«L’instabilità politica in Italia non influirà sulla costruzione del TAP»

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Lisa Givert, responsabile comunicazione della società impegnata nella realizzazione del gasdotto: «Il No al referendum non si ripercuoterà sui lavori»

«Gli esiti del referendum costituzionale italiano non andranno ad annullare il Decreto di Autorizzazione Unica del gasdotto TAP e la sua Valutazione di Impatto Ambientale (entrambi concessi dal governo italiano, ndr)»: è quanto ha dichiarato all’agenzia di stampa azera Trend Lisa Givert, responsabile comunicazione della TAP Ag, la società che gestisce la realizzazione dell’infrastruttura che dal 2020 trasporterà il gas dal Mar Caspio fino in Puglia, da dove poi verrà distribuito in Europa da Snam Rete Gas. Il riferimento è nello specifico alla bocciatura della parte del quesito referendario che proponeva di riportare nelle mani dello Stato centrale i poteri delle regioni in tema di sviluppo energetico: la vittoria dei No lascia quindi ancora aperto il fronte che vede i comuni del Salento opporsi allo sbocco dell’opera nel comune di San Foca (Le), affiancati dalla Regione Puglia che chiede lo spostamento del terminal più a Nord, nel comune di Mesagne.

tap«Seguiamo con attenzione lo sviluppo degli eventi in Italia», ha dichiarato la Givert, ammettendo implicitamente la preoccupazione per una instabilità che alle prossime elezioni legislative (fissate al più tardi a febbraio 2018) potrebbe portare a Palazzo Chigi forze politiche apertamente contrarie alla realizzazione del gasdotto. «Ma il TAP è un progetto strategico per il futuro, che aiuta e assicura la sicurezza e la diversificazione delle forniture energetiche europee per i decenni a venire – aggiunge la Givert -. Inoltre, andrà ad ampliare il ruolo delle nazioni che attraversa trasformandole in hub energetici, favorendo l’integrazione dei mercati, il che vuol dire prezzi più concorrenziali per imprese e consumatori». Non è la prima volta che la crescente opposizione locale e parlamentare alla costruzione dell’opera fa sorgere dubbi sul ruolo dell’Italia nell’implementazione del progetto: nel settembre 2014 l’allora viceministro allo Sviluppo Economico Claudio De Vincenti, a Baku per la posa della prima pietra del Corridoio Meridionale, dovette pubblicamente rassicurare il governo azero che l’Italia avrebbe rispettato i propri impegni di progetto. Oggi, nelle dichiarazioni della Givert si leggono chiari timori a riguardo, che potrebbero diventare più che concreti qualora, da qui a poco più di un anno, al governo giungesse il Movimento 5 Stelle, da sempre contrario al gasdotto.

gas-flameDel progetto Trans Ardiatic Pipeline (più semplicemente TAP) fanno parte sei colossi mondiali dell’energia, come l’azera SOCAR, l’italiana Snam Rete Gas, la British Petroleum (tutte in possesso del 20% delle quote), la belga Fluxys (19%), la spagnola Enagas (16%) e la svizzera Axpo (5%). L’accordo per la realizzazione del Gasdotto Trans-Adriatico fu siglato a febbraio 2013 e si colloca nel più ampio progetto del Corridoio Meridionale del Gas, lanciato per volontà del governo dell’Azerbaijan con l’obiettivo di collegare il proprio giacimento Shah Deniz II nel Mar Caspio all’Ue: un’opera che originariamente nasceva come concorrente ad altri due gasdotti allora in progettazione, il russo South Stream e l’europeo Nabucco. Ma a metà 2013 gli eccessivi costi di realizzazione portavano i membri Ue ad annullare il progetto Nabucco in favore del Corridoio Meridionale del Gas, nonostante il fatto che il TAP (ovvero la parte del gasdotto che attraverserà territori comunitari) violasse le norme antitrust previste dal Terzo Pacchetto Energia dell’Ue, che proibiscono ad una compagnia energetica di essere contemporaneamente proprietario e gestore di una rete di trasmissione del gas. Per aggirare la norma Bruxelles ha subito concesso una deroga alla SOCAR, la compagnia energetica di Stato dell’Azerbaijan, trasformando il progetto del governo azero in una strategica fonte di approvvigionamento dell’Europa comunitaria.

Alessandro Ronga
Foto © Wikicommons

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Alessandro Ronga
Giornalista e blogger, si occupa di Russia e dei Paesi dell'ex Urss. Scrive per il quotidiano "L'Opinione" e per la rivista online di geopolitica "Affari Internazionali". Ha collaborato per il settimanale "Il Punto". Nel 2007 ha pubblicato un saggio storico sull’Unione Sovietica del dopo-Stalin.

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