Lo spazio di libertà di Denis Roche al Pavillon Populaire di Montpellier

0
742

Le Photolalies, 1964-2010. Retrospettiva dell’artista parigino scomparso da poco in esposizione al museo francese specializzato in mostre fotografiche gratuite

Il Pavillon Populaire di Montpellier, sotto la direzione artistica di Gilles Mora, è una fabbrica di eventi fotografici di grande livello. L’esposizione dedicata a Denis Roche è una scommessa concepita in gran parte con l’autore delle fotografie, almeno fino alla sua scomparsa, nel settembre di quest’anno.
L’omaggio di Montpellier a Denis Roche con questa retrospettiva pone l’accento su un artista considerato da sempre più uno scrittore e poeta appassionato di fotografia e di fotocamere, che un fotografo a tutto tondo. Affermazione la prima, assai lontana dalla realtà e questa esposizione ne è la prova più eclatante.

Domenico Cammarano Photography

Per Denis Roche, la fotografia è principalmente un attimo di libertà e di piacere – «Si scatta una foto di tutto ciò che si ama: luoghi, eventi, oggetti, persone. Nessuna attività umana porta con se un simile carico di felicità: cosi tanta felicità, sempre, ovunque e tutte le volte che vuoi». La fotografia di Denis Roche dunque, sposta l’equilibrio verso l’atto in sé di fotografare e gli dona legittimità e significato profondo.

Domenico Cammarano PhotographyL’atto in sé di fotografare è l’invito che l’autore rivolge al pubblico della esposizione. Non c’è progetto apparentemente, non c’è un itinerario specifico o un approccio tematico o perfettamente cronologico. Dalle immagini, dai titoli, dalle citazioni che accompagnano la visita lungo le sale del Pavillone Populaire, traspare completamente il suo esperimento fotografico e  il suo progetto, più o meno inconscio; esonda in modo prorompente la sua personalità di fotografo vero, e artista. Fulcro l’atto di scattare dunque, con tutto ciò che questo implica. «Ogni fotografia è una fotografia di te stesso. Fotografi ciò che stai guardando, quindi stai fotografando te stesso» – afferma in “la Disparition des lucioles“, riflessioni sull’atto fotografico.

Questa enfasi del’atto fotografico risalta nelle sale del Pavillon Populaire in tutta una serie di autoritratti, da solo o con la moglie Francoise, di nudi, paesaggi, still life, tutte fotografie scattate rigorosamente in bianco nero come pura liberazione interiore, prevalentemente nel corso dei suoi viaggi e del tempo libero.

 

Autoritratti e attimi di famiglia apparentemente banali, ma sapientemente costruiti con l’uso del timer e spesso con l’uso contrapposto di due apparecchi fotografici. La fotocamera è sovente soggetto principale della fotografia, oppure il mezzo che permette di incorniciare, anche a più riprese, come in un magico caleidoscopio, le persone e i soggetti, oggetti dei viaggi. Anche il corpo di Francoise appare in molte immagini di nudo trasfigurato, fino ad assurgere al classicismo immutabile di una scultura greca, con la semplice mediazione della luce di una finestra, quasi a sottolineare l’altro filo conduttore del suo fotografare, il tempo.

Non può non colpire l’osservatore che scorre le sale del Pavillon Populaire, il legame tra fotografia e tempo che pervade tutta l’opera del fotografo Denis Roche. Il tempo quasi lo ossessiona, ed è al centro della sua opera, affonda le sue radici nel profondo desiderio di fermarlo o almeno ritardarne lo scorrere.
La camera stessa diventa lo strumento di questa eco, diffondendosi e palesandosi attraverso le sale del Pavillon Populaire. Roche gioca con le “Mise-en-abîme”, con i tempi di esposizione, con i punti di vista, i riflessi e gli specchi, come casse di risonanza della sua storia e della sua vita, con il metronomo delle camere di un hotel, chambre 21. Ed ecco che appare chiaro il suo progetto fotografico, velato e nascosto inizialmente. Prende forma chiaramente nelle sale del Pavillone Populaire.

Scrivere la sua biografia e cercare la sua immortalità nelle sue fotografie, con la fotografia. Una biografia senza un ordine narrativo preciso, una storia solo apparentemnte ego-narcistica, che punta a trasmettere amore, emozioni, sensazioni in una eco infinita. Il suo spazio di libertà dalla letteratura, perchè si scrive per restare soli, si fotografa per il desiderio di immortalità.

 

Domenico Cammarano

Foto © Domenico Cammarano

Articolo precedenteOssigeno per l’Informazione: 521 giornalisti minacciati in Italia nel 2015
Articolo successivoEfficienti e innovative, Belpaese con le eco-imprese migliori d’Europa
Domenico Cammarano
Laureato in Scienze della Terra, ha iniziato a giocare con la fotografia alla età di dieci anni con la stupenda Closter Olympic del papà. Da sempre ispirato dalla fotografia dei grandi maestri francesi, ha iniziato a lavorare come fotogiornalista freelance, fino a approdare al professionismo con la nascita del nuovo secolo. E’ membro del WPJA, ma si occupa attivamente di fotografia documentaristica e Street, pubblicando regolarmente su riviste specializzate, sul blog personale e, recentemente, su PhotoVogue.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui