Esecutivo comunitario, l’Italia punterebbe all’Economia

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Per il vicepremier Di Maio, gli attuali commissari Ue saranno spazzati via dalle prossime elezioni europee: «saranno un terremoto peggio dello scorso 4 marzo da noi»

«Confido nel fatto che questi commissari e burocrati europei prendano coscienza del fatto che loro politicamente hanno le ore contate, perché alle prossime elezioni europee saranno spazzati via. Questa gente non vedrà mai più il ruolo di commissario nella propria vita, quindi è meglio che lasciano un ricordo positivo adesso, perché le prossime elezioni europee saranno ancora di più un terremoto rispetto a quelle italiane del 4 marzo». Lo ha detto il vicepremier Luigi Di Maio a SkyTg24 parlando delle questioni che oppongono l’Italia all’Unione europea.

Questo, secondo uno dei principali esponenti del cosiddetto governo del cambiamento, perché effettivamente partirà da settembre la grande partita del rinnovo delle cariche delle istituzioni europee e la nuova Italia giallo-verde scalda i motori prospettando la richiesta di avere il posto di commissario agli Affari economici, una candidatura che ora si intreccia con il braccio di ferro su migranti e bilancio comunitario. L’idea di chiedere per l’Italia il commissario all’Economia è stata evocata dall’altro vicepremier nonché ministro dell’Interno, Matteo Salvini, il 19 agosto e ha trovato consenso tra diverse personalità del Movimento 5 Stelle, come ha testimoniato il sottosegretario alla presidenza del consiglio Stefano Buffagni. La candidatura, per ora solo accennata, potrà però essere concretizzata solo nei prossimi mesi, perché prima dovrà scomporsi un mosaico ben più complicato del rinnovo dei cosiddetti big five – presidente della Commissione europea, del Consiglio europeo, del Parlamento europeo, Alto Rappresentante Ue per gli Affari esteri e le politiche della sicurezza e presidente Eurogruppo – a cavallo delle elezioni europee del prossimo anno, a cui si aggiunge, sempre nella seconda metà del 2019 anche la guida della Banca centrale europea.

   Viktor Orbán e Jean-Claude Juncker

La scelta dei candidati è dunque uno degli ultimi tasselli di una partita a scacchi ben più grande, che comincerà con il pronunciamento degli elettori europei a maggio. La prima reazione alla candidatura italiana a Bruxelles, per ora, è stata di estrema prudenza e alcuni Stati membri esprimono aperta ostilità: «Continuando così l’Italia avrà il commissario allo Sport» spiega un diplomatico di uno di questi. Così qualcuno ricorda quanto è accaduto nel 2014 con l’Ungheria. Alle elezioni europee di quell’anno il Fidesz di Viktor Orban ottenne il 51,5% dei voti, una percentuale che avrebbe dovuto garantire al primo ministro ungherese ampio margine di manovra nelle trattative per gli incarichi alla Commissione presieduta da Jean-Claude Juncker, tanto più che il suo partito appartiene alla famiglia politica del Partito popolare europeo (Ppe).

Ma l’ostilità di Orban nei confronti dell’Ue e le sue politiche populiste ebbero molto più peso delle cifre elettorali. Il premier ungherese scelse di inviare a Bruxelles una delle personalità più moderate del suo partito, l’allora ministro degli Estri, Tibor Navracsics. Vista la pressione dell’Europarlamento e di altre capitali, Juncker, decise però di attribuire a Navracsics il portafoglio Educazione, Cultura, Gioventù e Sport. Come se non bastasse, al commissario ungherese vennero sottratte alcune competenze sensibili, come la regolamentazione dei media. Va ricordato infatti, come fa notare una fonte europea, che «il presidente della Commissione ha libertà totale nell’attribuire le competenze ai singoli commissari». Inoltre, «l’Europarlamento gioca un ruolo importante, perché ha la possibilità di bocciare i candidati dei governi», prosegue la seconda fonte: «basta ricordare il caso Rocco Buttiglione».

                          Rocco Butiglione

Scelto nel 2014 dal governo Berlusconi per entrare nella Commissione di Josè Manuel Barroso con il portafoglio Giustizia, Libertà e Sicurezza, Buttiglione venne sfiduciato dall’Europarlamento prima della sua conferma dopo aver dichiarato in un’audizione che l’omosessualità è peccato. Tutti gli osservatori ritengono comunque prematuro discutere dei portafogli della prossima Commissione. Il mandato dell’esecutivo di Jean-Claude Juncker scade il 31 ottobre 2019 e le vere trattative sui commissari inizieranno solo dopo le elezioni europee del maggio del prossimo anno, il cui esito è altamente incerto. I sondaggi registrano una forte progressione dei partiti populisti e anti-europei di destra o di sinistra in quasi tutti gli Stati membri. Nessuno dubita che tra il 2019 e il 2024 saranno più influenti.

Secondo alcuni osservatori, Orban sarebbe tentato da un’uscita dal Partito popolare europeo per guidare un fronte di partiti nazionalisti, di cui potrebbe discutere con Salvini nell’incontro di Milano. Ma non va però dimenticato che nell’attuale legislatura dell’Europarlamento i partiti anti-Ue sono rimasti divisi in diversi gruppi per incompatibilità tra delegazioni nazionali o orientamenti politici. Inoltre, i sondaggi dicono che nel maggio 2019 difficilmente i partiti anti-Ue riusciranno a ottenere la maggioranza dei seggi all’Europarlamento. Secondo le previsioni attuali, salvo sorprese, le tre forze politiche che tradizionalmente dominano nell’assemblea di Strasburgo – Partito popolare europeo (Ppe), Socialista e Democratici europei (S&D) e Alleanza dei Liberali e Democratici europei (Alde) – dovrebbero conservare un numero di eurodeputati sufficiente per continuare a governare l’Ue in una grande coalizione informale.

Alla ripresa dell’attività dopo le vacanze estive, l’attenzione sarà tutta incentrata sui candidati alla presidenza della Commissione. Da lì parte la cascata di nomine, che tocca anche la Banca centrale europea (il mandato di Mario Draghi scade il 31 ottobre 2019). Secondo le indiscrezioni del quotidiano economico tedesco Handelsblatt, la cancelliera Angela Merkel avrebbe rinunciato alla nomina del presidente della Bundesbank Jens Weidmann alla Bce, preferendo per la Germania l’incarico di presidente della Commissione. Merkel avrebbe diversi potenziali candidati per succedere al lussemburghese Jean-Claude Juncker come presidente della Commissione, tra cui la ministra della Difesa Ursula von der Leyen (che ha il vantaggio di essere donna) e il ministro dell’Economia Peter Altmaier (che è stato a lungo il più fidato consigliere alla cancelleria). Un altro nome citato da Handelsblatt è quello del presidente del gruppo del Ppe all’Europarlamento, Manfred Weber.

Secondo il quotidiano tedesco, la presidenza della Bce potrebbe finire a un francese (Francois Villeroy de Galhau o Christine Lagarde), anche se i conoscitori dell’Eurotower scommettono soprattutto sul finlandese Erkki Liikanen. In realtà, per la scelta del prossimo presidente della Commissione molto dipenderà dai risultati di Ppe, Pse e Alde e dalla volontà o meno dei governi di rispettare il sistema delloSpitzenkandidat“. Gli “Spitzenkandidaten” sono i capo-lista dei partiti politici europei. Il sistema era stato introdotto nel 2014 per promuovere una sorta di elezione indiretta del presidente della Commissione. Il capolista del partito europeo che prende più seggi alle elezioni dovrebbe essere scelto automaticamente per dirigere l’esecutivo comunitario. Nel 2014 l’Europarlamento riuscì così a imporre la nomina di Jean-Claude Juncker, capo-lista del Ppe, malgrado le perplessità di diversi capi di Stato e di governo (tra cui Merkel) nei confronti dell’ex premier lussemburghese.

Le cose potrebbero andare diversamente per il suo successore, visto che il Consiglio europeo (l’istituzione che nomina formalmente il presidente della Commissione) ha deciso di non dare il suo consenso esplicito al sistema dello “Spitzenkandidat”. Come Merkel, il presidente francese, Emmanuel Macron, vuole tenersi le mani libere per prendere una decisione dopo le elezioni del maggio 2019 in un pacchetto che, oltre al presidente della Commissione e quello della Bce, include il posto di presidente del Consiglio europeo (attualmente è detenuto dal polacco Donald Tusk, il cui mandato non è rinnovabile). In autunno Ppe, S&D e Alde, ma anche i Verdi europei e l’estrema sinistra della Gue, procederanno comunque alla scelta dei rispettivi “Spitzenkandidat”. Non sono escluse sorprese per l’Italia, che ovviamente entrerà nel grande gioco e potrebbe esprimere alcune sue personalità proprio in questa partita tutta politica.

In molti a Bruxelles ritengono che il presidente dell’Europarlamento, Antonio Tajani, voglia correre con “Spitzenkandidat” del Ppe per prendere il posto di Juncker. La famiglia socialista aveva chiesto a Federica Mogherini di candidarsi, ma l’Alto rappresentante ha declinato per poter portare a termine il suo attuale incarico senza alcun condizionamento. S&D potrebbero puntare sull’attuale commissario agli Affari economici, il francese Pierre Moscovici. I liberali dell’Alde si stanno concentrando sulla commissaria all’Antitrust, la danese Margrethe Vestager, diventata una star con le sue multe per concorrenza sleale o elusione fiscale ai colossi americani del digitale. Il prossimo presidente della Commissione dovrebbe essere scelto dal Consiglio europeo (l’istituzione che riunisce i capi di Stato e di governo dell’Ue) tra giugno e luglio del 2019. Solo allora entrerà nel vivo il negoziato sui commissari e i loro portafogli, che devono essere confermati dall’Europarlamento nell’autunno per entrare in funzione il 1 novembre del prossimo anno.

Rispetto all’ambizione dell’Italia di avere l’economia potrebbe entrare in gioco un altro fattore determinante in settembre e ottobre già di quest’anno, quando il governo Conte dovrà presentare la nota di modifica del Def e il progetto di bilancio. Come spiega una terza fonte, «il posto di commissario agli Affari economici non può andare a chi contesta apertamente le regole del Patto di Stabilità e crescita, per non parlare dell’ipotesi di uscire dall’euro». E ora è entrata nel vivo anche la trattativa sul bilancio comunitario. Se i tempi sono dunque ancora lunghi, è anche chiaro che molto dipenderà dagli equilibri che si saranno stabiliti nella prima metà del 2019, innanzitutto con i risultati delle elezioni europee per il Parlamento e poi con i rapporti tra i singoli Paesi in seno al Consiglio europeo.

 

Nicola Del Vecchio

Foto © Euobserver, European Commission, Express, Ft, EurActiv

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