Aiuto dello Stato italiano non termina gli interventi necessari per salvare la banca. Le sofferenze da cedere raggiungono la cifra record di 27,7 miliardi di euro
I piani del Monte dei Paschi di Siena ripartono da zero. L’operazione di salvataggio sul mercato impostata a luglio dall’ex amministratore delegato Fabrizio Viola e rifinita a ottobre dal suo successore Marco Morelli è praticamente fallita. Ora i programmi dovranno essere rivisti alla luce dell’intervento dello Stato italiano.
I vertici di Rocca Salimbeni dovranno quindi rielaborare il piano industriale e ripensare la cessione dei 27,7 miliardi di sofferenze, quella che ha determinato la richiesta della Banca centrale europea di ricapitalizzare l’istituto di credito per 5 miliardi. Richiesta che – secondo quanto scrive ieri il Sole 24 Ore – sarebbe ora salita a 8,8 miliardi.
Francoforte ha, infatti, prescritto a Mps di ripulire il proprio bilancio liberandolo dai crediti deteriorati che – secondo gli schemi senesi approvati a luglio e ottobre – sarebbero ceduti al 33% del loro valore. Tutto ciò comporta il bisogno di un rafforzamento patrimoniale. Anche il nuovo piano industriale dovrà partire da questi presupposti, ma ora dovrà pure tener conto dell’ingresso dello Stato e del sostanziale mutamento della governance della banca. Si stima che questi passaggi necessiteranno di due-tre mesi di tempo, ma fare pronostici è difficile, anche perché il percorso sarà parallelo alle trattative fra governo italiano, Bce e Unione europea.
Il decreto legge del governo autorizza lo Stato «a sottoscrivere o acquistare» azioni «entro il 31 dicembre 2017». Perché si concretizzi l’intervento pubblico serve che l’autorità competente (nel caso di Mps la Bce) comunichi «entro 60 giorni» dalla richiesta del singolo istituto «il fabbisogno di capitale», poi il via libera Ue al Piano di ristrutturazione. Lo Stato può acquistare nuove azioni o riacquistare quelle della conversione dei bond subordinati.
Resta poi il nodo crediti deteriorati. I piani senesi prevedevano una loro suddivisione in tranche, fra cui la senior, che sarebbe stata assistita dalla garanzia dello Stato (Gacs) e che avrebbe giovato di un prestito ponte da parte delle banche di affari, e la mezzanine, che sarebbe stata sottoscritta dal Fondo Atlante. Il fallimento del salvataggio sul mercato azzera, però, tutti i contratti e gli impegni presi. Nei giorni scorsi, Quaestio, che gestisce il Fondo Atlante, ha fatto sapere di essere disponibile anche con un intervento dello Stato italiano nel capitale. Ma ora Mps potrebbe sia rinegoziare ogni aspetto dell’operazione, sia studiarne una totalmente nuova.
Angie Hughes
Foto © Wikicommons, Banca centrale europea