Migranti, l’emergenza divide l’Unione europea. Necessarie politiche innovative

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L’ondata di profughi che attraversa i Balcani vista come un’opportunità o un problema. Grande partecipazione al focus internazionale della John Cabot University

«Gli Stati europei si sentono soli, la struttura dell’Unione europea sembra vacillare. Non a caso l’emergenza profughi è l’argomento più importante in agenda. È necessario ideare soluzioni strategiche e nuove politiche di integrazione». Lo ha dichiarato il presidente della John Cabot University (JCU), Franco Pavoncello, aprendo il dibattito “The European Union and the refugees emergency”, promosso dall’istituto per gli Affari pubblici Guarini.

Presso l’aula magna Regina della JCU erano presenti l’ambasciatore della Croazia Damir Grubiša, il presidente della “Società ungherese per l’Europa” István Hegedűs, i professori Pál Belényesi, docente di Economia internazionale, Andrea Pirro, docente di Affari internazionali, Lars Rensmann, docente di Scienze politiche; oltre al direttore dell’istituto Guarini, Federigo Argentieri.

a sinistra Hegedus e a destra Grubisa
A sinistra Hegedus e a destra Grubisa

«L’emergenza profughi, prevista dagli analisti, è arrivata inaspettata per la Ue. Il problema, però, non riguarda solo l’Europa: è globale. Vi è quindi la necessità di uno sforzo multilaterale per affrontare e risolvere le questioni direttamente alla radice: stabilizzazione della Libia, risoluzione della crisi siriana, sostegno all’Africa sub-sahariana. Non bisogna sacrificare l’aiuto internazionale portando l’argomento-alibi della sicurezza. Gli Stati dell’Est, che ora rifiutano l’accoglienza ai profughi, sono gli stessi i cui abitanti in passato fuggivano verso l’Ovest. La costruzione di barriere in filo spinato è un processo contrario alla distruzione del muro di Berlino», ha spiegato Damir Grubiša, ambasciatore della Croazia.

JCU foto tavolo«L’accordo di Dublino non va bene. Le politiche sui profughi non funzionano, perché sono 28 politiche diverse all’interno dell’Europa. Nel breve e nel lungo termine servono decisioni comuni. Nel breve urgono politiche di quote, e nel lungo politiche di integrazione. Il leader ungherese Orbán sta cercando di influenzare la Ue con le sue iniziative populiste da strongman. La tv ungherese ha ordine di non mostrare immagini di bambini migranti, per evitare che le persone solidarizzino. Abbiamo bisogno di democrazia liberale», ha detto István Hegedűs, presidente della “Società ungherese per l’Europa”.

«Il flusso migratorio che attraversa i Balcani, può essere visto come un problema, ma anche come un’opportunità. Per la Germania è una opportunità. Per altri no», ha aggiunto Lars Rensmann, docente di Scienze politiche.

a sinistra Belenyesi e a destra Andrea Pirro
A sinistra Belenyesi e a destra Pirro

«In Europa orientale la preoccupazione per l’arrivo dei profughi è montata per motivi di politica domestica. I populisti strumentalizzano le crisi umanitarie a fini elettorali», ha commentato Andrea Pirro, docente di Affari internazionali.

«La migrazione globale non è un fenomeno nuovo. In Europa, però, non c’è mai stata una politica di integrazione comune, che ora va raggiunta a livello intergovernativo», ha concluso Pál Belényesi, docente di Economia internazionale.

 

Ludovico Stella

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