Giovani di diverse università si sono “sfidati” per sviluppare le proprie idee d’impresa Ha vinto il progetto Fun Pay, app per erogare bonus culturali ai dipendenti delle Pmi
Quando in Italia si pensa all’innovazione e ai giovani che vogliono fare impresa, il pensiero non va mai – direttamente – allo sterminato patrimonio di beni culturali custodito. All’arte. Alla bellezza. A ciò che spesso retoricamente viene definito il «petrolio della nazione», in quanto materia da mettere a profitto. No, il pensiero si ferma su altre caselle. Strano, però.
C’è un vuoto, pronto per essere colmato, che urla; come “l’Anima dannata” scolpita da Gianlorenzo Bernini. Il grido è stato ascoltato da un’istituzione Usa a Roma. La John Cabot University (JCU), ateneo americano fra i principali della Ue, con sede nel centro della capitale italiana, ha organizzato, per iniziativa del suo Institute for Entrepreneurship, una manifestazione proprio per spingere i giovanissimi a creare nuove imprese in ambito di beni culturali, arte, design, moda.
Et voilà. Weekend of Startups, questo il titolo dell’evento promosso; il primo, strano a dirsi, mai tenuto in Italia. E il secondo in Europa: l’unico precedente, infatti, riguarda Londra nel 2014, città che non ha certo le ricchezze di Roma.
Bene. Per tre giorni decine di studenti universitari, provenienti da diversi atenei europei, e giovani imprenditori, supportati da mentori, docenti, coach, si sono “sfidati” in una gara di creatività, con l’obiettivo di innovare divertendosi, e l’imperativo, in questa «specialissima prima edizione italiana», di porre in rilievo l’aspetto sociale.
I contendenti hanno presentato in pubblico, sul palco dell’aula magna della JCU, la loro idea d’impresa. Tanti ventenni, solo in apparenza schivi e silenziosi, hanno sfoderato un piglio maturo e un grande entusiasmo, descrivendo, in lingua inglese, cosa intendevano creare in Italia e perché, con quanto denaro e in quale lasso di tempo. E allora pensi che «largo ai giovani», in fondo, non è solo una frase fatta e contiene una verità.
Intorno alle idee ritenute con maggiori probabilità di successo, si sono formati dei team di ragazzi, coadiuvati da esperti dei vari settori. Poi, la domenica sera, gran finale, con una giuria a decidere i vincitori e i premi, fra cui – particolare intrigante – anche delle bottiglie artistiche di pregiato olio italiano.
Ha vinto il progetto Fun Pay: un’applicazione utilizzabile dalle Pmi per erogare “bonus culturali” – sotto forma di crediti per acquistare viaggi istruttivi, abbonamenti a teatro, serate a cinema e concerti, corsi di lingue o formativi – ai propri dipendenti, così da ripagarli per gli obiettivi raggiunti o magari per le ferie non godute o per il lavoro extra; bonus non tassati, va precisato per ovvi motivi, né alle aziende né agli impiegati. Il team vincente è stato premiato con un assegno di mille euro e l’accesso a consulenze gratuite per sviluppare la startup.
Al secondo posto s’è classificato Regeneration, un progetto d’impresa fondato su ethical bags, la creazione di pochette con materiale riciclato, sempre diverso secondo le disponibilità, per un target giovane e “green”. Ogni borsetta racconta una storia.
Terza posizione per Our Common Thread: una social enterprise per la vendita di abiti usati e rinnovati da sarti bisognosi di lavorare, fra cui migranti. L’idea contempla l’avvio di un ciclo virtuoso, con i ricavi reinvestiti per ampliare l’impresa, offrendo sempre nuove occasioni di lavoro a persone in stato di necessità.
Tra i finalisti anche Artu, una app per districarsi nel ginepraio di eventi culturali della capitale; Sande, una linea di moda fusion Africa-Italia; l’applicazione Easy Travel a disposizione delle agenzie di viaggio per coordinare i tour di gruppo; e Lazy Dress, app ideata per gestire il proprio guardaroba e per vestire sempre nella maniera adeguata.
Fin qui la gara. C’è stato, e va detto, un evento nell’evento: Mauro Pallotta, l’artista di strada del rione Borgo di Roma – quartiere «animato» dai personaggi da lui disegnati sugli esterni degli edifici, fra cui papa Francesco – e noto a livello internazionale come MauPal, ha dipinto “live” due opere in una: un codice binario (per rimanere in tema-evento) dai colori accesi che, osservato attraverso un filtro rosso, si trasforma nel ritratto di John Cabot.
C’è, poi, una storia nella storia che merita di essere raccontata, per chiudere il cerchio. Quella di Simone Reed Ridolfi, il giovanissimo Ceo (non ha ancora trent’anni) di moovenda, azienda nata proprio grazie a uno startup weekend, che ha voluto essere presente all’evento JCU sia come sponsor sia in veste di “facilitator”, per sostenere altri ragazzi nel mettersi in gioco e creare impresa.
«Lo spirito di queste manifestazioni è quello di assumere conoscenze e competenze, per poi trasferirle, una volta concretizzata l’iniziativa, a nuovi giovani team, donando il proprio tempo, e non solo quello, a favore della collettività», ha sottolineato Silvia Pulino, direttore dell’Institute for Entrepreneurship della John Cabot University, e ideatrice dell’evento.
Abbassato il sipario nell’aula magna JCU, almeno per quest’anno, l’auspicio, adesso, è che altri atenei, con medesimo spirito solidale, promuovano nuove iniziative per innovare proprio lì, dove sgorga il «petrolio italiano». Evitando che ristagni infruttuoso.
Leonida Valeri
Foto © JCU