Le lupe di Sernovodsk: la tragedia della Cecenia nei reportage di Irena Brežná

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Un libro necessario perchè una pagina terribile della nostra storia non precipiti nell’oblio o nell’indifferenza

Frammenti, schegge, come quelle delle bombe che incrinano il vivere, detriti che la memoria non è in grado di ricostruire nella loro interezza. Il mondo stesso appare smembrato negli articoli di Irena Brežná dedicati alla tragedia della Cecenia, ora meritoriamente raccolti in volume da Keller editore (Le lupe di Sernovodsk), la maceria onnipresente quale metafora del nostro tempo. Il linguaggio appare disorientato nel cogliere questi pezzi e brandelli «recisi dall’irruenza della guerra». Tutto sembra esplodere per poi ricomporsi in un vita invalida e frammentata, quella che l’autrice definisce una «natura morta della guerra».

Nel breve articolo scelto quale prefazione al libro, Anna Politkovskaja si sorprende per l’assenza totale dei media internazionali in Cecenia, un silenzio colpevole, simile a quello che sta calando sul conflitto in Ucraina. Da qui l’esigenza urgente di raccontare, anche a costo della vita stessa.

La Brežná si mescola alle donne del posto, sfida la sorte e la paura perché «qualcuno deve pur scrivere tutto». Hanno solo un paio d’ore per tornare nel villaggio martoriato di Sernovodsk, avanzano sulla sottile striscia d’asfalto circondata dai campi minati. Una volta rientrate nelle loro abitazioni devastate si muovono con circospezione fra gli «oggetti maltrattati», evitando di toccarli come se «non appartenessero più a loro». L’odore acre della putrefazione ammorba l’aria. Non solo persone, ma anche animali uccisi senza un perché. Un uomo con il volto strappato diviene il simbolo ineludibile dell’orrore. E’ la follia dei dettagli che l’autrice vuole ricordare e trasmetterci. Il canto funebre delle cecene attorno al cadavere le fa assomigliare a un branco di lupe dignitose e fiere, da cui deriva il titolo della raccolta.

Irena-Brezna-Foto-Privatarchiv---Copia.jpgProprio il carattere di questo popolo di montagna emerge dalle pagine della Brežná, la forza del suo animo, la solidità dei suoi valori, primo fra tutti quello dell’ospitalità. L’autrice si scaglia contro lo stereotipo del ceceno cattivo, tramandato anche dai grandi scrittori russi quali Tolstoj, Lermontov e Puškin, abitante di una città chiamata Groznyj, dal nome con il quale i suoi costruttori battezzarono una fortificazione militare, che in russo significa terribile.

L’utopia socialista, fatta di ideali e di eroi, nel cui ambito l’autrice è stata educata, crolla di fronte all’evidenza del conflitto.

Come una bambina silenziosa, «che ha fatto delle macerie la stanza dei giochi», la Cecenia giace abbandonata dal resto del mondo. I giornalisti confezionano reportage tutti uguali, obbedienti alle logiche dei loro redattori, i quali adorano la semplificazione e l’elemento lacrimevole, comune a tutti i conflitti. La crescente domanda di necrofilia indirizza i media. Sfugge completamente la specificità di questo popolo, non ultima la sua fede islamica. Per questo la Brežná costella le sue pagine di annotazioni che il cronista distratto non registra. Il culto dei morti spinge i ceceni a riscattare i corpi martoriati dei loro cari, occultati ad arte dai russi, dando vita ad un commercio umiliante e terribile. Eppure fra le pagine cogliamo anche alcuni sprazzi di vita insopprimibile, come quando l’autrice descrive un gruppo di donne le quali, pur nel mezzo degli orrori, curano ancora il loro aspetto fisico.

Proprio le donne sono le vittime più colpite da questa guerra, insieme ai bambini, implacabilmente mutilati dalle mine, ma sono anche portatrici di una resistenza non violenta colma di speranza, orientata alla vita. Le madri dei soldati russi protestano sfidando il governo, perché vogliono che i loro figli tornino a casa. Le madri cecene si spingono a chiedere l’elemosina pur di comprare i cadaveri dei loro figli, rubati da aguzzini senza scrupoli.

Il libro offre alcuni indimenticabili ritratti femminili, come quello di Zajnap Gašaeva, instancabile attivista per i diritti umani. La guerra è, come di consueto, terreno per atrocità inenarrabili. Il comportamento degli occupanti assume toni criminali, e il soldato che non ubbidisce agli ordini disumani viene punito, imprigionato o addirittura ucciso. La violenza sessuale colpisce naturalmente le donne, violate e umiliate quale simbolo di un intero popolo. In un Paese allo sbando qualunque ceceno vive in una condizione di precarietà e incertezza costante, in quanto in qualsiasi momento può essere arbitrariamente arrestato come potenziale terrorista.

Dopo due guerre, separate da una effimera fase indipendentista, i ceceni sono piagati nel corpo e nell’anima. Sfinito dal conflitto, questo popolo sembra aver abdicato al proprio carattere indomito. L’uomo ceceno, umiliato e afflitto, si vendica sulla donna. La società regredisce verso uno stato arcaico, che concede poco alle rivendicazioni femminili. Il presidente Ramzan Kadyrov, imposto da Putin, distribuisce i suoi proclami tramite la tv di Stato. La gente lo guarda come ipnotizzata, e ancora una volta vengono in mente le parole della Politkovskaja riguardo l’autoipnosi collettiva, che spinge a non guardare in faccia la realtà.

Le macerie vengono spazzate via rapidamente, sostituite dalla propaganda, i crimini di guerra vengono cancellati, gli assassini non vengono perseguiti, il passato è stato definitivamente seppellito come un cadavere scomodo. Per questo la Brežná ci ricorda che l’unica via d’uscita è linguistica, perché ai ceceni è stato tolto il diritto di «comunicare al mondo il proprio punto di vista». In questo scenario ancora una volta sono le donne, dapprima ribelli, poi vedove e ancora attiviste per i diritti umani, a rappresentare un estremo, fragile baluardo contro la violenza e l’oblio.

Riccardo Cenci

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Irena Brežná

Le lupe di Sernovodsk

Keller editore – pg. 213 € 16,00

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Riccardo Cenci
Riccardo Cenci. Laureato in Lingue e letterature straniere moderne ed in Lettere presso l’Università La Sapienza. Giornalista pubblicista, ha iniziato come critico nel campo della musica classica, per estendere in seguito la propria attività all’intero ambito culturale. Ha collaborato con numerosi quotidiani, periodici, radio e siti web. All’intensa attività giornalistica ha affiancato quella di docente e di scrittore. Ha pubblicato vari libri (raccolte di racconti e romanzi). Attualmente lavora come Dirigente presso l’Enpam.

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