L’Italia è al primo posto nel Vecchio Continente per numero di soggetti che pagano l’Irpef. Oltre a vantare il record per i redditi più bassi con quasi 13 milioni di persone
Sono sei i Paesi d’Europa presi in esame da Il Sole 24 Ore per mettere a confronto scaglioni e fasce di reddito di contribuenti residenti in Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Regno Unito e Spagna. L’inchiesta è stata condotta con la collaborazione della Scuola europea di alti studi tributari di Bologna e dai dati elaborati emerge che vi sono in Europa oltre un milione di cittadini ricchi (0,3%), su una platea di 336 milioni di abitanti. I super ricchi, con un reddito superiore ai 200 mila euro, vivono soprattutto in Germania e Regno Unito. Si tratta di imprenditori, spesso anonimi, ma anche di nomi celebri dello spettacolo, dello sport, manager, cariche istituzionali. I poveri sono invece oltre 50 milioni, cioè il 15% degli abitanti, con un reddito fino a 10 mila euro. L’Italia vanta il record con i redditi più bassi oscillanti tra lo zero e 10 mila euro e con quasi 13 milioni di persone in questa fascia, in Spagna sono invece quasi cinque milioni, in Germania 10 milioni e 700mila famiglie che si trovano in questa situazione, in Francia sono 8milioni e 700mila, nei Paesi Bassi appena 281.000 famiglie contribuenti.
L’Italia ha un altro primato, come si evince dall’inchiesta: ha il maggior numero di persone soggette ad imposizione tributaria sulle persone fisiche con oltre 41 milioni di cittadini ( il 70% della popolazione) afflitti dal fisco, mentre nel Regno Unito solo la metà dei cittadini pagano l’imposta sul reddito in quanto esiste una detassazione dei redditi bassi fino a 10 mila sterline. In Francia sono 8,4 milioni i contribuenti che beneficiano di aliquota zero poiché hanno redditi al disotto dei 9.700 euro. I Paesi Bassi hanno la più alta percentuale di redditi oltre i 100 mila euro con l’aliquota più elevata che raggiunge il 52%. L’Italia e la Germania hanno l’imposta marginale più elevata per i redditi bassi (rispettivamente il 23 e 25 per cento). La Germania – prosegue l’inchiesta de Il Sole 24 Ore – pur avendo un numero di contribuenti di oltre 38 milioni di famiglie – analogo a quello italiano – il numero dei super ricchi oltre i 200 mila euro è cinque volte (0.9%) rispetto a quello italiano che è a 0,2%.
Esaminando nel dettaglio gli scaglioni di reddito del ceto medio europeo si notano diseguaglianze significative. In Italia i redditi da 15.000 a 28.000 euro sono tassati al 27% e quelli da 28.000 a 55.000 euro al 38%, mentre nel Regno Unito da 10.000 a 42.385 Gbp (sterlina) godono di una aliquota del 20%. In Spagna da 21.000 a 30.000 euro l’aliquota è al 12%, da 30.000 a 35.200 il 15%, da 35.200 a 60.000 euro il 18,5%. In Germania da 28.000 a 42.000 euro l’aliquota è al 35%, da 42.000 a 52.000 l’aliquota è al 40%. In Francia da 9.700 a 26.791 l’aliquota è al 14% mentre da 26.791 fino a 71.826 l’aliquota è del 30%. Riguardo le imposte che gravano su conti correnti e depositi, in Italia la ritenuta è del 26% mentre in Gran Bretagna esiste l’esenzione fino ad un reddito annuo di 17 mila sterline. In Spagna l’aliquota progressiva del 19% è applicata sui primi 6.000 euro, del 21%o da 6.000 fino a 50.000 euro e del 23% oltre i 50.000. In Germania l’aliquota è del 25%, in Francia ritenuta d’acconto del 24% più un prelievo sociale del 15,5%.
Nell’intervista fatta ad Adriano Di Pietro, direttore della Scuola europea degli studi tributari, emerge che sarebbe auspicabile per il nostro Paese una «pressione fiscale più leggera per la classe media, inoltre – prosegue Di Pietro – è necessario un forte alleggerimento sui redditi fino a 10 mila euro come insegnano le esperienze inglesi e francesi. In Spagna poi è stata introdotta una più ragionevole progressività per redistribuire le aliquote sui redditi medio-alti ma senza mai superare il 42 e 43 per cento. Più che una riduzione del numero degli scaglioni – annunciata da Renzi – servirebbe una razionalizzazione nei passaggi sui redditi medi e una riduzione dei redditi più bassi che è tra le più alte d’Europa».
Giancarlo Cocco
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