I ristoratori italiani sono allo stremo, dal 6 aprile in 1.200 apriranno a pranzo e a cena

0
879
I ristoratori italiani sono allo stremo

Ristoranti, bar, pizzerie, pub: i piccoli imprenditori di MIO decisi ad andare contro le restrizioni: «Non abbiamo più nulla da perdere»

Come avevamo segnalato per primi ieri sull’altro nostro portale, eurocomunicazione.eu, i ristoratori italiani (e non solo loro) sono allo stremo. Stanno fallendo, uno dopo l’altro. Da un anno, in Italia, a causa del lockdown, delle restrizioni, di chiusure-aperture-chiusure decise all’ultimo istante, del coprifuoco serale, registrano incassi vicini allo zero. Non hanno liquidità per coprire i costi fissi e gli eventuali canoni di affitto, né per saldare i prestiti bancari. Nulla. I ristori statali rappresentano un’inezia per chi deve sostenere un’impresa.

Così i piccoli imprenditori del comparto dell’ospitalità a tavola (Horeca per gli addetti ai lavori) che gestiscono ristoranti, bar, pub, pizzerie, associati al Movimento Imprese Ospitalità (MIO Italia), a sua volta aderente a Federturismo Confindustria, hanno deciso di tentare l’ultima carta. Ormai allo stremo, «perso per perso», apriranno le porte ai clienti, a pranzo e a cena. Mattina, pomeriggio, sera. Sempre. Dal 6 aprile in poi, primo giorno utile dopo Pasqua e giorno di scadenza del Dpcm vigente.

Non è una protesta ma un atto di sopravvivenza

Attenzione a derubricarla a una semplice protesta, come ce ne sono già state, con ristoratori che aprivano i locali per accendere i riflettori sul dramma del comparto. Questa volta è diverso. «Nessuno di noi ha più nulla da perdere», spiega Paolo Bianchini, presidente di MIO. Ergo, «di fronte al funerale certo di bar, ristoranti, pizzerie, pub, il nostro direttivo, domenica 21 marzo s’è riunito per deliberare l’unica opzione possibile, una scelta obbligata: andare contro le norme e aprire, seguendo tutte le misure anti-Covid, ma aprire. A pranzo e a cena». Una questione di sopravvivenza, quindi. Gli associati di MIO sono 1.200 in Italia, di cui 300 a Roma e nel Lazio. Ad essi, da oggi al 6 aprile, se ne aggiungeranno altri. Le adesioni, infatti – comunicano da MIO – «stanno già arrivando».

Il decreto Sostegni che non «sostiene»

I ristoratori di MIO Italia non si sentono più padroni del loro presente, del futuro e di quello delle rispettive famiglie. «Con l’ultimo decreto Sostegni – lamentano –  è stata prevista meno di una elemosina, fra l’altro in arrivo dopo il 10 aprile». Da una parte, quindi, i piccoli imprenditori continuano a registrare incassi zero, essendo chiusi, dall’altra devono continuare a saldare i costi fissi, tra cui i canoni di affitto, molto alti per i locali nei centri storici delle città d’arte. Nel frattempo, prosegue lo stillicidio di fallimenti, come la notifica degli sfratti esecutivi e le conseguenti convocazioni in tribunale.

Eccellenze gastronomiche in fumo

Il dato oggettivo è che l’Italia sta perdendo, una dopo l’altra, aziende importanti, con tradizioni secolari, che complessivamente creavano il 30 per cento del Prodotto interno lordo, attraendo flussi turistici. E al danno si sta aggiungendo la beffa. Lo ha denunciato sempre Paolo Bianchini: «I ristoratori, tutti in estreme difficoltà, fra cui locali con citazioni sulle più autorevoli guide enogastronomiche, stanno ricevendo proposte da parte di grandi catene di delivery. Si tratta di utilizzare le loro cucine per riscaldare in franchising cibi precotti e surgelati da mettere nel contenitore e consegnare poi a domicilio». Come dire, i nostri ristoranti li teniamo chiusi, però spianiamo la strada a chi produce e distribuisce junk food. Il suicidio del Belpaese.

La proroga delle moratorie sui prestiti

Mio Italia ha pronto un Piano articolato in dieci punti per tutelare e rilanciare il settore, o quel che ne rimarrà da qui a breve. Per ora le proposte non sono state recepite. Fra queste c’è anche quella di prorogare le moratorie sulla restituzione dei 300 miliardi di euro di prestiti bancari alle imprese e alle famiglie, in scadenza alla fine di giugno prossimo. «La scadenza andrebbe portata almeno al 31 dicembre prossimo», afferma Paolo Bianchini. Anche Antonio Patuelli, presidente dell’Abi, ha sollevato il problema, interessando il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni. Per la Fabi, a giugno si prevede il rischio di dissesto finanziario per 2,7 milioni di imprese e famiglie.

Perso per perso, apriamo tutti

Questo è il quadro, a tinte fosche. E i ristoratori, inascoltati, colpevolizzati, vessati e penalizzati, non vedono vie d’uscita. Senza incassi e senza ristori, l’unica possibilità è contare sulle proprie forze, cioè lavorare, produrre, creare ricchezza per sé stessi e il Paese. E così torniamo alla base. «Perso per perso – dicono – noi, dal 6 aprile, quando scadrà l’attuale Dpcm, riapriremo. Punto».

 

Leo Agabiti

 

 

Articolo precedenteTrasformazione digitale, Francesca Agostino alla presidenza del Comitato etico Entd
Articolo successivoMyanmar, lo sciopero del silenzio

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui