A due anni dall’istituzione della misura di politica attiva del lavoro (o sussidio?), ecco i primi risultati
Il Reddito di cittadinanza (Rdc) è stato istituito, a decorrere dal mese di aprile 2019. «Quale misura fondamentale di politica attiva del lavoro a garanzia del diritto al lavoro, di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale. Nonché quale misura diretta a favorire il diritto all’informazione, all’istruzione, alla formazione e alla cultura. Questo attraverso politiche volte al sostegno economico e all’inserimento sociale dei soggetti a rischio di emarginazione nella società e nel mondo del lavoro».
L’ottenimento del reddito di cittadinanza per trovare un lavoro
Facendo parte di un sistema più ampio è destinato a introdurre chi è disoccupato nel mondo del lavoro. L’ottenimento del reddito di cittadinanza è, dunque, subordinato ad una serie di doveri che il beneficiario dovrà rispettare. Non si riduce, quindi, soltanto ad un contributo sociale destinato a combattere la povertà.
Risultati e statistiche del sussidio
Le verifiche svolte a fine luglio 2020 hanno evidenziato che a fronte di 1,23 milioni di italiani tenuti a rispettare il patto di servizio (e dunque arruolabili per un lavoro) solo 710mila persone (pari al 57,8% del totale complessivo) erano state convocate per la prima volta presso i centri per l’impiego. A loro volta appena 318.221 erano stati i patti sottoscritti. Mentre alla fase successiva (quindi quella operativa dopo la sottoscrizione del patto) erano arrivate solo 174.857 persone.
Senza considerare le truffe di chi ha incassato il reddito di cittadinanza pur non rientrando nei requisiti.
Quale futuro?
Per questo, sebbene l’ex ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Danilo Toninelli la consideri una riforma di fondamentale importanza poichè «Se non ci fosse stato il reddito di cittadinanza oggi circa tre milioni di cittadini italiani sarebbero in mezzo ad una strada», rimangono dei dubbi sulla possibilità che si possano offrire delle opportunità di lavoro a milioni di disoccupati se il sistema non genera opportunità.
Come sostiene Edmund Phelps, premio Nobel per l’economia nel 2006, per combattere la povertà servirebbero politiche fiscali con da una parte, l’aumento dei salari minimi, che spingano le persone verso il mondo del lavoro piuttosto che alla ricerca di un sussidio, e dall’altra, l’incremento della produttività del lavoro e l’incentivazione a nuovi investimenti delle imprese, per favorire la creazione di nuova occupazione.
Rossella Vezzosi
Foto © Treviso today, Blog finanza