Libia, si calmano le acque. Italia lavora a conferenza novembre

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La tregua regge ma le milizie restano in allarme. Nel Belpaese si procede con la linea del dialogo e del confronto con l’Ue sul tema dei migranti

Dopo aver seminato per le strade e le case di Tripoli morti e feriti per gli scontri tra gruppi rivali, le milizie libiche hanno smesso di spararsi mitragliate, colpi di mortaio e razzi rispettando per ora un precario “cessate il fuoco” e lasciando per il momento la scena alla diplomazia internazionale: prima la riunione di ieri della Missione di supporto delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil), poi il Consiglio di sicurezza dell’Onu e, più in prospettiva, la conferenza di novembre che l’Italia sta organizzando in Sicilia o a Roma, che ha già ottenuto il sostegno del presidente americano Donald Trump.

          Il generale Khalifa Haftar a Parigi

Nonostante i nove giorni di scontri iniziati due domeniche fa abbiano causato 63 vittime, 159 feriti e 12 dispersi secondo il più recente bilancio ufficiale – e quindi abbiano sancito un’instabilità del Paese incompatibile con un‘ordinata e sicura tornata elettorale – continuano a esserci pressioni per elezioni già a dicembre come vorrebbe la Francia. Anche Mosca, attraverso il capo del gruppo di contatto russo per la soluzione del conflitto libico Lev Dengov, in una dichiarazioni all’Agenzia Ansa ha ricordato che al momento le elezioni «sono previste» per il 10 dicembre, ma «spetta ai libici decidere».

Così come per i francesi anche i russi sembrano essere schierati con il generale Khalifa Haftar, l’uomo forte dell’est. Ambienti del suo esercito nazionale libico smentiscono che possa aver avuto un ruolo negli scontri che hanno visto l’assalto a Tripoli da parte di una milizia ribelle, la “Settima Brigata”. La formazione infatti sarebbe alleata con Salah Badi, uno dei leader rivoluzionari di Misurata divenuto celebre nel 2014 per essere stato tra i protagonisti del precedente attacco alla capitale e in particolare all’aeroporto nell’ambito della coalizione “Alba Libia”, collegata all’ex-premier Khalifa Ghwell.

                    Fayez Al Sarraj

Sul terreno comunque Abdel Salam Ashour, il ministro dell’Interno del governo riconosciuto dall’Onu, quello di Fayez Al Sarraj, ha sottolineato che tutte le milizie hanno accolto con favore la tregua mediata martedì dalle Nazioni Unite. Spari sporadici e dichiarazioni della Settima e di almeno una milizia sua avversaria, la Rada, fanno capire che la calma è precaria perché le formazioni sono pronte a rispondere con le armi alla minima provocazione. Anzi, ai vertici della Settima c’è già chi prevede un fallimento della tregua.

L’Italia – che sta valutando in che giorni tenere la conferenza sulla Libia e se organizzarla a Sciacca, a Palermo o a Roma – si è appellata in una dichiarazione congiunta con Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti affinché le milizie rispettino la tregua. Un appello analogo è venuto dall’Unione europea. Le fazioni libiche hanno dimostrato però di essere refrattarie alle pressioni esterne e il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, ha ricordato che «un processo di pace» in Libia «deve essere, innanzitutto, intralibico. Solo i libici possono decidere il loro futuro». Roma comunque, ha aggiunto, «resta al fianco di chi sceglie la pace, la democrazia e la stabilità».

          Moavero Milanesi con Salameh

Nel vertice di ieri sulla Libia e la posizione da tenere con l’Unione europea a Palazzo Chigi si è proceduto con la linea del dialogo e del confronto in Ue sul tema dei migranti e sulla posizione da tenere su Tripoli, per «stabilizzare la Libia». Anche perché si teme una nuova ondata sfollati. Al tavolo, oltre al premier Conte, c’erano i ministri Salvini (Interno), la già citata Trenta (Difesa) e Moavero Milanesi (Esteri). Quest’ultimo è rimasto in costante contatto sia con il presidente del Consiglio presidenziale libico, Fayez Al Sarraj, che con il rappresentante speciale delle Nazioni Unite per la Libia, Ghassan Salameh, proprio quando la situazione sembrava sull’orlo del baratro.

Ora, se veramente si continuerà a rispettare il “cessate il fuoco”, voluto proprio dall’Onu, la Conferenza sulla Libia che l’Italia intende ospitare in autunno sarà ancora più importante, perché il tema prioritario sarà “la sicurezza, pre-condizione per lo svolgimento delle elezioni, obiettivo cardine del piano delle Nazioni Unite”, come ha ribadito la Farnesina. Restano sullo sfondo, alimentate dai vicepremier Di Maio e Salvini, le polemiche con la Francia. Il Quai d’Orsay, peraltro, sottolinea che i suoi sforzi «non sono rivolti contro nessuno, e certamente non contro l’Italia, di cui sosteniamo l’iniziativa di organizzare una nuova conferenza su questo dossier importante per i due Paesi».

Stessa politica a Bruxelles. Come ha scritto su twitter il presidente dell’Eurocamera, Antonio Tajani, «Il Parlamento europeo deve far sentire la sua voce sulla crisi in Libia nella prossima plenaria (che inizia il 10 settembre a Strasburgo, ndr). Solo agendo uniti possiamo lavorare per la pace e la stabilità. Gli Stati membri devono smettere di promuovere le proprie agende nazionali, danneggiando tutti i cittadini europei». L’Alto rappresentante dell’Ue per la politica estera e di sicurezza, Federica Mogherini, nel colloquio di lunedì pomeriggio con Ghassan Salameh, ha ribadito in modo chiaro il pieno sostegno europeo, concordato con gli Stati membri, al lavoro del diplomatico libanese per portare a una soluzione della crisi in Libia. «Riteniamo» ha dichiarato la portavoce Ue Maja Kocijančić rispondendo a precise domande dei giornalisti nel quotidiano incontro con la stampa a Bruxelles «che solo un processo politico possa portare a una soluzione stabile della crisi in Libia».

 

Goran Marsich

Foto © Middle East Eye, Al Arabiya, Al Jazeera

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