Indagini su operazioni immobiliari all’estero e sui conti su cui transita l’Obolo di San Pietro
È l’ex procuratore capo della Repubblica di Roma, Giuseppe Pignatone, che Papa Francesco ha nominato presidente del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano. La nomina nel più piccolo Stato e con diverso ordinamento, segue a cinque mesi da quando il magistrato è stato collocato in pensione dopo 45 anni di servizio nella magistratura italiana. Originario di Caltanissetta, classe 1949, era entrato in magistratura a 25 anni, nel 1974 come “uditore giudiziario” nella Pretura della sua città, poi ha lavorato a Palermo per venti anni occupandosi di processi importanti come l’omicidio del presidente della Regione Piersanti Mattarella, del segretario regionale del Pci, Pio La Torre, del segretario provinciale della Democrazia Cristiana Michele Reina. Nel 2008 il Consiglio Superiore della Magistratura lo nomina alla guida della Procura della Repubblica di Reggio Calabria. Numerosi i processi importanti istruiti con centinaia di arresti tra Lombardia e Calabria. Nel 2014 Pignatone diventa capo della Procura della Repubblica di Roma con indagini a tutto campo su Mafia Capitale e sui clan del litorale romano. È del 2015 il clamore suscitato per la decisione del magistrato di chiedere l’archiviazione, accolta dalla Cassazione, per l’indagine sul caso di Emanuela Orlandi e più recentemente sulla ripresa in carico del caso Cucchi. Ora le porte di Bronzo del Vaticano si sono aperte per questo esperto magistrato, a tre giorni dallo “scandalo finanziario in Vaticano”.
Un comunicato della Sala stampa Vaticana ha informato i giornalisti, tre giorni fa, che è avvenuta una “perquisizione negli uffici della Prima Sezione della Segreteria di Stato ad opera di un nucleo della Gendarmeria Vaticana”, durata circa tre ore, e ha avuto come obiettivo l’acquisizione del disco rigido di un paio di computer da tavolo situati in due uffici che si occupano degli affari interni, dei dipendenti, della corrispondenza, del protocollo e dei conti. I magistrati vaticani, accompagnati da esperti informatici hanno effettuato tutte le operazioni in maniera veloce. Nemmeno il segretario di Stato Parolin, ne era a conoscenza. Voci di corridoio parlano di operazioni immobiliari sospette all’estero, in Svizzera e a Parigi riguardanti beni che sono sotto la guida della Segreteria di Stato. Gli investigatori starebbero analizzando flussi sui conti che riguardano l’Obolo di San Pietro, e le offerte che servono per le opere di carità e per il ostentamento dell’apparato amministrativo. Secondo ultime notizie, l’inchiesta sarebbe partita da una segnalazione del segretario generale dello IOR, un funzionario molto legato a Papa Francesco. È stato questo dirigente a informare il pontefice di movimenti finanziari sospetti, con operazioni effettuate da funzionari della Segreteria di Stato. In proposito l’Osservatore Romano, organo di più stretta emanazione dei pontefici ha scritto: «la vicenda sta a testimoniare che le nuove leggi del Vaticano sono applicate, e che gli organismi di controllo e di revisione sono in grado di segnalare alla magistratura eventuali anomalie». Si parla di ingenti quantità di denaro distratto per altri scopi.
I gendarmi hanno ricevuto l’ordine di sbarrare il passo agli ingressi a cinque persone che lavoravano all’interno della Segreteria, un sacerdote e quattro “minutanti” tra cui una donna. Agli indagati sono stati sequestrati i passaporti e bloccati i conti correnti. Sarebbero accusati di «operazioni finanziarie compiute negli ultimi dodici mesi». Tutti sono ora in attesa di qualcosa di più grave che sta per arrivare e forse l’arrivo di Pignatone potrebbe essere la “chiave di volta”.
Giancarlo Cocco
Foto © Vaaju, Vatican News, Prensa Latina