Il dialogo tra scienza e politica in un mondo in continuo cambiamento

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Il dibattito al CNR: due realtà contrapposte sempre più spinte dalla società a cambiare il paradigma della collaborazione per il bene della comunità e contrastare le fake news

Il nuovo dialogo tra scienza e politica in un mondo in continuo cambiamento: questo è il dibattito del convegno Scienza e Politica: un dialogo difficile ma indispensabile nella società odierna” organizzato dal Think Tank Trinità dei Monti, lo scorso mercoledì 17 gennaio, presso la sala convegni del Centro nazionale delle ricerche (CNR) a Roma. Un panel di confronto tra esperti e cittadini. Tra i relatori Elena Cattaneo senatrice a vita, biologa e farmacologa, l’ambasciatore Gabriele Checchia che in passato ha servito l’Italia presso la NATO e l’OCSE, il vice ambasciatore Ken O’Flaherty del Regno Unito e Pierluigi Testa presidente del Think Tank Trinità dei Monti. Il tutto è stato moderato da Mirella Orsi, Science Writer & Communicator.

Dopo i saluti istituzionali di Massimo Inguscio, presidente del CNR e quelli di Pierluigi Testa presidente del Think Tank, ad aprire il dibattito sul confronto politica e scienza è stata proprio Mirella Orsi. La dottoressa ha evidenziato come ci sia sempre stato un rapporto di diffidenza reciproca tra scienza e politica. Tuttavia, la Orsi ha sottolineato come in passato la collaborazione ha portato a grande benessere per la collettività. Lo ha fatto parlando dell’unita d’Italia del 1861. Infatti, a partire da allora, l’Italia è riesciuta a passare da essere uno Stato agricolo a uno con un tessuto industriale al pari di quello francese o tedesco già all’inizio del primo ventennio del XX Secolo.

A dare il quadro della situazione italiana, la Cattaneo ha portato la sua esperienza in Senato, constatando che l’investimento nella ricerca non è spesso visto dalla politica come rilevante. Una tematica di cui spesso ci si ricorda solo in campagna elettorale. Inoltre, ricordando l’articolo 33 della Costituzione, la senatrice ha rilevato come l’Italia sia ben lontana dalla soglia europea del 3% del PIL da investire nel finanziamento della ricerca. Questo fenomeno, al pari di altri, evidenzia come in Italia ci sia ancora una certa difficoltà nell’assimilare i fondi UE rispetto ad altri Stati membri, cosa che si risolve in una discontinuità dei progetti. Ricerca che non può avere un approccio saltuario nella richiesta dei fondi e che richiede invece continuità di anni.

Sul tema della conflittualità tra scienza e politica, la senatrice ha catturato l’attenzione del pubblico parlando della legge 40, che disciplina la procreazione medicalmente assistita. La legge, impedisce l’uso e la conservazione degli embrioni anche quelli sovrannumerari, che di conseguenza non possono essere usati per ricavare cellule staminali utili alla ricerca per contrastare le malattie. Tuttavia, la legge è molto controversa (con varie sentenze della Corte Costituzionale) e non pone nessun limite all’uso di embrionali di altri Paesi. Così la ricerca italiana è costretta ad esportarne dall’estero, per fortuna senza un aggravio in termini di costi, grazie alla grande cooperazione del mondo della ricerca a livello europeo.

Sul tema scienza/cittadino, la Cattaneo ha esortato il mondo della ricerca al risveglio della propria responsabilità pubblica, così come sia sempre necessaria la comunicazione del ricercatore con il cittadino che, lo ha ricordato, è il committente e destinatario della finalità della ricerca. Per la senatrive ci deve essere «la necessità di riempire gli spazi della conoscenza con la conoscenza, che altrimenti diventano preda di ciarlatani o imbonitori come nel caso del metodo “Stamina” oppure il fenomeno del movimento “No vax”».

La Cattaneo ha concluso il suo intervento, focalizzandosi sulla necessità italiana di un Agenzia nazionale delle ricerche come in altri Paesi europei. Agenzia che abbia il compito di rompere il cordone ombelicale tra la politica e il ricercatore rimuovendo le pratiche clientelari. Il suo obiettivo è garantire che i soldi del cittadino siano spesi scegliendo, tra tutte le idee in competizione, quella migliore. Un’agenzia con la quale il ricercatore non abbia nulla a che vedere. Sull’aspetto dei bandi ci deve essere la necessità che siano accessibili a tutto il mondo della ricerca, senza porre restrizioni dovute all’ente che fa il bando, perché la ricerca è una sola e non importa se a contribuire siano membri del CNR o docenti universitari.

Dal punto di vista anglosassone, il vice ambasciatore britannico Ken O’Flaherty ha esposto il quadro della situazione nel Regno Unito. O’Flaherty ha evidenziato come nel Paese di Sua Maestà scienza e politica siano un binomio fondamentale, soprattutto per contrastare il fenomeno crescente delle fake news. In quest’ambito è stato cruciale dotarsi della figura del Science Advisor, ovvero di quel team che consiglia il primo ministro, sui temi della tecnologia e della scienza, che riguardano il governo. Inoltre costituisce una figura di raccordo tra governo e cittadini che necessitano di un confronto su queste tematiche.

O’Flaherty sui fondi europei ha spiegato che l’efficacia del Regno Unito è dovuta sia alla tradizione dello Stato alla collaborazione internazionale, ma soprattutto al binomio del mondo scientifico con quello dell’industria che porta ai partner un’esperienza teorica e pragmatica. Sul tema della comunicazione, ha sostenuto l’efficacia d’agire in maniera limitrofa al cittadino grazie alla collaborazione governo/medici di base, ma anche grazie all’utilizzo delle fonti digitali. Infatti, se si effettuano delle ricerche sul web nel Regno Unito i primi risultati di ricerca sulle malattie sono di natura governativa. Il che evita al cittadino di incappare in siti di dubbia attendibilità e aumenta la percezione di vicinanza dello Stato.

Riguardo al ruolo dell’OCSE, Checchia ha ricordato che il suo obiettivo è stato quello di guidare i governi, con l’aiuto di personale altamente qualificato e dati più specifici dell’ONU. Con l’obiettivo di rispondere con efficacia alle sfide degli obiettivi del millennio e ai megatrends”. Ovvero tematiche come il cambiamento climatico o l’armonizzare e l’invecchiamento della popolazione con i sistemi pensionistici.

Sulla questione dei fondi europei, Checchia ha spiegato che il ritardo italiano è dovuto a due fattori. Il primo storico/geografico, perché Roma, essendo più distante rispetto alle altre capitali, è meno presente nei processi decisionali. Nel secondo la colpa è da imputare ad un gap linguistico di molte eccellenze nell’esprimersi in modo tecnico in inglese. Checchia auspica ad investimenti linguistici nelle università, finalizzati ad una conoscenza tecnica della lingua che è radicalmente differente da quella parlata in molti casi.

Sul rapporto con la politica Checchia ha concordato con la Cattaneo sulla difficoltà nel comunicare. Infatti, nonostante si portino alla loro attenzione argomenti scientifici forti o comprovati, una visione troppo ideologica delle cose o una fede alla linea del partito ostacola un’azione efficace. Sugli ostacoli posti dalle leggi, egli evidenzia come in Italia ci sia la tendenza della legge ad avvallare determinate pratiche, ma solo dinascosto” per mantenere un certo senso di “coscienza pulita”. Su quest’aspetto cita l’esperienza del nucleare. Dove, nonostante sia stata abbandonata come forma energetica, l’Italia importa molta energia dall’estero prodotta con quel sistema e paga ancora molti soldi per smaltire le scorie prodotte in passato all’estero, quasi come se la vita di chi sta fuori dall’Italia avesse meno valore di chi sta all’interno.

 

James Sekitoleko

Foto © James Sekitoleko

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James Sekitoleko
Cittadino italo-ugandese nato a Roma, Da sempre interessato ai temi della politica, dell’ambiente e soprattutto dell’innovazione digitale che sta cambiando profondamente i modi di vivere nella nostra società. Osservatore attento di Europa ed Unione europea. Persona curiosa a 360 gradi, coinvolto in varie realtà associative.

1 commento

  1. Articolo interessante su un evento che, da come narrato, mi avrebbe fatto piacere assistere. L’idea di un’agenzia nazionale per la ricerca potrebbe essere un punto di svolta per le università del nostro paese, mentre sull’utilizzo dei fondi europei non penso che questioni linguistiche e geografiche siano rilevanti.

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