Tra introspezione e misticismo: presentati a Roma i due volumi “Ninfale” di Claudio Damiani e “Adele Alba” di Serena Maffia

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Brevità, musicalità e fluidità di linguaggio, per due opere altamente evocative che “lasciano il segno”

Si è svolto lo scorso 26 novembre, presso la Federazione Unitaria Italiana Scrittori (FUIS) a Roma, piazza Augusto Imperatore, un evento culturale d’indubbio valore, occasione unica per avviare un profondo percorso introspettivo e “risvegliare” i tumulti dell’anima. La presentazione delle ultime opere letterarie, frutto dell’applicazione pratica dell’estro artistico e poetico del poeta Claudio Damiani e della giovane ed eclettica artista, Serena Maffia (figlia del celebre autore Dante Maffia). Due opere brevi, ma intense e capaci di scatenare profondi interrogativi, grazie anche al ricorso a un linguaggio che pur rimanendo in entrambi i casi lineare, pulito, ricercato ed elegante, risulta altamente performativo e capace di incidere in modo diretto e immediato sulla sfera più recondita della coscienza.

 

 

Ninfale, di Claudio Damiani

 

Claudio Damiani, Ninfale, Lepisma Edizioni
Ninfale, è il titolo dell’opera di Claudio Damiani, testo carico di pathos e denso di sentimento. Un’autentica commistione tra uomo e natura, una relazione d’amore, ammirazione e reciproco rispetto tra esseri viventi. Damiani traspone, e al contempo propone, in un lirico dialogo tra uomo e arbusti, le più profonde tra le questioni inerenti l’esistenza umana. Un dialogo tra esseri viventi, umani e vegetali, la cui lettura può rappresentare un’esperienza sensoriale di forte impatto emotivo e che può dare la sensazione di essere letteralmente trasportati, tutto ad un tratto, in un bosco, e respirare realmente una boccata di puro ossigeno. Una sensazione forte, quasi traumatica, se si considerano le circostanze che caratterizzano la vita moderna, sempre più contrassegnata da caos e frenesia. Energia e potenza, emergono dal linguaggio di Claudio Damiani. Un linguaggio semplice, immediato, ma allo stesso tempo altamente evocativo. Gli stessi nomi dei dialoganti sono connotati da un elevato livello di musicalità e armonia. Silvia, Nerina, Filli, le tre ninfe albero. Aminta e Dafni, i pastori. Nomi tratti dalla mitologia, piuttosto che dalla letteratura classica, che evocano la forza della natura per il loro stesso significato, oltre che per i tratti fonetici altamente assonanti con la stessa sonorità del bosco e della natura. Trapela sia da parte del mondo naturale che da parte dell’essere umano, un senso di incompletezza, un sentimento di malessere collegato alle rispettive condizioni esistenziali.
Da una parte l’essere umano (rappresentato nella figura del pastore) ammira le attitudini e le proprietà degli alberi, la loro staticità, la loro capacità di nutrirsi di ciò che viene dal cielo, in contrapposizione all’essere umano, che per natura ha invece bisogno di procacciarsi il cibo ed uccidere un altro essere vivente, per nutrirsi e sopravvivere… Aminta, il nome del pastore che nel dialogo rappresenta, dunque, l’entità umana, considera “un grande vantaggio non potersi muovere”. Damiani adotta una formula lirica, per descrivere questo sentimento di ammirazione per la condizione di staticità, nel momento in cui il pastore, riferendosi alle ninfe-albero, afferma: «loro, invece, stanno. E vita immensa scorre nelle loro vene», scatenando, con una breve successione di poche parole, una potenza semantica difficilmente rinvenibile anche mettendo insieme migliaia di pagine di certa sterile, quanto diffusa, letteratura.
Gli arbusti, dall’altro lato, ammirano l’essere umano, la sua capacità di agire, di muoversi. Emerge un senso di insoddisfazione, un desiderio di integrazione tra esseri umani e vegetali. Un senso di insoddisfazione generato dalla solita, insuperabile, ineliminabile distanza, che da sempre tormenta gli uomini, tra essere e voler essere. L’incapacità dell’essere vivente, di dare completo sfogo alla propria carica energetica. Una sorta di costrizione dell’essenza all’interno di un corpo materiale, animale o vegetale che sia.
In poche pagine, Damiani ha racchiuso tutta la complessità, dell’attività di ricerca del senso dell’esistenza. Emerge inoltre, una profonda sete di conoscenza, nelle parole del pastore che, trovatosi a faccia a faccia con la natura, si interroga sul senso: «guardo il cielo, il sole e la luna, i campi e i boschi, monti e colline. E non finisco di capire».
E’ l’eterno paradosso sul quale si fonda l’attività di ricerca del senso almeno dal IV secolo avanti Cristo, cioè dall’epoca nella quale Socrate affermava di «sapere di non sapere». Assunto fondamentale per l’essere vivente, ossessionato dal più antico degli interrogativi: chi siamo, da dove veniamo, dove andremo.

 

Adele Alba, di Serena Maffia

adele alba di serena maffia, nemapress
La produzione artistica di Serena Maffia è vasta ed eterogenea. Un complesso di opere impressionante, considerata la sua giovane età, una produzione della quale “Adele Alba” costituisce solo un piccolo frammento, tuttavia sufficiente a generare nel lettore e in colui che si avvicina all’opera una vasta serie di profonde riflessioni, fino ad aprire la strada a un percorso introspettivo complesso e articolato.
Un’esperienza quasi esoterica, altamente mistica stante che questo volume, lungi dal rappresentare soltanto il supporto materiale per il racconto di una vicenda e dall’assolvere unicamente al ruolo di “letteratura da intrattenimento”, può invece rappresentare l’occasione per intraprendere una sorta di viaggio ultra-dimensionale. Sensazioni difficilmente rinvenibili nella letteratura contemporanea. Sensazioni, che emergono autonomamente, nel leggere l’opera, guardando anzitutto alla significativa scelta dell’autrice di dare continuità ad un racconto, La casa di Bernarda Alba, di Garcia Lorca, che era rimasta ferma al 1936 e lì sarebbe rimasta, finita, chiusa, statica, se Serena, da vera avanguardista (nel senso originario del termine, nella sua derivazione militare, cioè da avant-guarde, persona in grado di guardare oltre ed aprire i varchi della conoscenza) non avesse immaginato, ricreato e regalato alla letteratura, il “dopo”.
Ed è questo il primo punto di forza di quest’opera. Ma c’è di più. Serena Maffia non va soltanto oltre il tempo, ma anche oltre lo spazio, o, più esattamente, oltre la dimensione. Non si limita ad aprire una finestra su ciò che succede nelle ore immediatamente successive ai drammatici e folli eventi, che nell’opera di Garcia Lorca, portarono al tragico suicidio della giovane Adele.
Serena va dunque oltre lo spazio, oltre la dimensione terrestre, dando visibilità alla continuità, invisibile, dell’esistenza di Adele. Che cessa di vivere, ma non di esistere. Rimane nella casa di Bernarda Alba, e stabilisce addirittura un contatto con la nonna, l’anziana e folle Maria Josefa, e la sorella, Martirio, in un momento in cui la stessa si trova in uno stato di perdizione e disperazione. Un contatto reso possibile, probabilmente, dall’avvicinamento ed allineamento tra le due diverse condizioni dell’esistenza, quella terrena e quella eterea, che si incontrano nei loro estremi e rendono possibile momenti di dialogo.
La defunta Adele stabilisce un contatto con i soli due personaggi che, nel racconto, si trovano in una condizione di “prossimità alla morte”, per anzianità, per perdita dei sensi, per disperazione. Mentre Adele, essendo morta da poco, è ancora in una condizione di “prossimità alla vita”.
Ed è questo uno dei più esoterici e delicati passaggi dell’opera di Serena: chi crede nella vita oltre la morte, crede anche che chi sia più vicino alla morte, sia più recettivo dei messaggi che provengono dall’aldilà e che, sulla base di questa armonia dimensionale, si spossa identificare un canale di comunicazione. Questo è il primo potente messaggio che è possibile recepire dall’opera di Serena. L’idea di infinito, che trapela da questi dialoghi, brevi, intensi, ma dotati di una forte carica energetica.
Molto efficaci, anche, le scelte cromatiche dell’artista. Serena, artista polivalente, appare dotata di una speciale penna, che non solo scrive, ma anche dipinge. Nel senso che le sue descrizioni sono talmente nitide e marcate, che il lettore gode non soltanto di un impianto dialogico coinvolgente, ma è letteralmente trasportato all’interno della casa di Bernarda Alba, facilitato nella trasposizione anche dall’efficace opera di descrizione delle scene, che Serena realizza attraverso la contrapposizione netta tra bianco e nero, tra luce e oscurità. In altre parole, tra vita e morte.
Anche se vita e morte non sono così nettamente distinte, ma anzi, tendono a confondersi tra loro, nella misura in cui l’umanità, in segno di lutto, è vestita di nero, che è il colore della morte, mentre al contrario la defunta Adele è vestita di bianco, ed appare luminescente e luminosa.
La bianca e luminosa vita, che si veste di nero; la nera e oscura morte che si veste di bianco. Quasi a voler convergere e cercare un punto di incontro.
A confermare l’esistenza di una idea di infinitezza, di continuità, che rimane sullo sfondo di quest’opera.

Francesca Agostino

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Francesca Agostino
Esperto tecnico-legislativo, con pregressa e pluriennale esperienza maturata in ambito parlamentare a supporto dell’attività legislativa di commissioni e gruppi parlamentari di Camera e Senato. Esperienze pregresse in ambito legale maturate presso l’ufficio giuridico dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e la Direzione Affari legali di ENI SpA. Doppia laurea (Scienze Politiche e Giurisprudenza), collabora con enti territoriali a processi di innovazione turistica del Sud Italia. Critico d'arte e letterario, ha ideato e diretto per 6 anni il festival letterario "San Giorgio. Una rosa, un libro". Fondatrice di "Network Mediterraneo", comitato promotore della candidatura del Tramonto sullo Stromboli come patrimonio dell'Umanità, che ha raccolto l'adesione di 18 comuni calabresi e del Consiglio Regionale della Calabria.

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