L’Ue cerca unità attorno a una politica d’immigrazione condivisa

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Difendere le proprie frontiere condividendo l’onere dell’accoglienza. Senza un accordo sostenibile l’Unione europea rischia la disintegrazione post Brexit

L’Europa, da qualche anno, sia perché è un modello di benessere, e culla dei diritti dell’uomo, ma anche perché geograficamente attigua a zone di crisi e conflitto, è divenuta la destinazione anelatala da chi scappa da guerre o semplicemente cerca di costruire per sé e la sua famiglia un futuro migliore.

Ma l’immigrazione ha molti volti… Pur nel concordare di favorire per necessità l’immigrazione legale – per ovvi motivi economici e demografici – molti Stati membri sono su posizioni diametralmente opposte su come gestire i flussi della cosiddetta immigrazione economica.

euLa situazione è talmente complessa da aver già contribuito alla Brexit e da portare potenzialmente al tracollo non solo di uno dei pilastri del progetto comunitario, il Trattato di Schengen di libera circolazione, ma dell’intera Unione europea.

Se l’Europa non riuscirà a trovare rapidamente un accordo su come difendere le proprie frontiere anche di fronte alla minaccia terroristica che continua a mietere vittime in giro per l’Europa – condividendo l’onere dell’accoglienza ma respingendo fermamente, ove necessario, chi non ha diritto di rimanere nel territorio del’Ue, queste misure d’urgenza potrebbero causare un effetto domino fino a far vacillare la stessa idea dei padri fondatori.

Gli Stati membri dovranno riuscire a coordinare meglio le proprie intelligence e avanzare su dossier sensibili come la procura europea se non vorranno che gli attacchi dell’Isis diano il colpo di grazia alle sua fondamenta. Sia l’Ue che i loro Stati membri dovranno fare la loro parte. E’ finito il tempo dei piccoli passi e dell’ordine sparso che ha caratterizzato l’Europa fino a minarla al suo interno.

minerali insanguinatiPoco fanno sperare le divisioni che permangono sulle proposte presentate dalla Commissione europea per una maggiore cooperazione con alcuni Paesi dell’Africa, dopo il controverso accordo con la Turchia per tamponare il flusso alle frontiere e aumentare nel contempo i rientri, e sulla ripartizione dei migranti fra i vari Paesi europei. Eppure il migration compact in salsa italiana aveva trovato, almeno a parole, un iniziale sostegno orizzontale fra tutti gli allora 28 Stati membri dell’Ue. Ma si sa, verba volant

Chissà se anche questa volta, come è spesso accaduto a più riprese nella sua storia, proprio nell’ennesimo momento di stallo, appesantito dalle conseguenze del divorzio britannico, l’Unione europea riuscirà a ritrovare il modo per sopravvivere a se stessa e a reinventarsi attorno a un progetto comune condiviso.

La prima opportunità sarà l’ennesimo Consiglio europeo del 28 e 29 giugno prossimi dedicato, guarda caso, alla questione migratoria, leggasi rafforzamento delle frontiere esterne dell’Unione. Sta di fatto che accordo o non accordo, l’esodo verso l’Europa non si attenuerà nei prossimi anni. Senza strette cooperazioni e grandi sacrifici a suon di compromessi il sogno europeo è destinato a naufragare.

 

Andrea Maresi
Foto © European Union , 2016

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