L’economia collaborativa creatrice di nuovi modelli imprenditoriali

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Le piattaforme on line possono dare vita ad un vero mercato aperto rafforzando la fiducia di tutti gli operatori commerciali. Si tratta di un cambiamento strutturale

Il 2 giugno 2016 la Commissione europea ha pubblicato una Comunicazione contenente «Un’agenda europea per l’economia collaborativa».

Con tale espressione, i tecnici di palazzo Berlaymont hanno inteso riferirsi ai modelli imprenditoriali nei quali le attività sono facilitate da piattaforme di collaborazione in grado di creare un «mercato aperto per l’uso temporaneo di beni o servizi spesso forniti da privati». Detti modelli economici coinvolgono tre tipologie di soggetti: i prestatori di servizi; gli utenti di detti servizi; gli intermediari che consentono ai prestatori e agli utenti di comunicare mediante l’utilizzo di piattaforme on line.

L’applicazione dei principi dell’economia collaborativa stimola lo sviluppo di nuovi modelli imprenditoriali che, potenzialmente, contribuiscono, significativamente, alla competitività e alla crescita.

Per quanto attiene ai consumatori detto approccio economico consente l’accesso a «nuovi servizi» e «un’offerta più ampia e a prezzi più bassi». Inoltre, esso incoraggia la «condivisione e l’uso più efficiente delle risorse, contribuendo in questo modo al programma di sostenibilità dell’Ue e alla transizione verso l’economia circolare».

Secondo Bruxelles, affinché si possa giungere ad una concreta ed effettiva applicazione dell’economia collaborativa, occorre prendere in esame i seguenti aspetti:

– Requisiti di accesso al mercato. Le imprese che si ispirano all’economia collaborativa possono avvalersi di prestatori di servizi tradizionali o, in alternativa, di piattaforme di collaborazione e di prestatori di servizi che potrebbero essere soggetti a determinati «requisiti di accesso al mercato». In tal caso occorre comprendere secondo quali criteri i meccanismi di ingresso al mercato sono regolamentati dalla normativa Ue. Secondo il diritto dell’Ue i cennati requisiti debbono essere «giustificati e proporzionati tenendo conto delle specificità del modello imprenditoriale e dei servizi innovativi interessati, senza privilegiare un modello d’impresa a scapito di altri».

In relazione ai soggetti che prestano servizi a titolo professionale, la normativa Ue può prevedere delle limitazioni. Al riguardo, la Commissione, ritiene che eventuali divieti e/o restrizioni quantitative all’esercizio di un’attività debbano costituire «normalmente misure di ultima istanza» che, in generale, dovrebbero essere applicate «solo se e, laddove, non sia possibile conseguire un legittimo obiettivo di interesse generale con una disposizione meno restrittiva».

Fornitura di servizi tra pari. Nell’ambito dell’economia collaborativa al fine di valutare se un «un requisito di accesso al mercato è necessario, giustificato e proporzionato» può essere utile comprendere se «i servizi sono offerti da professionisti o da privati a titolo occasionale. Non a caso «una specificità dell’economia collaborativa è che i prestatori di servizi sono spesso privati che offrono beni o servizi su base occasionale e “tra pari” (peer to peer)».

Piattaforme di collaborazione. Tali strumenti sono soggetti ai requisiti di accesso al mercato in funzione della natura delle loro attività. Sul punto, la Commissione nota come le piattaforme forniscano un servizio della società dell’informazione posto che esse offrono «un servizio prestato normalmente dietro retribuzione a distanza, per via elettronica a richiesta individuale di un destinatario di servizi». Di conseguenza, nota Bruxelles, non possono essere sottoposte ad autorizzazione preventiva o a «qualsiasi requisito equivalente che riguardi specificamente ed esclusivamente tali servizi».

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In merito all’economia collaborativa vi sono, poi, ulteriori aspetti che devono essere presi in esame: i regimi di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale previsti dagli ordinamenti giuridici degli Stati membri; la situazione dei lavoratori autonomi e subordinati; il trattamento fiscale e, infine, l’attività di monitoraggio.

Per quanto attiene alla responsabilità occorre rilevare che le piattaforme on line, «in qualità di fornitori intermediari di servizi della società dell’informazione» sono considerate, al ricorrere di determinate condizioni, soggetti esonerati da qualsivoglia responsabilità per le informazioni memorizzate. Dunque, la deroga alla responsabilità si applica qualora la piattaforma di collaborazione non assuma un ruolo attivo che «le conferirebbe la conoscenza, il controllo o la consapevolezza delle informazioni illecite» e, nel caso in cui non agisca, immediatamente, per cancellare i predetti dati o per disabilitare l’accesso agli stessi. Su tale aspetto la Commissione osserva come gli Stati membri non possano in alcun modo imporre alle piattaforme, qualora quest’ultime non forniscano servizi di hosting, «un obbligo generale di sorveglianza, né di ricercare attivamente fatti e circostanze che indichino la presenza di attività illecite».

Al riguardo, l’Ue con la Comunicazione in merito alle piattaforme online e il mercato unico digitale del 25 maggio 2015, ha osservato come il mantenimento dell’attuale regime di responsabilità degli intermediari sia «fondamentale per l’ulteriore sviluppo dell’economia digitale nell’Ue. Ciò, include l’economia collaborativa, poiché le piattaforme online costituiscono un fattore chiave per la crescita».

In relazione ai lavoratori subordinati e autonomi, Bruxelles, pone in evidenza come l’economia collaborativa generi «nuove opportunità d’impiego» e «ulteriori ricavi oltre a quelli generati dai rapporti di lavoro lineari tradizionali», consentendo agli individui di lavorare con «modalità flessibili».  Ciò, può consentire ai lavoratori una maggiore attività economica rispetto alle forme tradizionali di occupazione. Si tratta di nuove modalità di erogazione delle prestazioni lavorative. Nell’economia collaborativa il lavoro si basa su singole attività piuttosto che «su prestazioni effettuate regolarmente in un ambiente e con una tempistica predefiniti».

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In buona sostanza, si assiste ad un cambiamento strutturale. Di conseguenza, l’Ue si preoccupa di indicare degli standard minimi in materia di politica sociale. Naturalmente, detti precetti, debbono coordinarsi con quanto statuito in materia da parte degli ordinamenti nazionali. Per fare chiarezza su tali questioni è opportuno delineare la definizione di lavoratore secondo la Corte di Giustizia di Lussemburgo. Al riguardo, i giudici del Kirchberg, hanno rilevato che «la caratteristica essenziale del rapporto di lavoro è la circostanza che una persona fornisca, per un certo periodo di tempo, a favore di un’altra e sotto la direzione di quest’ultima, prestazioni in contropartita delle quali riceva una retribuzione». Su tale aspetto, la giurisprudenza ha precisato che «tale definizione è utilizzata anche per stabilire chi debba essere considerato lavoratore nell’applicazione di determinate direttive dell’Ue in ambito sociale».

Dunque, sussiste il rapporto di lavoro se è provata l’esistenza della subordinazione, la natura del lavoro e la presenza di una retribuzione. Detti criteri sono applicabili anche alle piattaforme on line.

Per quanto afferisce alla fiscalità l’Ue, precisa che gli operatori economici,« nell’ambito dell’economia collaborativa, sono soggetti alla normativa fiscale al pari degli altri». Detta forma di economia, offe nuove opportunità alle autorità fiscali, posto che essa consente una tracciabilità derivante dall’intermediazione delle piattaforme on line. Contestualmente, i costi di natura fiscale, possono essere ridotti attraverso «misure mirate alla riduzione degli oneri amministrativi dei privati e delle imprese senza operare discriminazioni tra i modelli imprenditoriali». Infine, la Commissione ha invitato gli Stati membri a valutare «le proprie disposizioni fiscali al fine di creare condizioni di parità per le imprese che forniscono gli stessi servizi».

Da ultimo. l’organo esecutivo dell’Ue, punta ad istituire un quadro di monitoraggio in merito alla nuova metodologia economica.

In conclusione, l’economia collaborativa, se correttamente implementata, potrebbe, certamente, aiutare i consumatori, le imprese private e le istituzioni pubbliche, ad inserirsi nel mercato globale in modo sempre più, competitivo innovativo e dinamico.

 

Roberto Scavizzi

Foto © Wikicommons

 

 

 

 

 

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Roberto Scavizzi
Avvocato e docente universitario a contratto presso università private. L'attività accademica ha ad oggetto la materia dell'Informatica giuridica in ambito internazionale e la materia dei diritti d'autore. Come legale opera principalmente nel settore del diritto dell'impresa e svolge attività formativa professionale nel settore giuridico in ambito pubblico e privato. Inoltre è autore di pubblicazioni di diritto e articoli giornalistici per riviste d'arte e d'attualità.

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