il sole faceva capolino dalle nubi, Mussolini affacciato alla finestra vide i parà in armi e chiese al capo della scorta se erano inglesi. «No eccellenza sono tedeschi» – gli venne risposto – «questo proprio non ci voleva!» fu il suo commento. Il resto è noto, foto che ritraggono il duce con Otto Skorzeny. In quella domenica di 75 anni fa è forse lui l’unica persona onesta che con la faccia stravolta, immaginerà il suo futuro vicino al capolinea con Hitler che la avrebbe fatta da padrone. I bei tempi di Palazzo Venezia con le masse che lo applaudono sono lontani, è un uomo stanco, il volto avvizzito, gli occhi lucidi. La sua esistenza si sarebbe conclusa il 28 aprile del 1945.
Giancarlo Cocco
Foto © Junge Welt,