Brexit, cosa è cambiato dal 1° gennaio 2021

0
572

Dopo quattro anni di difficili negoziati, è arrivato l’accordo che scongiura il no deal. I conservatori celebrano l’autonomia dall’Ue, l’opposizione mette in guardia sui rischi economici

Dopo oltre quattro anni di trattative, stalli, speculazioni, previsioni, rischi di un mancato accordo dalle potenzialità catastrofiche, Regno Unito e Unione europea hanno trovato in extremis l’intesa sulla Brexit, che sarebbe comunque diventata ufficiale dal 1° gennaio 2021.

Il compromesso

Anche se secondo i fautori della Brexit un brutto accordo sarebbe stato peggiore del temuto no deal, di fatto le parti in causa hanno lavorato per scongiurare la seconda ipotesi. E, se da una parte resta la tristezza per aver perso un membro importante dell’Ue, dall’altra c’è almeno il sollievo per la conclusione positiva dei negoziati che, per quanto possibile, accontentano tutti.

La Gran Bretagna voleva maggiore autonomia in materia di immigrazione, commercio, soprattutto con i Paesi extra-Ue, e aiuti di Stato. L’Europa, oltre agli aspetti economici, era interessata anche a tematiche di cooperazione internazionale, come la ricerca, l’intelligence, l’ambiente.

Paradossalmente è stato più difficile sintetizzare le diverse posizioni sulla pesca, più per una questione di principio, di sovranità. L’Ue andrà così a ridurre progressivamente la presenza di pescherecci in acque territoriali britanniche.

Per quanto riguarda la gestione della separazione invece, il timore era che il Regno Unito potesse applicare normative più permissive verso le proprie aziende, minando la concorrenza leale.

I vaccini

La questione dei controlli è stata subito evidente, con l’approvazione anticipata dei vaccini contro il Covid-19 firmati Pfizer e AstraZeneca, che il Regno Unito ha iniziato a somministrare qualche settimana prima dell’Unione europea. Il segretario alla Sanità Matt Hancock ha tenuto a precisare che «facciamo tutti gli stessi controlli di sicurezza, ma siamo stati in grado di velocizzarli grazie alla Brexit», sostenuto a ruota da Jacob Rees-Mogg, leader della Camera dei Comuni.

Ma non è del tutto vero, visto che la Gran Bretagna ha comunque fatto ricorso a una legge autorizzata dall’Agenzia europea dei medicinali (EmaEuropean Medicines Agency), che dà la possibilità a singoli Paesi di avviare misure di emergenza per distribuire temporaneamente vaccini per l’uso nazionale, derogando all’articolo 4 del TFEU, Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, sulla condivisione delle competenze tra Stati e organismo sovranazionale. Ad esempio, è stato concesso all’Ungheria di poter iniziare a somministrare il vaccino russo.

Non a caso il premier Boris Johnson non si è mai espresso in maniera chiara sulla decisività della Brexit per le tempistiche della distribuzione dei vaccini, limitandosi a ringraziare il Sistema Sanitario Nazionale e la taskforce impegnata in merito. La dottoressa June Raine dell’Agenzia regolatrice inglese dei farmaci (MHRA) ha dichiarato che «la velocità è dipesa dalla disponibilità di dati, dalla valutazione rigorose e i consigli indipendenti ricevuti».

Maggiore autonomia

Al di là dell’influenza o meno della Brexit sui vaccini, il governo celebra l’essersi svincolati dall’Europa. Johnson parla di «libertà nelle nostre mani» e assicura che ora che il lungo processo di uscita dall’Ue si è concluso, «le cose andranno diversamente e meglio. Stiamo creando il potenziale trampolino per il rilancio».

Il negoziatore capo, Lord David Frost, ha parlato del Regno Unito come di un Paese «di nuovo pienamente indipendente». Gli fa eco il partito conservatore attraverso David Jones, «possiamo dire ora che la Gran Bretagna è chiaramente uno Stato sovrano».

Non tutti la pensano alla stessa maniera, per i sostenitori del remain le cose, fuori dall’ombrello europeo, andranno peggio. Il primo ministro scozzese Nicola Sturgeon già immagina una Scozia indipendente e nuovamente nell’Ue, come scrive su Twitter. Il ministro degli Esteri irlandese Simon Coveney afferma che «non c’è nulla da festeggiare» e che le relazioni tra i due Paesi saranno diverse, ma comunque «augura ogni bene».

Il presidente francese Emmanuel Macron rinnova «amicizia e alleanza» con i britannici, ma sostiene che «la scelta è stata figlia del malessere e di molte bugie e false promesse». Ad ogni modo, nell’Ue pensano che ci saranno problemi per entrambe le parti, su servizi finanziari e bancari e sulla cooperazione internazionale.

I cambiamenti

Finisce la libera circolazione tra Ue e Regno Unito, sostituita da un sistema di immigrazione basato su punteggi. Nessuna conseguenza invece per gli europei che a fine 2020 erano già residenti in Gran Bretagna e viceversa.

Le permanenze comprese tra i tre e i sei mesi necessiteranno ora di un visto. Esattamente come avviene con tutti gli altri Paesi del mondo. Per i viaggi sotto i tre mesi, non servirà il passaporto ma continuerà a bastare la carta di identità. Sarà però necessaria un’assicurazione di viaggio, pena la possibile esclusione da cure mediche gratuite. Il governo si è impegnato a istituire una carta assicurativa globale nazionale che rimpiazzerà quella europea.

Allo stesso modo, non sarà più valido il sistema europeo di passaporti per animali domestici, bisognerà quindi adeguarsi a quello del Paese di destinazione. Termina anche il programma di scambio universitario Erasmus con la Gran Bretagna.

Rimane il duty-free aeroportuale reciproco, con un limite di 42 litri di birra, 18 di vino e 200 sigarette esentasse. Per permettere un graduale adeguamento, il Regno Unito rimanderà di sei mesi molti dei controlli, mentre l’Unione europea li ha attuati da subito.

La polizia britannica ha perso la possibilità di accesso immediato ai database europei per precedenti penali, impronte digitali e criminali ricercati.

I produttori britannici avranno accesso al mercato europeo senza tariffe, quindi non ci saranno tasse sulle importazioni di beni tra Regno Unito e continente. Inoltre il Paese potrà negoziare nuovi accordi con altre Nazioni extraeuropee, come Stati Uniti, Australia e Nuova Zelanda.

Spagna e Gran Bretagna hanno raggiunto un accordo bilaterale, ora da formalizzare, per quanto riguarda i confini di Gibilterra, formalmente britannica ma in territorio spagnolo. Il primo ministro di Gibilterra Fabian Picardo ha dichiarato che l’abolizione dei controlli alla frontiera preverrà dalla creazione di lunghe e fastidiose code.

L’Irlanda del Nord continuerà a seguire parte delle regole europee, per evitare un rafforzamento del confine con l’Irlanda in violazione degli accordi del 1998, volti a contrastare il sanguinoso periodo di terrorismo.

La reciprocità

Sebbene al momento gli accordi prevedano vantaggi reciproci, non è detto che le cose restino così: Una delle parti potrà attivare una disputa per introdurre eventuali cambiamenti e tariffe.

Le criticità

Molti aspetti restano un’incognita per l’economia britannica. I costi burocratici e le certificazioni aggiuntive che serviranno per lo scambio di merci e servizi rischiano di aggravare seriamente un settore che costituisce l’80% circa dell’economia del Regno Unito.

A questo si aggiungono le lunghe trafile alla frontiera, che rallenteranno il traffico di porti e aeroporti, con probabili disagi.

«Altre questioni emergeranno solo con il tempo», prevede Ulrich Hoppe, direttore generale della Camera di Industria e Commercio anglo-tedesca. «Penso che abbiamo sottostimato l’interdipendenza tra economie europee».

 

Raisa Ambros

Foto © architectsjournal.co.uk; theguardian.com; bbc.com; express.co.uk; ft.com; europarl.europa.eu; dhl.com

Articolo precedenteReddito di cittadinanza: qual è il bilancio?
Articolo successivoLo spirito di Francesco in Israele
Raisa Ambros
Giornalista pubblicista specializzata in geopolitica, migrazioni, intercultura e politiche sociali. Vive tra l’Italia e l’Inghilterra. Sceneggiatrice, autrice televisiva e conduttrice di programmi TV con un’esperienza decennale in televisione, Raisa è stata parte del team di docenti nel corso di giornalismo “Infomigranti” a Piuculture, il settimanale dove ha pubblicato e svolto volontariato di traduzione. Parla cinque lingue e viene spesso invitata nelle conferenze come relatrice sulle politiche di integrazione.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui