Quando si può presentare ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo?

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Il Consiglio d’Europa gioca un ruolo chiave. La giurisprudenza chiarisce modi e criteri per poter proporre ricorso innanzi all’organo giurisdizionale che ha sede a Strasburgo

Il presente scritto intende esporre in sintesi alcune importanti informazioni in merito alle modalità e ai soggetti che possono avere titolo ad adire la Corte europea dei diritti dell’uomo.

Per comprendere il funzionamento e i compiti di tale importante tribunale è opportuno procedere ad una breve descrizione del Consiglio d’Europa, dei suoi organi e delle rispettive funzioni.

Ebbene, come rilevato in dottrina, «il Consiglio d’’Europa nasce nel 1949, all’indomani della Seconda guerra mondiale, come organizzazione internazionale con sede a Strasburgo per tutelare i principi dello Stato di diritto, la libertà politica e i diritti umani. Negli anni successivi alla sua creazione «Ai dieci Stati fondatori (Regno Unito, Francia, Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi, Danimarca, Irlanda, Italia, Norvegia e Svezia)» se ne aggiunsero molti altri «compresi, dopo la caduta del muro di Berlino, quelli dell’ex blocco comunista e quasi  tutte le repubbliche ex sovietiche, fino a giungere agli attuali 47».

Continua, poi, l’autore, precisando come il Consiglio d’Europa sia un «sistema  di cooperazione internazionale di cui fanno parte, in particolare due organi politici: il Comitato dei ministri, composto dai ministri degli esteri degli Stati membri e l’Assemblea parlamentare, composta dai rappresentanti di ciascuno Stato membro provenienti dai rispettivi parlamenti nazionali, nonché il segretario generale che li assiste entrambi, a cui si aggiungono altri organismi, come il Commissario per i diritti umani e il comitato per la prevenzione della tortura, che perseguono anch’essi gli obiettivi di fondo del Consiglio, attraverso un’opera di vigilanza sugli Stati membri» [1].

Nell’ambito di detto sistema, vi è la «Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (c.d. Cedu) firmata a Roma il 4 novembre 1950 e i 15 Protocolli che nel tempo vi sono stati aggiunti per disciplinare aspetti particolari […]».

Sul punto occorre sottolineare che «Un’importante caratteristica del Consiglio d’Europa, che lo differenzia dall’Unione europea, è data dal fatto che esso non produce norme alle quali debbono adeguarsi gli Stati Membri, maproponeconvenzioni internazionali, che ogni Stato, in base alle sue valutazioni discrezionali, può ratificare […]». Orbene, proprio tra le tante convenzioni proposte dal predetto organismo, v’è la Cedu, che, di fatto, è certamente, la convezione «più importante». Invero, essa è stata ratificata da tutti  i Paesi membri del Consiglio d’Europa.

Al riguardo, si è rilevato come la Cedu sia particolarmente importante posto che essa rappresenta «l’unico caso in cui la previsione di un catalogo di diritti – non pochi dei quali riguardano specificamente il processo penale, e, in particolare, la posizione dell’imputato – si accompagna all’istituzione di un apposito giudice – la Corte europea dei diritti dell’uomo, che siede a Strasburgo – alla quale possono ricorrere contro uno Stato parte  inadempiente i singoli (privati cittadini, enti, formazioni sociali) che lamentino la lesione nei loro confronti da parte di quello Stato di uno dei diritti convenzionali» [2].

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Venendo agli aspetti procedurali, in applicazione degli artt. 13 e 35  Cedu «ogni persona i cui diritti e le cui libertà riconosciuti nella Convenzione siano stati violati, ha diritto a un ricorso effettivo davanti a un’istanza nazionale». Pertanto l’azione innanzi alla Corte di Strasburgo può essere esperita solo previo «esaurimento di tutte le vie di ricorso interne» (ndr la norma si riferisce a tutti i possibili rimedi esperibili innanzi le corti nazionali).

Di conseguenza, secondo la giurisprudenza l’accesso alla Corte di Strasburgo (AKdivar c. Turchia) presenta i caratteri della sussidiarietà posto che detto tribunale potrà essere adito solo se siano risultate infruttuose le forme di tutela apprestate dal diritto interno, sia di tipo “verticale” (esaurimento di tutti i gradi di giudizio) sia di tipo orizzontale” (dovranno essere state dedotte innanzi a giudice di Strasburgo le medesime pretese addotte innanzi a tutte le corti nazionali con l’utilizzo degli stessi mezzi di prova decisivi).

Dunque, secondo l’art. 46 della Cedu, sul piano esegetico le sentenze emesse dalla Corte di Strasburgo risultano vincolanti in relazione al caso deciso.  Tuttavia, in generale, nel contesto europeo la giurisprudenza della Cedu è da sempre considerata come un fonte da tenere in grande considerazione. Per quanto attiene all’ordinamento italiano le norme Cedu si collocano in una posizione intermedia tra le leggi ordinarie e le norme costituzionali.

In relazione alle modalità con le quali è possibile presentare un ricorso presso la Corte Europea dei diritti dell’Uomo appare opportuno richiamare quanto indicato dalla stessa Cedu all’interno della Guida Pratica sulle condizioni di ricevibilità.

Nel predetto documento si osserva come ex art. 34 della Cedu la Corte possa essere investita di un ricorso «da parte di una persona fisica, un’organizzazione non governativa o un gruppo di privati» che sostengano di «essere vittima di una violazione» posta in essere da una delle Alte Parti contraenti, dei diritti riconosciuti nella Convenzione o nei suoi protocolli […]».

In merito ai soggetti legittimati ad introdurre il ricorso, secondo la giurisprudenza della Corte di Strasburgo «Qualunque persona può invocare la protezione della Convenzione nei confronti di uno Stato Parte quando la presunta violazione si è verificata nella giurisdizione dello Stato interessato, in conformità all’articolo 1 della Convenzione (Van der Tang c. Spagna),  a prescindere dalla cittadinanza, dal luogo di residenza, dallo stato civile, dalla situazione o dalla capacità giuridica».

Inoltre, i ricorsi possono essere presentanti «esclusivamente da persone viventi, o nel loro interesse. In caso di persona deceduta, quest’ultima non sarà legittimata a presentare alcun ricorso anche nel caso in cui tale azione fosse esperita mediante rappresentante. (Aizpurua Ortiz e altri c. Spagna, Ciobanu c. Romania).

I soggetti che possono presentare un ricorso possono essere persone giuridiche o persone fisiche.

Per quanto attiene al termine “vittima” l’art 34 si riferisce alle persone direttamente o indirettamente interessate nella violazione contestata. Dunque per presentare il ricorso legittimamente, l’istante che asserisce di essere vittima diretta della violazione, deve essere in grado di dimostrare di essere stato “direttamente interessato dalla misura lamentata” (Tanase c. Moldavia). Ciò, spiega il documento, é «indispensabile per mettere in moto il meccanismo di protezione della Convenzione (Hirstozov e altri c. Bulgaria) nonostante il fatto che questa condizione non debba essere applicata in modo rigido, meccanico e inflessibile per tutta la durata del procedimento (Karner c. Austria)».

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In alcune particolari azioni la Corte di Strasburgo ha accettato che un ricorrente potesse essere una vittima potenziale. Per esempio qualora egli non avesse potuto accertare che gli era stata effettivamente applicata la legislazione che egli lamentava, in ragione del carattere segreto delle misure che egli autorizzava (Klass e altri c. Germania)».

Inoltre, la Corte ha rilevato come non sia possibile instaurare un’actio popularis per interpretare i diritti previsti da essa, né permettere alle persone di lamentare una disposizione del diritto interno semplicemente perché esse ritengono, senza che questa le abbia direttamente colpite, che essa possa essere in contrasto con la Convenzione (Aksu c. Turchia).

Nel caso in cui un ricorso venisse presentato dall’originario ricorrente, poi, successivamente deceduto, l’azione potrebbe essere continuata dagli eredi o dai suoi prossimi congiunti che esprimessero l’intenzione di proseguire il ricorso, purché essi dimostrassero di avere sufficiente interesse alla causa (Malhous c. Repubblica ceca).

Qualora il ricorrente dovesse venire a mancare nel corso del procedimento e nessuno avesse espresso l’intenzione di proseguire l’azione o, le persone che lo avessero fatto non fossero gli eredi, né avessero un legame di parentela sufficiente stretto con il ricorrente e non potessero dimostrare di avere alcun altro interesse legittimo alla prosecuzione del ricorso, la Corte dovrebbe cancellare il ricorso dal ruolo (Hirsi Jamaa e altri c. Italia).

Solo se, nelle predette fattispecie la Corte dovesse concludere per il rispetto dei diritti umani in relazione ai casi eccezionali previsti dalla Cedu, l’organo giudicante potrebbe disporre la continuazione della causa (Karner c. Austria).

Da ultimo analizziamo le ipotesi di un ricorso esperito tramite un rappresentante.

Detta fattispecie è prevista dal combinato disposto degli artt. 36 § 1 e 45 §3 del Regolamento della Corte di Strasburgo secondo il quale se il ricorrente produce una procura scritta, debitamente firmata e se risulta che i procuratori hanno ricevuto istruzioni specifiche e esplicite dall’asserita vittima ai sensi dell’art. 34 della Cedu, il ricorso risulterà presentato legittimamente (Aliev c. Georgia).

In conclusione, l’auspicio è che detta breve disamina di alcune importanti pronunzie della Corte di Strasburgo possa essere di aiuto nella comprensione di un importante strumento internazionale di difesa dei diritti fondamentali accessibile anche ai singoli.

In futuro, si potrà procedere all’analisi dei tanti altri aspetti che caratterizzano il funzionamento della Corte di Strasburgo e delle diverse interpretazioni delle disposizioni procedurali indicate dalla giurisprudenza.

 

Roberto Scavizzi        

Foto © Wikicommons

[1] R.E. Kostoris, Manuale di procedura penale europea, 2014, pp. 44 e ss.

[2] R.E. Kostoris, op. cit. pp. 44 e ss.

 

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Roberto Scavizzi
Avvocato e docente universitario a contratto presso università private. L'attività accademica ha ad oggetto la materia dell'Informatica giuridica in ambito internazionale e la materia dei diritti d'autore. Come legale opera principalmente nel settore del diritto dell'impresa e svolge attività formativa professionale nel settore giuridico in ambito pubblico e privato. Inoltre è autore di pubblicazioni di diritto e articoli giornalistici per riviste d'arte e d'attualità.

8 Commenti

  1. Gentile Lettore, La ringrazio per le Sue interessanti osservazioni. Allo stato la giurisprudenza é piuttosto chiara in relazione al significato di “esaurimento di tutte le vie di ricorso”. In ogni caso sarà interessante seguire le evoluzioni giurisprudenziali della Corte di Strasburgo in relazione a detta materia. Cordiali saluti. RS

  2. Mi hanno fatto una causa per la quale esiste una sentenza della Cassazione a Sezioni Unite, che detta un principio giurisprudenziale interno che diventa vincolante per i giudici italiani. Il principio stabilito dalle S.U. ribalta oltre dieci anni di giurisprudenza della stessa Cassazione, stabilendo che, in caso di acquisto di una casa originariamente costruita con fondi pubblici, il prezzo rimane vincolato per sempre a quello originario, che tutti i contratti stipulati in violazione del vincolo (quindi a prezzo di mercato) sono nulli per la sola parte relativa al prezzo, e che la differenza tra prezzo pattuito e prezzo vincolato va ridata all’acquirente. Parliamo di restituire dopio 10 anno dalla compravendita 190.000 euro per un immobile pagato 315.000 (in altri casi 280.00 vs. 400.000), con contratto stipulato liberamente davanti a un notaio che confidava serenamente in anni di giurisprudenza che andava affermano che il vincolo di prezzo non esisteva.
    Ciò lede palesemente qualsiasi principio di ragionevolezza, che è un principio costituzionale italiano, ma non è una legge bensì un principio stabilito da sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione, che guiderà i giudici chiamati a giudicare la mia causa (però si riferiva a una fattispecie diversa).
    La domanda è: un’associazione di consumatori può impugnare la Sentenza della Cassazione a Sezioni Unite?

  3. Ho impugnato un licenziamento . Dopo 7 anni di causa il giudice mi ha dato ragione : reintegro ai sensi dell’art.18 . Pochi mesi prima della sentenza l’azienda aveva portato i libri in tribunale e poi fallita. Il curatore mi comunica che non ci sono soldi per i creditori perchè i beni all’asta hanno portato poco denaro . Quindi eccetto il TFR dal fondo di garanzia INPS non ho preso nulla .
    Mi sento discriminato. Gli altri lavoratori sono stati tutti pagati prima che l’azienda chiudesse .
    Voglio proporre ricorso alla Corte Europea per dscriminiazione fra lavoratori

  4. Alla Cortese Attenzione a
    Avv. Roberto SCAVIZZI

    Devo presentare una denuncia alla Corte Costituzionale dei diritti dell’uomo a Strasburgo.
    Le chiedo cortesemente a quali indirizzi inoltrare la denunzia comprensiva degli allegati.
    Potrei avere un contatto diretto con la S.V..
    Le invio distinti saluti e resto in attesa di un cenno di riscontro.

  5. Spett. Avv. Scavizzi, in merito alla legittimità del ricorso alla CEDU…Il mio appello al Consiglio di Stato è stato dichiarato “perento”, perché il mio avvocato ha scordato di presentare l’istanza di fissazione dell’udienza. Posso presentare lo stesso ricorso alla CEDU ? Grazie.

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