Vigilanza delle frontiere Ue, l’Italia spende molto ma incassa poco

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Frontiere Ue

Il 75% dei diritti doganali riscossi dai Paesi membri finanziano il bilancio Ue, mentre il 25% viene trattenuto dallo Stato. Il commento personale di Alessandro Butticé, Generale della Guardia di Finanza in congedo

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Avvertenza dell’Autore: questo articolo era stato pubblicato oggi, 8 dicembre 2022, da una importante testata on line nazionale. Che lo ha anche diffuso attraverso i suoi social. Sono stato avvertito da molti miei lettori che sia l’articolo che il Tweet nel pomeriggio sono stati rimossi dal sito e da Twitter. È la seconda volta che ciò mi accade, con due testate diverse, dopo aver pubblicato argomenti in materia doganale. Rispetto, anche se non condivido, la decisione insindacabile del direttore della testata. Ma non posso evitare di pensare che questo articolo non sia gradito da qualcuno. Ringrazio dunque Eurocomunicazione per l’ospitalità e, soprattutto, per il suo coraggio di fare vera e libera informazione, dando piena attuazione all’articolo 21 della Costituzione.

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La decisione 70/243 del Consiglio, del 21 aprile 1970, relativa alla sostituzione dei contributi finanziari degli Stati membri con risorse proprie delle Comunità, ha consentito alla Commissione europea di iniziare a riscuotere risorse proprie per finanziare il bilancio dell’Ue anziché affidarsi interamente ai contributi finanziari degli Stati membri. Le prime risorse proprie del bilancio dell’Unione europea sono state i prelievi agricoli, i dazi doganali e una risorsa basata sull’Iva.

I dazi doganali sono definiti Risorse proprie tradizionali (Rpt) in quanto sono sempre esistiti come fonte diretta di entrate per il bilancio dell’Ue. A differenza dell’Iva e dei contributi nazionali, che sono messi a disposizione del bilancio dagli Stati membri.

I dazi doganali derivano dalle politiche commerciali. Vengono imposti sulle importazioni di prodotti da Paesi non appartenenti all’Ue secondo aliquote determinate nella tariffa doganale comune.

Come funziona in dettaglio il sistema di riscossione e versamento al bilancio Ue delle Rpt?

Gli Stati membri sono responsabili della riscossione dei dazi doganali, conformemente alle norme stabilite dal regolamento del Consiglio recante modalità di esecuzione della decisione sulle risorse proprie. Ciò significa che essi devono disporre di un’adeguata infrastruttura di controllo per garantire che le loro amministrazioni, in particolare le loro autorità doganali, svolgano i loro compiti in modo adeguato.

Nel periodo 2021-2027 gli Stati membri trattengono il 25% dei dazi doganali riscossi a titolo di spese di riscossione. Anche se ciò, nelle intenzioni del legislatore europeo, serve anche da incentivo a garantire una riscossione diligente degli importi dovuti.

Ma della riscossione fanno parte anche le misure di controllo e le strutture di vigilanza dei confini doganali dell’Ue messi in atto e di cui dispongono i singoli Stati membri. Che come noto sono molto eterogenei, secondo le frequenti denunce pubbliche di Parlamento e Corte dei conti europei.

Questa diversità dei sistemi di controllo e dei mezzi di vigilanza doganale delle frontiere pone quindi un interrogativo sull’equità di una quota (del 25%) uguale per tutti gli Stati membri. Indipendentemente dall’efficacia, e quindi anche dal costo, dei mezzi messi a disposizione (a spese dello Stato) per vigilare le frontiere esterne, e quindi il territorio doganale comune, dell’Ue.

L’iniquità di tale misura è accentuata dal fatto che Stati membri con lunghezza limitata delle frontiere Ue da vigilare, incamerano somme superiori a quelli incamerati da quelli con frontiere esterne molto più ampie e sensibili. Come, in modo particolare, quelle marittime.

Farò alcuni esempi, e li rapporterò alla situazione dell’Italia.

Germania, Belgio e Paesi Bassi

La Germania, con solo la frontiera con la Svizzera e 2.389 Km di frontiera esterna marittima da vigilare, grazie soprattutto al porto di Amburgo, nel 2019, secondo i dati di Eurostat, ha effettuato importazioni di merci per 367 miliardi di euro, riscuotendo 4,1 miliardi €, dei quali ha trattenuto, quali “spese di riscossione”, 1 miliardo di €.

Il Belgio, con solo 66 Km di frontiera esterna marittima da vigilare, grazie prevalentemente al porto di Anversa, nel 2019 ha effettuato importazioni di merci per 136 miliardi di euro, riscuotendo 1,6 miliardi €, dei quali ha trattenuto, quali “spese di riscossione”, 400 milioni di €.

I Paesi Bassi, con solo 451 Km di frontiera esterna da vigilare, grazie prevalentemente al porto di Rotterdam, ha effettuato importazioni di merci per 311 miliardi di €, riscuotendo ben 2,7 miliardi, dei quali 700 milioni sono andati al proprio bilancio nazionale.

E l’Italia?

Frontiere UeInnanzitutto, va osservato che l’Italia, a differenza di molti stereotipi, è stata spesso citata come esempio virtuoso della lotta alla frode in danno degli interessi finanziari dell’Ue. Compreso il contrabbando doganale che ne costituisce una delle forme. E questo grazie a un sistema giudiziario e di polizia dotati di mezzi investigativi molto sofisticati (si pensi ad esempio alle intercettazioni telefoniche e ambientali), utilizzati anche per questo tipo di reati. Ma soprattutto per il fatto di disporre di una polizia economicofinanziaria che ci è invidiata da molti: la Guardia di Finanza. Corpo che, forte di un organico di oltre 60.000 unità, dispone della più grande e moderna flotta aeronavale di polizia dell’Ue, dedicata principalmente proprio alla lotta al contrabbando doganale. Arsenale operativo cui si aggiungono quelli delle altre forze di polizia e di ADM, l’Agenzia Accise, Dogane e Monopoli. Interamente a carico del bilancio dello Stato.

Bene, a fronte di questo enorme, ma anche oneroso, dispositivo messo in campo dall’Italia per vigilare oltre 7.000 km di frontiere esterne marittime, oltre al confine con la Svizzera, e delle Rpt dell’Ue, il nostro Paese, sempre nel 2019, ha effettuato l’importazione di merci per soli 172 miliardi di euro (poco più di quelle importate dal Belgio, e poco più che la metà di quelle importate dalla Germanie e dai piccoli Paesi Bassi). Riscuotendo unicamente 1,8 miliardi di € di dazi doganali, dei quali solo 500 milioni di € sono andati a beneficio del bilancio nazionale.

Eccesso?

Poca cosa quindi per risarcire lespese di riscossioneche comprendono anche il costo della vigilanza in mare e sul territorio nazionale che, dal 1774, è effettuato in Italia dalla Guardia di Finanza. Nata proprio come polizia di vigilanza doganale delle frontiere. Al quale si aggiunge da qualche tempo – e questa è una particolarità tutta italiana, in periodo di grandissima crisi economica – quello della strisciante “militarizzazione” di ADM da parte dell’attuale direttore generale, Marcello Minenna. Che dopo aver messo i doganieri in uniforme (frustrando per questo buona parte del personale) li ha dotati di coreografici mezzi terrestri e navali. Dando l’impressione di volerli sovrapporre, se non duplicare, a quelli della Guardia di Finanza. Quando dalle Dogane italiane, in un Paese già superdotato di forze di polizia e di sicurezza, ci si attenderebbe che svolgessero la funzione di agevolare gli scambi con procedure di importazione più rapide e fluide.

Interessi nazionali

In un periodo in cui, a giusto titolo, si vorrebbero proteggere maggiormente gli interessi nazionali, pur senza dover mettere in discussione la nostra appartenenza all’Ue, né il doveroso rispetto delle sue regole, ci si chiede perché nessun Governo abbia sinora cercato di modificare questo sistema di ristoro delle “spese di riscossione”.  È forse venuto il momento che l’Italia lo faccia. Magari cercando alleanze con Paesi come la Spagna, la Polonia e la Grecia, che hanno maggiori frontiere esterne da proteggere dai traffici illeciti. E proponendo quindi a Commissione e Consiglio che alla percentuale fissa del 25% sia magari applicato un coefficiente correttore che premi i migliori sistemi di vigilanza e indagini anticontrabbando. E penalizzi eventualmente i meno efficaci. Ma che, quanto meno, rapporti il tasso di Rpt destinato a risarcire le “spese di riscossione” alle dimensioni delle frontiere esterne da proteggere.

A proposito della evidenziata eterogeneità dei sistemi anti-contrabbando esistenti nei diversi Paesi membri, va ricordato che i porti olandese di Rotterdam e belga di Anversa sono noti per essere dotati di sistemi di controllo tra i meno incisivi. E quindi tra i più permeabili ad ogni tipo di traffici illeciti.

JeanLuc Albert (“L’Unione doganale, le apparenze di una storica solidarietà europea”, in Gestion & Finances Publiques 2017/4), ha messo ad esempio in evidenza che le dogane del Benelux, e in particolare quelle olandesi, “sono spesso messe in discussione dai loro partner europei per la loro capacità di controllare il flusso di merci attraverso i loro porti e aeroporti. La concorrenza tra i porti di Anversa e Rotterdam per la conquista di quote di mercato ha portato a una riduzione del numero e dell’efficacia dei controlli”.

Un giusto connubio

Nella sua relazione speciale 2021 “Controlli doganali: l’insufficiente armonizzazione nuoce agli interessi finanziari dell’Ue”, la Corte dei Conti dell’Unione europea ha constatato invece la difficoltà per le autorità doganali di trovare l’equilibrio tra la necessità di agevolare gli scambi con procedure di importazione più rapide e fluide e l’esigenza di applicare i controlli doganali, tenendo conto delle risorse disponibili nel proprio Paese.

In un audit, la stessa Corte dei conti europea aveva constatato che «gli Stati membri sono disincentivati a eseguire controlli doganali. In effetti, i Paesi membri che eseguono i controlli doganali spesso finiscono col subire le conseguenze finanziarie delle proprie azioni se non riescono a recuperare i dazi dovuti dagli importatori. Quelli che non li eseguono potrebbero non subire alcuna ripercussione negativa. Per ottimizzare le loro attività, gli importatori potrebbero dar preferenza a punti di ingresso con meno controlli doganali».

Tali constatazioni rendono urgente la necessità che l’Italia difenda meglio i propri interessi sui tavoli di Bruxelles. E in questo ADM potrebbe giocare un importante ruolo. Come già detto, cominciando dal ricercare le giuste alleanze a livello del Consiglio con altri Stati Membri, penalizzati assieme all’Italia da questo poco equo sistema di rimborso delle “spese di riscossione” delle Rpt.

Risorse proprie tradizionali

Da non dimenticare infine che le Rpt sono messe a disposizione della Commissione mensilmente, due mesi dopo l’accertamento del diritto. E che gli Stati membri devono comunicare alla Commissione l’importo delle Rpt da accreditare sul conto mediante un prospetto dettagliato dei diritti. Ma soprattutto che qualsiasi ritardo nella messa a disposizione delle Rpt alla Commissione dà luogo al pagamento di un interesse.

Frontiere Ue

In altre parole, i Paesi membri sono finanziariamente responsabili delle perdite di Rpt dovute a loro possibili errori amministrativi. E questo fatto, a fronte di recenti e forse un po’ trionfalistici annunci pubblici da parte di ADM di accertamenti doganali quasi raddoppiati negli ultimi due anni, ci pone qualche preoccupazione. Perché se quelle somme accertate (che non vuol dire incassate) non saranno effettivamente incassate dalle dogane italiane – magari dopo lunghi ricorsi e procedure giudiziarie contro verbalizzazioni che potrebbero risultare essere anche eccessive se non temerarie – il rischio è che a rifondere il bilancio Ue sia poi quello dello Stato. Che per l’Italia significa il solito e ignaro Pantalone.

 

Alessandro Butticé

Foto © Ufficio Pubblicazioni Unione europea, Guardia di Finanza, ADM, Unione europea, Facebook

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Da sempre Patriota italiano ed europeo. Padre di quattro giovani e nonno di quattro giovanissimi europei. Continuo a battermi perché possano vivere nell’Europa unita dei padri fondatori. Giornalista dall'età giovanile, poi Ufficiale della Guardia di Finanza e dirigente della Commissione Europea, alternando periodicamente la comunicazione istituzionale all’attività operativa, mi trovo ora nel terzo tempo della mia vita. E voglio viverlo facendo tesoro del pensiero di Mário De Andrade in “Il tempo prezioso delle persone mature”. Soprattutto facendo, dicendo e scrivendo quello che mi piace e quando mi piace. In tutta indipendenza. Giornalismo, attività associative e volontariato sono le mie uniche attività. Almeno per il momento.

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