Emergenza immobiliare primo problema del governo irlandese

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L’astensione di parte delle opposizioni sarà determinante, l’accordo raggiunto venerdì favorisce il ruolo del parlamento e le politiche sociali

I liberali del Fine Gael resteranno in carica nonostante più del settanta per cento degli elettori li abbia congedati, tali l’attendismo del suo avversario storico, il Fianna Fáil, e la frammentazione delle sinistre. In base ad un accordo con gli avversari del FF, che si sono astenuti, il 6 maggio, venerdì sera, è nato un governo di minoranza a guida Fine Gael che ha meno di un terzo del Dáil Éireann, la camera del parlamento irlandese, e un solo quarto del voto dei cittadini: ci sono voluti due mesi e mezzo, dopo il pareggio dei due partiti maggiori (la cui somma si è ridotta alla metà dei voti espressi). Nelle elezioni del 26 febbraio è emersa anche una sinistra alternativa pari a circa un terzo dell’elettorato, se si sommano la sinistra repubblicana, cioè lo Sinn Féin, con l’Anti Austerity Alliance-People Before Profit, i Social Democratici e molti eletti da indipendenti. Altro discorso per Labour e Verdi, gruppi vicini al Centro che per ora restano fuori dal governo.

DSC_0932La divisione storica di Fine Gael e Fianna Fáil sui due lati opposti della barricata sfuma, alcuni hanno anche ipotizzato coalizioni tra FG e FF per formare una sorta di Centro o Centrodestra moderato, cui si contrapporrebbe un emergente Sinn Féin alleato con le altre sinistre radicali. La realtà è tuttora diversa per gli elettori del Fianna Fáil, che anche solo nell’astensione sono stati trascinati di peso. I 43 deputati votanti del FF più i 2 Verdi e 4 degli indipendenti (Michael Healy Rae, Maureen O’Sullivan, Micheal Fitzmaurice, Noel Grealish) con la loro neutralità hanno permesso il lancio del governo di minoranza del Fine Gael. Enda Kenny torna premier con 59 voti contro 49, in una camera di 158 deputati: oltre al suo partito (che conta su 50 rappresentanti) lo hanno votato 5 dei 6 indipendenti riunitisi nella Independent Alliance (Finian McGrath, Shane Ross, Sean Canney, Kevin ‘Boxer’ Moran, John Halligan) e 2 dei 5 indipendenti riunitisi nel Rural Independents (Michael Harty e Denis Naughten), più Michael Lowry e Katherine Zappone, non allineati. Contro il nuovo governo hanno votato lo Sinn Féin (23 eletti), i 7 Laburisti, i 3 Social Democratici, i 6 movimentisti dell’Anti Austerity Alliance-People Before Profit, i 4 di Mick Wallace lui incluso (Independent4Change) e altri 4 indipendenti di sinistra, contro anche 2 dei Rural Independents, Mattie McGrath e Michael Collins, al termine di una lunga giornata di trattative.

GetAttachmentSulla fragilità dei numeri del governo di minoranza alcuni episodi la dicono lunga: il Fianna Fáil aveva dichiarato che avrebbe concesso la propria astensione solo se il Fine Gael si fosse trovato in aula almeno 58 sostenitori, Enda Kenny ce l’ha fatta, arrivando a 59 incluso il suo voto e quello di nove indipendenti la cui fedeltà al premier sarà tutta da vedere sui singoli temi in programma. In condizioni normali, per avviare una maggioranza di voti ce ne vorrebbero almeno 79. Altri fatti rivelatori sono il peso mostrato da un singolo mancato appoggio (da parte di Michael Fitzmaurice all’ultimo momento per un dissidio sulle torbiere) e una frammentazione tale tra gli indipendenti che i due fratelli Healy Rae hanno votato in modo diverso tra loro. In più, mentre l’esecutivo del FG ha evidente bisogno di ulteriori appoggi, venerdì il Labour – alleato nel mandato precedente – ha aperto la legislatura attaccando duramente l’accordo tra FG e FF (il Labour è più centrista di Verdi e Social Democratici, che non lo precederebbero nel fare sconti al governo).

Il Fine Gael, storicamente promotore del trattato di pace con il Regno Unito che nel 1921 portò alla partizione in due dell’isola, fu descritto alle sue origini come un partito legalitario, poi riformista (in una repubblica a lungo diffidente verso il mercato) in vari periodi alleato dei Laburisti: oggi il FG è chiaramente identificato come un partito liberale vicino alle fasce professionali medio-alte, ciò ha avuto un impatto negativo sul risultato del Labour in questa sua recente alleanza col Fine Gael.

DSC_0146Quanto al Fianna Fáil (nel conflitto del 1922-1923 avverso al trattato con il Regno Unito e alla partizione e autore della definitiva trasformazione dell’Eire in repubblica nel 1949) cinquanta anni fa era classificato come partito nazionalista, poi per decenni ha promosso il welfare e politiche da catch-all-party: gli elettori del FF tendono oggi a descriversi come di Centro o Centrosinistra. A lungo autosufficiente al governo, dalla fine degli anni novanta il Fianna Fáil si è appoggiato a piccoli partiti moderati alla sua sinistra e alla sua destra, talvolta anche a indipendenti, fino a perdere traumaticamente metà del proprio consenso nel 2011, dopo l’esplosione della crisi.

I dirigenti del Fine Gael rilevano preoccupati che il Fianna Fáil vende già carissima la propria astensione, influenzando preventivamente tutto il programma (oltretutto caratterizzato anche da pesanti concessioni ai singoli indipendenti eletti senza partito nei vari collegi: basti guardare al peso riconosciuto alle aree agricole). Inoltre, ci si interroga sulla tenuta nel governo di indipendenti, emersi sulla base di posizioni molto critiche verso il Fine Gael, ora loro partner maggioritario. Il Fianna Fáil di fatto p interrompere quando vuole lastensione responsabile verso il governo (anche se si è impegnato a mantenerla fino al 2018) e può attribuirsi il merito per un programma espansivo presentandosi ai suoi elettori, diffidenti verso l’accordo con l’avversario, come partito rimasto all’opposizione, non essendo entrato nel governo. Lo Sinn Féin però da sinistra attaccherà ogni astensione del Fianna Fáil, così da presentarlo come un “alleato non dichiarato” del Fine Gael.

Ma venendo al programma di governo, “Partnership for a fairer Ireland“, ha il pregio di riconoscere le emergenze irlandesi, a cominciare da quella immobiliare. Per far tornare i conti durante la messa sotto tutela dalla Ue, la “National Asset Management Agency” (Nama) ha venduto in blocco terreni e strutture a fondi internazionali che oggi attendono ulteriori surriscaldamenti dei prezzi, mentre a Dublino il prezzo medio all’acquisto di una casa è salito a 380,000 euro e nuove regole introdotte per evitare il ripetersi della bolla immobiliare – un deposito fisso richiesto e un multiplo di tre e mezzo del reddito annuale come massimo di prestito consentito per il mutuo – significano che anche professionisti che contano su redditi alti mirano all’affitto, ormai sinonimo di giungla nella capitale. Dato che la crisi del 2008-2010 qui ha colpito duramente, le aste del Nama sono state inarrivabili per la maggior parte dell’economia locale. Alcuni pareri legali ora caldeggiano qualche forma di pressione dello Stato, incluso il ricorso all’esproprio, per riequilibrare la situazione, spingendo gli attori finanziari a portare nuovi immobili sul mercato.

DSC_0685La camera valuterà una riduzione della tassa sulla costruzione di abitazioni economiche (dal 13,5 al 9 per cento) per incoraggiare l’edilizia. Sarà previsto poi un piano per realizzare 35,000 nuove unità di ‘social housing’, nell’ambito di un programma già stabilito da 3,8 miliardi di euro, mentre un altro progetto favorirà affitti più abbordabili a famiglie a basso reddito. Quest’anno dovrebbero essere introdotti incentivi per coloro che acquistano una casa per la prima volta, ed è prevista l’edificazione di cinquecento abitazioni per porre fine a soluzioni temporanee come l’alloggio in albergo per coloro che avevano perso la casa durante la crisi. Il sussidio già esistente per aiutare alcune fasce a sostenere i costi di alloggio verrà aumentato del 15% (misura richiesta dal Fianna Fáil, ma che fa temere dinamiche inflattive, assieme a rivendicazioni salariali di cui si prevede il riconoscimento d’ora in poi). Infine si promette di realizzare 25,000 nuove case all’anno dal 2020, per risolvere la carenze di disponibilità degli immobili che si va aggravando.

Il nuovo governo prevede di spendere 6,75 miliardi in più nei servizi pubblici entro il 2021. In molti obiettano che nel 2011 si decisero i tagli con un governo solido, mentre oggi si promette sì molto, ma con l’alto rischio di tornare alle urne prima di poterlo mantenere. L’incognita maggiore sono gli indipendenti, anche i sei riunitisi nella sigla “Independent Alliance” e i cinque “Rural Independents” si muovono in realtà ognuno per sè (senza contare il resto dei ventitre eletti indipendenti). Questo esecutivo, basato sull’appoggio individuale di questi candidati al Fine Gael, è stato descritto dai suoi stessi protagonisti come “diverso da qualsiasi altro governo mai entrato in carica in Irlanda”. Il timore diffuso è che l’accordo con il più grande partito d’opposizione impedisca sia a quest’ultimo, il Fianna Fáil, di utilizzare strumenti efficaci (come la minaccia di sfiducia) di confronto con la maggioranza, sia al partito di governo, il Fine Gael, di perseguire successi politici che mettano in ombra l’avversario-astenuto, determinando un governo di transizione monco di fronte alle sfide.

DSC_0252Da qui le ipotesi che si ascoltano tra la gente: il governo del Fine Gael potrebbe durare poco, date l’esiguità dei suoi numeri, la pressione della base del Fianna Fáil perchè quest’ultimo torni a una opposizione dura e le scelte degli indipendenti (il cui elettorato è ostile al Fine Gael); ma potrebbe invece essere cementato dalla non-opposizione del FF, rischiando di marginalizzare le alternative; oppure, a causa della necessità di ottenere ampie collaborazioni, potrebbe favorire riforme che molti chiedono, una maggiore iniziativa dei rappresentanti indipendentemente dai partiti e più influenza del parlamento rispetto all’esecutivo nel processo legislativo. L’immagine più realistica però è quella di un esecutivo che, aiutato dalla situazione economica e dalla convenienza generale a non tornare subito al voto, arriva al 2018 (a metà strada) accentuando la ripresa in atto grazie alla redistribuzione di risorse, ma cede molto prima del 2021 al riorganizzarsi delle opposizioni e alle tensioni che attraversano da tempo lo stesso Fine Gael.

Leo Varadkar, Frances Fitzgerald, Simon Coveney, vengono proposti per sostituire alla guida del FG Enda Kenny, che per quanto riconfermato premier (primo nel Fine Gael in questa impresa) resta pur sempre lo stesso Kenny che a torto o a ragione – sia per il liberismo con cui viene associato o le dure misure che dopo la crisi ha implementato – è largamente considerato improponibile in ulteriori campagne elettorali. All’interno del Fianna Fáil, Micheál Martin è riuscito a mediare tra correnti vicine alla tradizione repubblicana – favorevoli ad una opposizione intransigente – e gruppi più disponibili all’accordo con gli avversari storici: ciò ha rafforzato la sua leadership. Tornando invece al Fine Gael, Leo Varadkar si è scontrato con le pretese degli indipendenti e potrebbe trovarsi alla guida della parte del FG scontenta già in partenza dei compromessi in cui Enda Kenny ha messo il partito per assicurarne la permanenza tecnica al potere, ma Simon Coveney, che ha mediato meglio con gli indipendenti, sarà favorito se il patto di governo reggerà. Enda Kenny ha riconosciuto che la situazione è completamente diversa da quella del 2011, chiarendo nel suo discorso di investitura che le elezioni non hanno indicato una maggioranza, ma richiesto l’ascolto di una esigenza di equità, il primo ministro si è spinto fino a dichiarare che lo scorso mandato era dedicato all’urgenza di rimettere in corsa l’economia mentre adesso si penserà soprattutto a redistribuire i frutti della ritrovata crescita a tutte le parti della società e del Paese.

DSC_0526Il fine settimana ha portato anche all’ufficializzazione della squadra di governo guidata da Enda Kenny: una particolarità che salta agli occhi è il ruolo di rilievo ricoperto da candidati eletti indipendentemente dai partiti, ci sono infatti Denis Naughten, al ministero di Comunicazione, Cambiamento Climatico e Risorse Naturali, Shane Ross a Trasporti, Turismo e Sport e Katherine Zappone a Infanzia e Affari Giovanili. Finian McGrath e Sean Canney dovrebbero ottenere dei ruoli minori. Per quanto riguarda il Fine Gael, che detiene la grande maggioranza dell’esecutivo, Frances Fitzgerald, la quale in futuro potrebbe sostituire Kenny alla leadership del partito, è “Tánaiste” (Vicepremier) e Ministro alla Giustizia, Micheal Noonan alle Finanze, Leo Varadkar passa alla Protezione Sociale (alla Sanità va Simon Harris), Richard Bruton a Educazione e Competenze, Charlie Flanagan è ministro agli Affari Esteri e Commercio, Heater Humphreys allo Sviluppo Regionale, agli Affari Rurali, Arte e Gaeltacht (l’area dove il Gaelico è prima lingua, sparsa tra l’ovest, il nord e l’interno dell’isola), Paschal Donohoe si occuperà di Spesa Pubblica e Riforme, Michael Creed di Agricoltura, Alimentazione e Marina, Mary Mitchell O’Connell di Lavoro, Impresa e Innovazione, Regina Doherty come ‘Chief Whip’ dovrà gestire i rapporti all’interno della maggioranza nel parlamento, mentre Simon Coveney avrà ampio modo di testare la convinzione diffusa nel Fine Gael che sia lui a poter guidare il partito, perchè ricoprirà il nuovo ministero alla Casa, Pianificazione e Governo Locale, che dovrà affrontare senza attese il problema nazionale della carenza di abitazioni e della salita inarrestabile dei loro prezzi (ci si aspettano azioni in tal senso nelle prime sei settimane).

DSC_0902La società non sarà timida nel ricordare al governo le urgenze accumulate nei due mesi e mezzo di incertezza dopo le elezioni: contemporaneamente agli annunci di questo fine settimana, lo stesso giorno in cui faticosamente a Dublino è stato raggiunto il patto di governo, il 6 maggio, a Limerick centocinquanta persone hanno occupato un tribunale che stava trattando decine di casi legati a mutui detenuti da banche e fondi di investimento, interrompendo la seduta. Oltretutto, la cessione di parti importanti del patrimonio pubblico e privato (con le vendite di proprietà il cui valore si era deteriorato durante la crisi) solleva preoccupazioni sulla collocazione di una porzione dell’economia irlandese in portafogli – come alcuni fondi speculativi – le cui condizioni sono suscettibili alle fluttuazioni dell’economia mondiale, oggi sulle spine per i consumi cinesi (e per scenari teoricamente possibili sui due lati dell’Atlantico quali una “Brexit” e una presidenza americana a Trump).

L’economia sicuramente è dalla parte del governo: la disoccupazione, scesa inizialmente dal 15% dei tempi della crisi al 9,7 di un anno fa (e sempre mitigata da considerevoli sussidi), si è ridotta ulteriormente all’8,4% dall’aprile del 2015 ad oggi, in più lo spazio di manovra per le finanze pubbliche è aumentato di nuovo in maniera consistente grazie ad entrate inaspettate dovute a consumi record come gli acquisti di automobili e, nonostante i prezzi, anche di immobili. Resta poi sul tavolo “Irish Water“, l’azienda semipubblica – interpretata da buona parte degli irlandesi come una tentata privatizzazione dell’acqua ed in merito alla quale sono ancora in corso processi legati all’ordine pubblico – si avvia verso il tramonto: un terzo degli irlandesi non ha pagato la bolletta e il Fianna Fáil ne ha ottenuto la sospensione e la revisione, però quanti hanno pagato chiederanno indietro i soldi, i conti dell’organizzazione quindi non potranno più essere tolti dal bilancio pubblico (e saranno considerati dalla Ue aiuti di Stato). Una struttura di dimensioni nazionali per gestire efficacemente l’acqua andrà allestita: l’opinione generale è che l’opportunità di far filtrare le decisioni in un parlamento dove diverse fasce sociali sono rappresentate è benvenuta, ma c’è la consapevolezza che ritardi derivanti dalla ritrosia di forze importanti ad affrontare con il loro elettorato questioni implicanti bollette o tagli potrebbero comportare costi molto significativi.

 

Aldo Ciummo

Foto © Aldo Ciummo

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Aldo Ciummo
Giornalista e fotografo specializzato in questioni del Nord Europa e dell’Unione europea, ha vissuto a lungo in Irlanda. Da free lance viaggia spesso nei Paesi scandinavi e scrive in inglese su testate internazionali, tra le quali “Eastwest”, o in italiano per "Eurocomunicazione" e “Startupitalia". In seguito alla laurea in Scienze della Comunicazione presso l’Università “La Sapienza” di Roma, ha studiato Relazioni Internazionali alla Fondazione Lelio e Lisli Basso e Fotografia all’ISFCI a Roma.

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