Raggiungere l’obiettivo fame zero per il 2030

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Incontri internazionali al Festival della diplomazia. I rappresentanti della Fao, Ifad e World Food Programme incontrano la stampa a Roma insieme ai vertici dell’Unione europea

Il tema del rapporto tra sicurezza alimentare, sviluppo rurale e migrazione di passaggio è la chiave di volta per sconfiggere la fame nel mondo. Nel settembre del 2015, 193 Paesi hanno preso l’impegno per porre fine alla povertà e alla fame, e nel contempo proteggere il Pianeta, per assicurare prosperità per tutti. Questi Paesi hanno preso l’impegno di elaborare un Patto globale per l’emigrazione sicura, regolare e organizzata da distribuire nel 2018.

Lo scopo del Patto è affrontare le migrazioni internazionali da tutti i punti di vista, compresi gli aspetti umanitari, legati ai diritti e allo sviluppo. Il fenomeno migratorio è diventato centrale nel dibattito internazionale e incide sullo sviluppo economico e sociale. L’Onu, diffondendo i propri dati, ha rivelato che un numero crescente di persone è costretta a migrare e quindi a trovarsi in una situazione di disagio.

Molti individui per sfuggire ad una condizione di povertà estrema sono costretti a migrare, nel 2015 più di 65 milioni di loro, in tutto il mondo, sono emigrati per sfuggire a conflitti e persecuzioni. Più di 19 milioni di persone si sono spostate all’interno del proprio Paese per calamità naturali. Tra il 2008 e il 2015, ogni anno sono migrate 26,4 milioni di persone per catastrofi legate al clima e alle condizioni metereologiche.

Organizzazioni come il World Food Programme (WFP), ambasciatori economisti e giornalisti si sono confrontati il 23 ottobre scorso in occasione del Festival della Diplomazia, sul tema della fame zero da raggiungere nel 2030. Il tema è risultato  interessante, arrivare al 2030 per ridurre a zero la fame nel mondo. Per arrivare a questo obiettivo l’Unione europea investirà circa 40 miliardi di euro.

I motivi per raggiungere l’obiettivo sono diversi: dai migranti costretti a fuggire dai loro Paesi spesso in guerra, agli sfollati, ai richiedenti asilo. Negli ultimi anni abbiamo assito al fenomeno delle migrazioni internazionali che ha raggiunto ben 244 milioni di persone nel 2015. Molti gli individui che sono stati costretti a fuggire abbandonando le proprie case, ben 65,3 milioni di persone, dato in aumento rispetto agli ultimi 15 anni, comunque rispetto alla popolazione mondiale di circa sette miliardi e mezzo di persone, il dato rimane stabile al 3%.

Secondo il WFP la maggior parte dei migranti rimane all’interno del continente di provenienza. In sintesi nove migranti africani su dieci restano nel loro continente, mentre otto asiatici  su dieci rimangono nei confini dell’Asia. Gli interrogativi che il WFP si è posto hanno trovato riscontro nei motivi che spingono le persone ad abbandonare la propria casa? Qual è il ruolo dell’insicurezza alimentare nella migrazione? Questi fattori sono comuni per tutti i migranti a livello internazionale, o ci sono cause di fondo particolari che spingono gruppi di migranti a lasciare le proprie case? Dagli studi di World Food Programme confortati dagli incontri con gruppi di migranti provenienti da dieci diversi Paesi, in Grecia, Italia, Giordania, Turchia e Libano è emerso che i fattori scatenanti la decisione di emigrare riguardava soprattutto la fuga da guerre e conflitti, anche se la maggior parte dei rifugiati preferiva rimanere vicino al proprio Paese d’origine, in ambienti culturalmente e socialmente familiari.

Affrontare viaggi lunghi, difficili e dall’esito incerto, verso luoghi difficili sconosciuti con notevoli differenze linguistiche, culturali, sociali e religiose non è certo incentivante. La probabile idea vincente è fornire assistenza in zone sicure nei territori limitrofi ai propri Paesi d’origine è una soluzione sostenibile che ridurrà, o dovrebbe ridurre, i flussi migratori come strategia di sopravvivenza, considerando che gli interventi umanitari diventeranno economicamente più efficienti comportando maggiori benefici a lungo termine.

Considerando l’attuale clima geopolitico, la comunità internazionale dovrebbe concentrare i propri sforzi sull’Africa e sul Medio Oriente, regioni che potrebbero continuare a produrre flussi di migranti internazionali spesso in fuga dalle operazioni belliche. Altri motivi che provocano la fame oltre ai conflitti politici e guerre, riguardano i disastri naturali o crisi collegate ai flussi migratori. Nel 2016 il WFP ha fornito assistenza alimentare a 82,2 milioni di persone in 85 Paesi, vale a dire al 10% delle 815 milioni che soffrono la fame nel mondo. Dalla lettura di questi dati emerge che 16,4 milioni di bambini al di sotto dei cinque anni hanno ricevuto trattamenti per la cura e la prevenzione della malnutrizione; inoltre 4 milioni di donne hanno potuto usufruire di speciali alimenti nutritivi durante la maternità e l’allattamento.

È stato possibile raggiungere tali risultati grazie a quasi 6 miliardi di dollari di donazione volontarie – precisa sempre il WFP – una cifra record ma che è ancora insufficiente per raggiungere le numerose persone che necessitano aiuto. Sempre nel 2016 sono state affrontate gravi emergenze in Iraq, Nigeria, Sud Sudan, Siria e Yemen e nei Paesi colpiti dal El Nino nell’Africa australe. I dati economici interessanti dimostrano che nel 2015 i migranti hanno inviato più di 600 miliardi di dollari verso i loro Paesi di origine. I Paesi in via di sviluppo quindi hanno ricevuto circa 441 miliardi di dollari, che corrispondo all’equivalente di quasi il triplo dell’assistenza ufficiale allo sviluppo.

I Paesi di origine della maggior parte dei migranti proviene dal Medio Oriente e Nord Africa, Asia Centrale, America Latina ed Europa dell’ Est. Inoltre un quarto dei rifugiati totali proviene da tre Paesi: Turchia, Pakistan e Libano. Secondo alcune stime, inoltre, le persone che si sono spostate all’interno dei confini nazionali ammontava a circa 763 milioni nel 2013, ne consegue quindi che ci sono stati più migranti interni che internazionali. Molti di questi migranti sono giovani che hanno un età compresa tra i 15 e i 34 anni e quasi la metà sono donne. Anche i disastri naturali hanno forzato le persone a migrare. Tra il 2008 ed il 2015 una media di 26,4 milioni di persone sono state sfollate.

L’interrogativo imperante è: vinceremo questa sfida? Il 2030 ci fornirà la risposta.

 

Giorgio De Santis

Foto © Giovanni Venditti

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