Ecco perché il TAP non è più solamente un gasdotto

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Gli eventi globali degli ultimi due anni hanno conferito all’opera un peso politico del tutto imprevisto, del quale i movimenti No-TAP dovranno tener conto

Mentre gli echi del referendum sulle trivellazioni cominciano lentamente a spegnersi, si prospetta all’orizzonte un nuovo fronte di scontro ambientalista sul Trans Adriatic Pipeline, più semplicemente TAP, il segmento finale del colossale gasdotto che dal 2020, attraverso Turchia, Grecia, Albania e Mar Adriatico, trasporterà il metano del Mar Caspio fino in Puglia. Proprio qui, nella cittadina salentina di Melendugno, dove il TAP avrà termine e da dove la SNAM (azionista del progetto al 20%) provvederà alla distribuzione del gas in Italia e in Europa, i movimenti “No TAP” stanno affilando le armi per dare battaglia. Non è da oggi che i comitati locali si oppongono al gasdotto, contestando i dati sulla base dei quali il ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti nel 2014 ha decretato la compatibilità dell’opera con il territorio circostante: già nel 2013 il Comune di Melendugno aveva presentato uno studio redatto da ingegneri, geologi, ricercatori e biologi a dimostrare l’incompatibilità del progetto con le caratteristiche dell’ambiente circostante.

Coastal_panoramaIl 16 maggio prossimo verranno aperti i cantieri, e man mano che la data si avvicina le tensioni sono destinate a crescere ulteriormente. Personalmente, da amante delle incantevoli bellezze del Salento, auspico che i No TAP riescano a far valere le proprie ragioni, ma da osservatore politico non tuttavia posso esimermi da far notare che la sfida al TAP rischia di essere persa ancor prima di cominciare. Perché i comitati avversano la realizzazione del gasdotto considerandolo ancora soltanto un’infrastruttura, quando le mutate condizioni geopolitiche degli ultimi due anni rendono il TAP non più soltanto tale.

L’accordo per la sua realizzazione fu siglato a febbraio 2013 e si collocava appunto come parte finale nel più ampio progetto del Corridoio Meridionale del Gas, nato per volontà del governo dell’Azerbaigian (politicamente molto vicino alla Turchia) con l’obiettivo di collegare i propri giacimenti del Mar Caspio all’Ue: originariamente dunque, non si trattava d’altro che di un’opera che, a partire dagli anni 2020, avrebbe rifornito il Vecchio Continente in maniera concorrenziale con altri due gasdotti in progettazione: il russo South Stream e l’europeo Nabucco. Ma a metà 2013 gli eccessivi costi di realizzazione portarono i membri Ue a optare per l’annullamento del Progetto Nabucco in favore del Corridoio Meridionale del Gas, de facto elevando quest’ultimo a fonte di approvvigionamento primaria dell’Europa comunitaria nonostante una palese violazione delle norme antitrust.

gas-flameL’Ue proibisce, infatti, ad una compagnia energetica di essere contemporaneamente proprietario e gestore di una rete di trasmissione gas: il Terzo Pacchetto Energia che aveva fino ad allora impedito alla russa Gazprom di posare sul territorio comunitario le condotte del suo South Stream, inevitabilmente avrebbe dovuto applicarsi anche alla Socar, la compagnia energetica di Stato dell’Azerbaigian titolare del 20% delle quote del TAP, e dalla quale attraverso lo stesso TAP l’Ue avrebbe acquistato gas. Ma poco prima di annunciare la chiusura del progetto Nabucco, Bruxelles aveva concesso alla Socar una deroga a questo principio della separazione proprietaria, permettendole di aggirare un ostacolo rivelatosi invece invalicabile per la Gazprom, che essenzialmente per questo motivo a fine 2014 annunciava la sospensione dei lavori del gasdotto South Stream.

Trans_Adriatic_PipelineBasterebbe soltanto questo a dimostrare come il TAP non sia più soltanto un gasdotto. Ma c’è anche dell’altro. A cominciare da altri due attori che sono interessati a portare in Europa il proprio oro blu attraverso il TAP: il Turkmenistan e l’Iran. Il primo, anch’esso molto vicino ad Ankara, registra oggi una produzione annua tra i 70 e gli 80 miliardi di metri cubi, ma punta a portare la produzione a 230 miliardi di metri cubi entro il 2030 e sta già lavorando perchè le proprie forniture di gas possano giungere nel Vecchio Continente avvalendosi del Corridoio Meridionale: è infatti già in progettazione il TCP (Trans-Caspian Pipeline), un nuovo gasdotto che correrà per 300 chilometri sotto le acque del Mar Caspio fino alle coste azere, dove dal 2019 immetterà nel Corridoio Meridionale circa 30 miliardi di metri cubi di gas all’anno estratti dagli enormi giacimenti situati nelle province orientali turkmene. Il secondo, forte della fine dell’embargo petrolifero, ad agosto scorso ha già avviato i primi colloqui con l’Azerbaigian sul ruolo che il gasdotto potrà avere riguardo all’export di gas iraniano diretto a Occidente: dalla scorsa estate la cooperazione con Baku ha subìto un rafforzamento in campo energetico, e molteplici sono state le occasioni in cui Teheran ha indicato il TAP quale canale privilegiato per l’esportazione di gas in Europa.

pipelineMa a interessarsi del TAP ci sono anche i russi. A fine febbraio Gazprom ha firmato un memorandum d’intesa la Edison e la greca DEPA per la realizzazione di una nuova rotta del gas attraverso il Mar Nero (dove sarebbe già dovuto transitare South Stream) in direzione Europa: il gas giungerà in Grecia da dove verrà quindi trasportato in Italia, con lo scopo di dar vita finalmente alla Rotta-Sud per le forniture all’Europa meridionale. Il tutto attraverso il cosiddetto “ITGI Poseidon” (di qui il nome del nuovo progetto russo), ovvero l’Interconnessione Turchia-Grecia-Italia che andrà a collocarsi come uno dei segmenti del Corridoio Meridionale. Ipotesi avvalorata anche da Fabio Tambone, responsabile Affari Internazionali dell’Authority per l’Energia, che in una recente intervista all’Agenzia di stampa bulgara Novinite ha definito il TAP «parte di un più ampio sistema d’interconnessione tra i gasdotti».

E non finisce qui, perché a fine aprile Saltuk Duzyol, numero uno del consorzio TANAP, il gasdotto turco-azero che assieme al TAP formerà il Corridoio Meridionale del Gas, ha confermato il forte interesse del governo dell’Iraq ad avvalersi dell’infrastruttura per trasportare il metano in Europa.

tapIn Puglia si realizzerà un’opera che non può essere posta alla stregua di una piattaforma petrolifera o di in una linea ferroviaria ad Alta Velocità. Attraverso le sue tubature, dalle coste dell’Azerbaigian fino a quelle italiane scorreranno infatti gli equilibri internazionali che riguardano i rapporti tra l’Europa, la Russia, l’Iran e indirettamente la Turchia. Se le comunità locali voglio sperare di battere questo colosso, dovranno evitare a tutti i costi che le loro legittime rimostranze vengano trasformate nell’ennesima bega all’interno dei Palazzi romani. Anche perché buttarla in politica non servirebbe: il TAP è ormai geo-politica.

Alessandro Ronga

Foto Wikicommons / Isokoski

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Alessandro Ronga
Giornalista e blogger, si occupa di Russia e dei Paesi dell'ex Urss. Scrive per il quotidiano "L'Opinione" e per la rivista online di geopolitica "Affari Internazionali". Ha collaborato per il settimanale "Il Punto". Nel 2007 ha pubblicato un saggio storico sull’Unione Sovietica del dopo-Stalin.

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