Nils Gilman: «Serve un capitalismo progressista»

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In una conferenza alla JCU di Roma, lo studioso americano ha spiegato come superare il neoliberismo con un approccio mutualistico alla generazione della ricchezza

«Il sistema neo-liberalista predilige l’accumulo di capitale, invece dell’aumento dei salari, che sono rimasti stagnanti nell’ultimo decennio. La crescita economica è lenta e irregolare. È quindi necessario trasformare il modo in cui le risorse vengono distribuite, così che tutti ne possano beneficiare. Quello che serve è un nuovo capitalismo, che consenta alle persone comuni di accedere alla creazione di ricchezza direttamente alla fonte. Un capitalismo che potremmo definire progressista».

Con tono pacato ma deciso, senza mai interrompere il filo, lo studioso statunitense Nils Gilman ha delineato come dovrebbe essere rigenerato il sistema capitalistico per rispondere alle esigenze di tutti, a iniziare dal basso, dalle persone comuni. L’occasione – attesissima – è stata il dibattito Reinventing how to govern capitalism, tenutosi nell’Aula magna della John Cabot University (JCU) di Roma, fra i più grandi atenei Usa in Europa, a cura del Dipartimento di Scienze politiche e Affari internazionali, del Dipartimento di Scienze economiche e sociali e dell’Istituto Guarini per gli Affari Pubblici. A moderare, la professoressa JCU Pamela Harris (nell’immagine a destra).

Attualmente Nils Gilman è vicepresidente dei programmi del Berggruen Institute (un think thank indipendente con sede a Los Angeles) e vicedirettore del The World Post. È anche l’autore, non dimentichiamolo, di “Deviant Globalization: Black Market Economy in the 21st Century” (2011), e di “Mandarins of the Future: Modernization Theory in Cold War America” (2004). Bene. A parere di Nils Gilman la situazione attuale è il risultato di scelte eseguite negli anni ‘70, che al momento andavano bene, «ma ora non più». La prossima ondata di ricchezza economica, che potrebbe derivare dalle innovazioni tecnologiche, dovrà essere gestita diversamente e in maniera più equa. Adesso, infatti, la classe media non riesce a progredire, mentre i ricchi diventano più ricchi e i poveri più poveri.

          Nils Gilman

In Usa, ma lo stesso accade in tante altre nazioni occidentali, esiste una situazione di «stagnazione e disparità». Detto questo, quali potrebbero essere le possibili vie d’uscita? La risposta non s’è fatta attendere, accendendo il dibattito in sala. Per lo studioso bisognerebbe rinnovare il capitalismo in senso «mutualistico», anche reinventando il concetto di proprietà. Nils Gilman ha portato l’esempio dell’Alaska, dove attualmente parte dei proventi del petrolio vengono distribuiti direttamente ai cittadini. In questo senso ha parlato dell’istituzione di una sorta di «fondo sovrano di ricchezza», negli Usa come in altre realtà nazionali. Nel corso della conclusione del dibattito, lo studioso statunitense s’è dimostrato critico nei confronti delle proposte di ununiversal basic income”, cioè di un compenso in denaro da elargire ai cittadini una o due volte nella vita, perché redistribuirebbe ricchezza senza, però, promuovere una maggiore uguaglianza.

 

Pierfrancesco Mailli

Foto © Leonida Valeri

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