Stoltenberg e quel misterioso nome in codice a Mosca

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Una spy-story nata sul finire degli anni Ottanta torna ora a perseguitare il neo-eletto Segretario Generale della NATO

Subito una precisazione: la notizia è vecchia di quasi 15 anni. Ma è riemersa prepotentemente dopo che Jens Stoltenberg, ex premier norvegese, è diventato pochi giorni fa il numero uno dell’Alleanza Atlantica: all’inizio degli anni Novanta il neo-Segretario Generale della NATO avrebbe avuto rapporti con il KGB, il temibile servizio segreto dell’Unione Sovietica. «Nei primi anni Novanta, Jens Stoltenberg ebbe contatti con un ufficiale del KGB. Negli archivi di Mosca esistevano informazioni personali e politiche su di lui, tanto che gli era stato dato perfino il nome in codice di “Steklov”», scriveva il Norway Post il 24 gennaio 2000, pochi mesi prima  che Stoltenberg si insediasse come Primo Ministro laburista della Norvegia, incarico che avrebbe ricoperto fino al 2001 e successivamente dal 2005 al 2013. La “gola profonda” da cui partirono le rivelazioni era Mikhail Butkov, ufficialmente giornalista ma in realtà una spia sovietica che negli anni Ottanta operava ad Oslo sotto copertura, ma non disdegnava un doppio gioco con l’intelligence norvegese e quella britannica.

Poco dopo la pubblicazione di quelle notizie, l’emittente di Stato norvegese NRK 1, realizzò un documentario dal titolo “L’ultima offensiva del KGB”, in cui veniva ricostruita l’attività dei sovietici in Norvegia sulla vigilia del collasso dell’Urss, analizzando i documenti forniti da Butkov. Secondo i giornalisti della NRK, Butkov aveva “cambiato bandiera” già nel 1989: aveva sì continuato a lavorare per i sovietici, ma anche come agente “doppio” per il POT, l’intelligence norvegese, e per l’MI6 britannico, a cui aveva riferito le attività del KGB in Norvegia e soprattutto fornito informazioni sui politici norvegesi e i funzionari che i sovietici ritenevano utili ai loro interessi.

Secondo il documentario, Butkov, giunto da poco in Norvegia, fu informato di un politico norvegese, a cui a Mosca avevano dato come nome in codice “Steklov”, che aveva contatti con il POT e che per questo il KGB considerava una potenziale e preziosa fonte di informazioni. Per scoprire la vera identità del politico, Butkov si recò alla Lubjanka, la sede dei servizi russi a Mosca, dove, non autorizzato, ottenne l’accesso al fascicolo sulla misteriosa spia “Steklov”. Nel gennaio 1990, durante un incontro con gli ufficiali del POT con cui aveva iniziato a collaborare, Butkov rivelò che “Steklov” altro non era che Jens Stoltenberg.

A febbraio, nonostante quella rivelazione-shock, Jens Stoltenberg fu scelto per diventare un membro della Commissione Difesa ma, prima di accettare l’incarico, ammise di avere avuto contatti con Boris Kirillov, diplomatico e addetto stampa presso l’Ambasciata sovietica di Oslo. Secondo Butkov, Kirillov era in realtà un ufficiale del KGB che aveva reclutato funzionari norvegesi come agenti o informatori. Nel maggio del 1990, il POT chiese al futuro premier di evitare qualsiasi ulteriore comunicazione con Kirillov, richiesta che un mese dopo divenne un vero e proprio ammonimento a sospendere ogni rapporto con addetti dell’ambasciata russa. Nella primavera del 1991 Butkov lasciò definitivamente il KGB e scappò in Occidente, e alcuni mesi dopo Kirillov venne dichiarato “persona non grata” dal governo norvegese ed espulso dal Paese.

A parte gli inviti del POT a prestare attenzione ai suoi contatti con l’Ambasciata russa, Stoltenberg non è mai stato accusato di spionaggio o di alto tradimento verso la Norvegia o i suoi alleati della NATO, e gli stessi servizi segreti hanno sempre specificiato che in quegli anni era del tutto normale che  il KGB cercasse di entrare in contatto con giovani politici e giornalisti. All’epoca, l‘intelligence di Oslo ammise di essere a conoscenza dei tentativi di reclutamento compiuti dal KGB nei confronti di Stoltenberg, che però erano andati falliti proprio perchè lo stesso Stoltenberg aveva denunciato l’accaduto alle autorità norvegesi.

Ma le rivelazioni di Butkov da allora sono sempre state la sua spina nel fianco, e non c’è da meravigliarsi che siano tornate in circolazione ora che, alla guida della NATO, è sembrato voler impostare le relazioni con Mosca su una lunghezza d’onda orientata al dialogo e alla cooperazione.

Alessandro Ronga

Foto © European Community, 2013

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Alessandro Ronga
Giornalista e blogger, si occupa di Russia e dei Paesi dell'ex Urss. Scrive per il quotidiano "L'Opinione" e per la rivista online di geopolitica "Affari Internazionali". Ha collaborato per il settimanale "Il Punto". Nel 2007 ha pubblicato un saggio storico sull’Unione Sovietica del dopo-Stalin.

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