Creed corre anche senza Rocky

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Creed

Nel terzo capitolo della saga dedicata al figlio di Apollo Creed le novità della regia del protagonista e l’assenza di Stallone

La risposta positiva del botteghino – domina ancora gli incassi in cima alla top ten dei film più visti da quando è uscito nelle sale – per il nuovo Creed III forse è la più eloquente, vista la domanda che tutti gli amanti del pugile che ha avuto più successo nella storia cinematografica si facevano per una saga che per la prima volta non vedeva la presenza – nemmeno per un minuto – di colui che ha reso celebre la boxe a livello filmico. Sylvester Stallone non c’è, col suo Rocky Balboa, eppure la terza puntata della storia del figlio del suo primo rivale e poi allenatore/amico Apollo Creed è completamente permeata da ogni film della saga, quasi a non voler veramente spiccare il volo e rendersi autonomo da una storia che ha sempre appassionato milioni di persone in tutto il Mondo.

Qualcosa manca però

Tutto vero, ma il primo giudizio non può esimersi su ciò che rimane una volta visto il film: la morale che spesso lasciavano le precedenti del franchise stavolta è stravolta. Non abbiamo più un perdente nella vita che grazie all’impegno e alla voglia di rivalsa si redime. Stavolta è il contrario. Volendo estremizzare il pensiero sembra quasi che l’intenzione degli sceneggiatori sia quella di rimettere in discussione tutto, per rendere più attinente alla realtà la vita dei protagonisti. E oltre al figlio di Apollo la rivincita se la prenderebbe anche il padre, diventato ricco e famoso con una bella famiglia alle spalle, rispetto al brutto povero e con precedenti malavitosi messo in scena da Stallone.

Amici/nemici e il passato che ritorna

Al centro di Creed III c’è il perdono. Perdono verso sé stessi e verso gli altri. «Non importa chi sei o quale sia la tua situazione, puoi superare il tuo passato, puoi superare qualsiasi ostacolo», dichiara il regista e protagonista del film, Michael B. Jordan. Ma il perdono questa volta non è delbuono“, bensì delcattivo“. Ed è eloquente come sia lui a spiegare alla fine all’amico/nemico le ragioni del perché debba superare quell’abbandono e fuga che da ragazzino aveva fatto mollando l’amico che, nella situazione precaria e violenta del riformatorio in cui erano cresciuti, lo aveva protetto.

Una vita serena e agiata

Certo il protagonista, Adonis Creed, preso dal rimorso di aver avuto una brillante carriera e una soddisfacente vita privata dopo aver imparato molto dall’amico d’infanzia, prova a restituirgli un’occasione. E Damian (Jonathan Majors), ex prodigio della boxe, dopo aver scontato una lunga pena in prigione, è ansioso di riprendersi ciò che considera suo, chiedendogli di aiutarlo a ritornare sul ring, visto che nel frattempo l’amico ha appeso i guantoni al chiodo. Una situazione simile a quella della moglie Bianca, interpretata ancora una volta da Tessa Thompson, con una carriera musicale di successo che passa alla produzione, mentre quella di Adonis da ex campione del mondo dei pesi massimi a responsabile della palestra Delphi Academy che sforna nuovi campioni, insieme al suo allenatore. Una vita serena e agiata, nonostante i problemi dell’amata giovane figlia Amara e della madre adottiva Mary-Anne, ritratta nuovamente da Phylicia Rashad.

Ego, fiducia e scontro tra uomini

Normalità che viene assolutamente stravolta dall’arrivo del vecchio amico, che destabilizza la vita di Adonis nel lavoro, negli affetti e persino nel proprio ego. Per regolare i conti, il campione deve rimettersi in gioco, rischiando non solo il suo futuro, ma di mandare a monte la fiducia con la madre in fin di vita, con la moglie, con l’allenatore di una vita e tutti i campioni che si sono iscritti alla sua palestra. «Volevo che il mio film affrontasse anche i problemi della mascolinità tossica, e le conseguenze sul non affrontare il proprio passato, evitando di parlarne e non approfondendo i traumi e le relative ferite».

Prossima combattente la nipote di Apollo?

In questo Michael B. Jordan è riuscito bene, coinvolgendo lo spettatore nel confronto interiore tra Adonis e Damian, che si riflette nella drammatica coreografia del combattimento finale. Compreso un “isolamento” delle loro anime dal pubblico come se fossero soli, in un ipotetico scontro da giorno del giudizio. Idea ripresa nel ritorno finale con la ricomposizione familiare, chiaro richiamo alla sfida senza nessuno che li segue tra Rocky e Apollo del terzo film su Balboa. Ma qui l’outsider è la figlia di Adonis, probabile aspirante protagonista di una nuova saga, ricalcando le gesta della primogenita di Muhammad Ali. Così come quella che pare si stia considerando per il figlio di Ivan Drago Viktor (Florian Munteanu), che torna dopo Creed II ma questa volta per aiutare Adonis a riprendere il titolo.

Veri boxeur come interpreti

Rispetto alla prima saga su Rocky c’è da sottolineare infine come continui la tradizione iniziata col primo Creed di avere attori interpretati da reali pugili, accogliendo volti noti e voci famose facenti parte di entrambi i lati delle corde. Tra questi il campione di guanti d’oro dei pesi welter José Benavidez, nei panni del campione Felix Chavez, fugaci apparizioni di Anthony Bellew che ritorna nei panni di “Pretty” Ricky Conlan e il già citato Florian Munteanu nei panni di Viktor Drago, insieme a Canelo Álvarez, Patrice “Boogie” Harris, Ann “Mitt Queen” Najjar, Jacob “Stitch” Duran, Terence Crawford, Bobby Hernandez, Yahya McClain, Lamont Lankford, Corey Calliet e un elenco di arbitri e telecronisti che gli appassionati di questo sport riconosceranno facilmente.

 

Nicola Del Vecchio

Foto © Warner Bros e Metro-Goldwyn-Mayer Pictures Inc.

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