Referendum indipendentisti: dopo la Scozia, la Catalogna

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Se l’esito della consultazione scozzese è ancora incerto, da quella indetta in Catalogna ci si aspetta una netta vittoria dei “Sì”. Esito che però Madrid non riconoscerà.

Edimburgo chiama, Barcellona risponde e lo fa con forza. Se il prossimo 18 settembre il referendum per l’indipendenza della Scozia si deciderà sul filo di lana, quello del 9 novembre per la secessione della Catalogna dalla Spagna sembra avere un esito pressoché scontato: l’oceanica manifestazione nazionalista di giovedì scorso attraverso le Ramblas è stata talmente indicativa di ciò che potrebbe accadere tra due mesi, da spingere il governo di Madrid a giocare d’anticipo, chiedendo alla Corte Costituzionale di pronunciarsi sull’incostituzionalità della consultazione promossa dal presidente catalano Artur Mas. Pronuncia che farebbe piombare la Spagna in una grave crisi istituzionale, con possibili ripercussioni perfino sulla sempre più debole monarchia borbonica, che nel 1975 aveva posto le basi della transizione dal franchismo alla democrazia, e le aveva poi fermamente difese qualche anno dopo dal tentato golpe nero del colonnello Tejero.

Dunque, nel giro di due mesi potrebbe delinearsi in Europa uno scenario impensabile appena pochi anni fa, quando la cool Britannia di Tony Blair (peraltro scozzese) e la tigre spagnola di Josè Rodriguez Zapatero sembravano aver lenito le istanze indipendentiste scozzesi e catalane grazie ad un’indovinata ricetta a base di devolution e sviluppo economico. Poi è arrivata la grande crisi, e se la Scozia è riuscita a cavarsela con qualche livido, la Catalogna ne è uscita con le ossa rotte, piena di debiti e sull’orlo di un default finanziario la cui “paternità” è continuo oggetto di scontro tra Mas e il premier spagnolo Mariano Rajoy. Tuttavia, quelli che giovedì scorso hanno sfilato per le vie di Barcellona con le bandiere rosse e gialle non hanno dubbi: Madrid è l’unica colpevole delle disgrazie della Catalogna, quindi adios España.

Dal canto suo l’Ue si prepara a gestire le conseguenze del primo referendum, quello scozzese: Bruxelles ha già informato il premier Salmond che, non facendo più parte della Gran Bretagna, la Scozia vedrà decadere in automatico tutti i suoi rapporti esistenti con l’Unione Europea, per rientrare nella quale Edimburgo dovrà ripercorrere ex novo il percorso di adesione. Un processo a cui Artur Mas già guarda con attenzione: «Sono certo che i leader europei accetteranno il risultato del referendum in Scozia – ha dichiarato in un’intervista alla BBC – e che i negoziati tra Londra, Bruxelles ed Edimburgo per portare quest’ultima nell’Ue verranno avviati molto velocemente: tutto ciò sarà molto importante anche per la Catalogna».

In realtà Mas non considera un importante aspetto a lui ben noto. Londra è ormai disposta ad accettare qualsiasi esito uscirà dalle urne scozzesi, Madrid invece non farà lo stesso nei confronti della consultazione catalana: nel suo cammino verso l’Europa comunitaria, la Catalogna (che ha già una sua rappresentanza presso il Parlamento Europeo) rischia d’impattare contro il muro che la Spagna è intenzionata ad alzare come ritorsione ad un’eventuale secessione. Un’intransigenza che, non è da escludere, potrebbe anche ripercuotersi sugli stessi rapporti tra Madrid e l’Unione Europea.

Alessandro Ronga

Foto © Wikicommons 2012

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Alessandro Ronga
Giornalista e blogger, si occupa di Russia e dei Paesi dell'ex Urss. Scrive per il quotidiano "L'Opinione" e per la rivista online di geopolitica "Affari Internazionali". Ha collaborato per il settimanale "Il Punto". Nel 2007 ha pubblicato un saggio storico sull’Unione Sovietica del dopo-Stalin.

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