Terrore a Stoccolma. Missili in Siria. Tutti contro tutti

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Mogherini, «comprensibile» obiettivo dell’attacco Usa. Condannato fermamente dalla Russia. Un altro camion sulla folla nella “tranquilla” capitale svedese.

«Gli Stati Uniti hanno informato l’Unione europea che, in base alla loro valutazione che era stato il regime siriano ad usare armi chimiche, avrebbero lanciato un attacco contro la base aerea di Shayrat con la comprensibile intenzione di prevenire e scoraggiare la diffusione e l’uso di armi chimiche mortali». Lo ha affermato ieri Federica Mogherini, in una dichiarazione «a nome della Ue», soprattutto in una giornata davvero drammatica, sia per i fatti accaduti che per gli equilibri mondiali.

Ma ripartiamo dal “primo fatto”. L’italiana Alto Rappresentante dell’Ue per la Politica estera e la sicurezza con la nota ufficiale ha ricordato come, in quella pubblica in risposta all’attacco di Khan Sheikhoun di martedì scorso, l’Unione europea «è stata inequivocabile nella sua condanna dell’uso di armi chimiche» e ne considera l’uso come «un crimine di guerra i cui autori identificati devono essere portati a rispondere davanti alla giustizia per la violazione della legge internazionale».

Mogherini ha aggiunto che gli Usa avevano informato che gli attacchi «erano limitati e mirati a prevenire l’ulteriore uso di atrocità con armi chimiche». Per la vicepresidente della Commissione europea «l’Ue continuerà a sostenere gli sforzi e il lavoro del Meccanismo congiunto di indagine dell’Opac (l‘Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche, ndr), per l’investigazione sull’uso di armi chimiche» e ha sottolineato che «coloro che saranno trovati responsabili dovranno essere sanzionati nel quadro delle Nazioni Unite».

Per gli Stati Uniti si è trattato del primo attacco militare diretto contro la Siria dall’inizio della crisi sei anni fa. Una svolta maturata in poche ore, che ha scatenato la durissima reazione di Mosca, che ha parlato di una «grave aggressione» e di «danni notevoli» ai rapporti con gli Usa. A «un passo dallo scontro con la Russia», come ha dichiarato (e minacciato) il premier Dmitri Medvedev. Ira anche del presidente siriano, che ha accusato gli americani di comportamento «spericolato e irresponsabile», promettendo che ci sarà una «reazione».

La ritorsione statunitense (da Donald Trump definita «vitale per la sicurezza nazionale») apre adesso diversi scenari, con l’incognita sui prossimi passi e scelte del presidente americano. Mentre gli Usa stanno verificando anche l’ipotesi che la Russia possa aver avuto un qualche ruolo nell’attacco chimico in Siria. Tutti i 59 missili Cruise hanno centrato gli obiettivi, ha fatto sapere la Casa Bianca: piste, velivoli, punti di rifornimento.

Un attacco «mirato e limitato», di cui Washington aveva preavvertito diversi Paesi, tra cui anche la Russia, circa un’ora prima. Avvertito anche il personale russo presso la base colpita, allo scopo di evitare vittime collaterali. Il bilancio dell’agenzia ufficiale siriana Sana è stato di 15 morti: 6 soldati e 9 civili, tra cui 4 bambini. La reazione del Congresso Usa alla decisione del presidente è stata in generale di sostegno, ma si invoca adesso un maggiore coinvolgimento del ramo legislativo per i passi successivi.

Il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha invocato «moderazione» per «evitare di peggiorare la sofferenza del popolo siriano», ribadendo che non c’è altra via di quella politica alla soluzione della crisi siriana. Uniti, per una volta, anche gli europei nella forte condanna all’uso di armi chimiche. In un comunicato congiunto, il presidente francese Francois Hollande e la cancelliera tedesca Angela Merkel hanno sottolineato come «l’intera responsabilità pesi su Assad», auspicando «sanzioni appropriate delle Nazioni Unite».

Il presidente del Consiglio italiano, Paolo Gentiloni, ha parlato di «risposta motivata» e «limitata» ad un «crimine di guerra», ribadendo l’importanza dell’impegno comune «perché l’Europa contribuisca alla ripresa dei negoziati» con Onu e Russia. Le opposizioni, soprattutto M5S, Lega e Fratelli d’Italia, invece, scelgono la linea di Mosca. A sostegno dell’azione americana, nel resto del mondo, si sono schierati ovviamente i nemici storici del regime di Assad, da Israele all’Arabia Saudita, alla Turchia di Erdogan.

Nel pomeriggio, poi, è giunta la notizia di un nuovo attacco terroristico a Stoccolma, dove un camion è piombato a tutta velocità tra i passanti nella zona dello shopping pedonale del centro. Anche questa volta si è colpito a caso, falciando pedoni, ucciso 4 persone e ferendone almeno 15, fino a quando il camion non è andato a schiantarsi contro l’ingresso del negozio di un centro commerciale, rimanendo incastrato. Dopo ore di caccia al killer, pare la polizia abbia arrestato l’autore, un uzbeko di 39 anni simpatizzante dell’Isis, che avrebbe confessato di essere l’attentatore.

Ora la Svezia, così come buona parte degli Stati del Nord Europa, pensavano di essere esclusi da questa nuova spirale di sangue. Ma non è così: anche qui ci sono problemi d’integrazione in molte città da anni, tante piccole Molenbeek, come a Bruxelles. «Interi quartieri turbolenti, dove la polizia entra solo a costo di prendersi delle sassate», come ha dichiarato all’Agenzia Ansa Gianandrea Gaiani, direttore di AnalisiDifesa.it, a margine di “Trieste Security Forum”, in un convegno sulla “Sicurezza internazionale nell’era Trump”.

Secondo Gaiani, «la Svezia paga il prezzo pagato nel resto d’Europa, dove si combatte il terrorismo, ma non l’estremismo islamista che lo genera e i cui esponenti vivono nel continente, predicano e spesso si sorreggono grazie al nostro welfare. Oggi il terrorismo islamista colpisce con le armi che ha, tritolo, coltelli o un camion preso a noleggio (o rubato, come in questo caso). Un terrorismo che non puoi prevenire. Non si tratta però di sprovveduti, come dimostra il fatto che colpiscano a San Pietroburgo durante la visita di Putin».

Dopo Nizza, Berlino, Londra e ora Stoccolma, quale sarà la prossima sede di attacco? Che siano sbagliate le politiche d’integrazione europee, o semplicemente i terroristi scelgono le zone nel mondo più deboli o incapaci di capire il pericolo che si sta vivendo? Una risposta che potranno dare solo i posteri, anche perché oramai ogni luogo del mondo sembrain guerra“. Oppure pronto a importarla. Certo è che non esiste più un luogo che possa considerarsi sicuro a priori. Anche se si ergono muri

 

Fiasha Van Dijk

Foto © Telegraph, CNN
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Fiasha Van Dijk
Fondamentalmente apolide, proveniente solo "per caso" dai Paesi Bassi, figlia di immigrati di due continenti diversi da quello in cui vivo, spero di portare i resoconti dei pregi delle politiche dell'integrazione, della salute e della medicina dal resto d'Europa...

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