Quote latte: al via la causa d’impugnazione della Commissione

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Si apre la discussione presso la Corte di giustizia dell’Ue sulla sentenza emessa dal Tribunale europeo il 24 giugno 2015 nella causa T‑527/13 vinta dall’Italia

Come riportato in passato da Eurocomunicazione (vedi link) gli effetti delle multe sulle quote latte continuano a pesare sugli Stati membri, in particolare sul Belpaese. Ricapitolando: con decisione 2003/530/CE, il Consiglio europeo ha autorizzato l’Italia a sostituirsi ai produttori di latte nel pagamento degli importi dovuti all’Unione a titolo del prelievo supplementare sul latte e sui prodotti lattiero-caseari per il periodo dal 1995/1996 al 2001/2002. Esso l’ha parimenti autorizzata a consentire agli interessati di estinguere il loro debito nei confronti dell’Italia mediante pagamenti differiti effettuati su vari anni, peraltro senza interessi.

Il Consiglio ha imposto alle autorità italiane di dichiarare l’importo corrispondente al prelievo supplementare dovuto dai produttori di latte al Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (Feaog) e di detrarre il debito nei confronti dell’Ue e i relativi interessi dalle spese finanziate dal Feaog , mentre ai produttori di latte, di rimborsare interamente il loro debito nei confronti dell’Italia con rate annuali di uguale importo e in un periodo non superiore a quattordici anni, dal 1° gennaio 2004.

Farmers stage a protest in front of the EP in StrasbourgCon decreto-legge n. 49/2003 e decreto ministeriale del 30 luglio 2003 l’Italia ha stabilito che l’importo del prelievo supplementare di cui si era fatta carico le sarebbe stato interamente rimborsato dai produttori, senza interessi, mediante rate annuali di pari importo per un periodo massimo di quattordici anni. Dopo avere modificato più volte tali disposizioni, per consentire agli interessati di richiedere la rateizzazione del loro debito su un periodo non superiore a trenta anni (legge 10/2011), al fine di fare fronte alla grave crisi del settore lattiero-caseario, i termini per il pagamento degli importi con scadenza 31 dicembre 2010 sono stati differiti al 30 giugno 2011.

Le autorità italiane hanno informato la Commissione europea che l’«equivalente sovvenzione» di tale misura era stato imputato all’aiuto de minimis (regolamento n. 1535/2007). Hanno indicato che hanno usufruito di tale misura 1.291 produttori di latte su 11.271 beneficiari del sistema di rateizzazione (vale a dire una proporzione pari all’11,45%). Inoltre, l’aiuto individuale ottenuto a tale titolo era compreso in una forcella da € 0,08 a 694,19. Infine, esso è rimasto inferiore a € 100 per 1.187 dei 1.291 produttori, e inferiore a € 12 per 559 di essi.

Con decisione 2013/665/UE del 17 luglio 2013 (vedasi IR della Commissione), la Commissione ha considerato che la proroga di pagamento e il sistema di rateizzazione costituiscono un nuovo aiuto di Stato, illegale e incompatibile con il mercato interno. Ha ordinato all’Italia di procedere al recupero delle somme concesse ai produttori di latte che avevano usufruito della proroga di pagamento, unitamente agli interessi. Con ricorso del 30 settembre 2013, l’Italia ha chiesto al Tribunale dell’Unione europea di annullare integralmente la decisione o, in subordine, di annullarla nella parte in cui ordina di recuperare gli aiuti individuali concessi.

Con sentenza del 24 giugno 2015, il Tribunale ha ritenuto che la Commissione avesse riqualificato un regime di aiuti esistente come aiuto nuovo illegale senza rispettare le condizioni sostanziali enunciate dal regolamento n. 659/1999. Di conseguenza, la Commissione non avrebbe potuto ordinare ai produttori lattieri che avevano usufruito della proroga di pagamento di recuperare sia tale aiuto (nuovo e illegale) sia gli aiuti individuali altrimenti concessi, ai sensi di detto regime di aiuti esistente.

CGEAllorché la Commissione rileva l’inosservanza di una decisione che ha dichiarato un aiuto compatibile con il mercato interno «a talune condizioni», essa può o far dichiarare direttamente tale violazione da parte della Corte o, se la violazione consiste nella concessione di un aiuto nuovo, esaminarlo, rispettando i relativi requisiti procedurali e sostanziali. Per contro, la Commissione non è legittimata a ritenere che l’inosservanza di una condizione imposta al momento dell’approvazione di un regime di aiuti esistente comporti di per sé  la «riqualificazione» di tale misura come aiuto nuovo, e ancor meno a considerare quest’ultimo illegale dall’inizio e a ordinarne il recupero come se si trattasse di un aiuto illegalmente concesso e non di un aiuto previamente autorizzato.

Sulla base di tali motivazioni, il Tribunale ha annullato l’articolo 1, paragrafo 2, della decisione 2013/665/UE (dichiarazione di incompatibilità) e gli articoli da 2 a 4 (obbligo di rimborso), nella parte in cui riguardano il regime di aiuti e gli aiuti individuali concessi ai produttori che hanno usufruito della proroga. La Commissione ha impugnato detta sentenza davanti alla Corte di giustizia. Oggi si è aperta la fase orale del procedimento.

 

Margit Szucs

Foto © Commissione, Parlamento e Corte di Giustizia europea

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