Strage di Bruxelles: le colpe e gli errori dell’occidente

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La Ue non ha ancora un progetto di intelligence comune e una politica dal respiro veramente europeo

Prima di tutto c’è stato l’11 settembre, punto di partenza di quella guerra al terrore che, invece di rendere il mondo più sicuro, ha portato l’inferno nel cuore stesso dell’Europa. Qualcosa non è andato per il verso giusto, ma cosa? In primo luogo è un fallimento della politica. L’idea nefasta di ridisegnare gli equilibri del Medio Oriente, sostenuta dagli Stati Uniti per i consueti obiettivi economici, ha liberato forze oscure difficilmente controllabili. Dopo aver pilotato l’intero Sudamerica, l’America ha pensato bene di ripetere la medesima strategia, senza considerare la specificità del contesto nel quale andava a operare. Tutto ciò ha portato a un proliferare di gruppi jihadisti, una spirale che pare inarrestabile. Senza contare il fatto che gli stati occidentali seguitano ad appoggiare le monarchie arabe del Golfo in quanto detentrici delle risorse petrolifere, anche se queste sostengono e finanziano l’estremismo islamico. Interrompere il flusso di armi e denaro è dunque un obiettivo prioritario.

siria_0.jpgL’andamento del conflitto siriano è indicativo di un occidente perlomeno ambiguo nei suoi atteggiamenti. Guidati dall’idea che Assad dovesse assolutamente essere destituito, gli Stati Uniti non hanno contrastato l’avanzata dell’Isis, anzi l’hanno favorita con la scusa di sostenere l’opposizione moderata. Solo in seguito alla presa di posizione di Putin si è compreso che in primo luogo occorre battere il Califfato, e solo in seguito pensare al futuro politico del Paese. L’errore commesso dai francesi con la Libia non andava assolutamente ripetuto.

La posizione turca è poi la quintessenza dell’ambiguità. Attraverso il suo territorio sono passati migliaia di miliziani, i quali hanno fatto la spola indisturbati fra l’Europa e gli scenari di guerra senza che nessuno apparentemente se ne accorgesse. Dove fosse l’intelligence è un mistero. Ankara ha assistito impassibile all’assedio di Kobane, poi ha approfittato dell’occasione per schierarsi a parole contro lo stato islamico, cercando nel frattempo di colpire la minoranza curda (fra i pochi oppositori dei fanatici jihadisti). L’Isis ora si vendica della politica incerta di Erdogan, rimasto invischiato nelle sue stesse trame, a colpi di attentati. L’accordo sui profughi siglato dalla Ue con la Turchia è poi l’ultimo tassello di un percorso mal gestito. Si cerca di porre rimedio a una situazione già ampiamente sfuggita di mano.

P030681000602-654897L’emergenza migranti viene usata dai terroristi per destabilizzare l’Europa. Maggiore la confusione, più ampia la possibilità di minare la democrazia alle basi. La latitanza di una politica seria in tal senso alimenta solo i partiti xenofobi di estrema destra, un altro pericolo da non sottovalutare.

L’Europa si è accorta troppo tardi di fornire terreno fertile per il radicalismo. Il Belgio paga poi l’impatto di flussi migratori importanti per un Paese tanto piccolo, eppure in grado nel passato di essere fra le grandi potenze coloniali. La politica ha le sue colpe per la mancata integrazione della comunità musulmana nel tessuto sociale. Il Belgio è inoltre un Paese già di per sé diviso fra fiamminghi e valloni, frammentato nei governi locali, poco coordinato nell’intelligence e nei servizi di polizia. Tutti elementi che favoriscono la rete del terrore.

Parlare della necessità di istituire una agenzia di intelligence europea solo quando avviene un atto terroristico, come è successo dopo le stragi di Parigi, ma non dar seguito alla proposta è indice di divisioni gravi, della sostanziale incapacità di ragionare in un’ottica europea. Si sovrappongono gli interessi delle singole sovranità nazionali al bene comune, il che è un errore capitale.

Recuperare una posizione già compromessa non è mai facile. L’occidente deve individuare politiche virtuose, le quali non siano dettate esclusivamente dagli interessi economici, deve essere in grado di difendere i propri valori, lavorando nel contempo per l’integrazione, deve investire per ridurre le diseguaglianze, e non per accentuarle come avviene in maniera sempre più drammatica, deve arginare i nazionalismi per cercare politiche di respiro veramente europeo.

Riccardo Cenci

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Immagini:

In evidenza e in basso © European Union , 2016

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Riccardo Cenci
Riccardo Cenci. Laureato in Lingue e letterature straniere moderne ed in Lettere presso l’Università La Sapienza. Giornalista pubblicista, ha iniziato come critico nel campo della musica classica, per estendere in seguito la propria attività all’intero ambito culturale. Ha collaborato con numerosi quotidiani, periodici, radio e siti web. All’intensa attività giornalistica ha affiancato quella di docente e di scrittore. Ha pubblicato vari libri (raccolte di racconti e romanzi). Attualmente lavora come Dirigente presso l’Enpam.

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