Audiovisivo: forza artistica ed economica, una scommessa tutta europea

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Intervista a Marco Spagnoli in occasione del convegno sulle strategie di sviluppo locale che si terrà nella capitale Ue la prossima settimana

Si svolgerà presso il Comitato delle Regioni di Bruxelles mercoledì 19 novembre, il convegno Creativity and Innovation As Motors for Economic Growth: The Role of Culture And Territories”- http://www.creativeact.eu/home promosso dalla Presidenza Italiana del Consiglio dell’Unione europea e dal coordinamento delle Regioni italiane a Bruxelles.

La TIA Formazione Internazionale, in collaborazione con il Dipartimento Politiche Europee della Presidenza del Consiglio dei Ministri e con il Mibact, è partner di questo evento che sarà l’occasione per riflettere sul ruolo svolto dalle industrie culturali e creative nel rilancio dell’economia europea – http://tiaformazione.org/2014/11/convegno-creativity-and-innovation-as-motors-for-economic-growth-the-role-of-culture-and-territories-19-novembre-bruxelles/ -.

 

In attesa di seguire l’inizativa abbiamo intervistato Marco Spagnoli, giornalista e critico cinematografico ma anche regista e sceneggiatore, che avrà ruolo di moderatore del panel The role of audiovisual and performing arts sector in local development strategies, durante le sessioni tematiche nel corso dell’iniziativa. Di recente ha presentato il suo ultimo lavoro, il docufilm “Donne nel Mito – Sophia racconta la Loren” alla 71esemia Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, ora ci offre una panoramica sull’industria cinematografica-televisiva italiana ed europea.

 

Spagnoli, lei modererà il panel dell’Audiovisivo, per TIA Formazione Internazionale, nel corso dell’iniziativa “Creativity and innovation as motors for economic growth: the role of culture and territories”. Dal suo punto di vista, quello di critico e giornalista cinematografico nonché di regista e sceneggiatore, come è cambiato il modo di fare formazione nell’audiovisivo, potente e affascinante mezzo di comunicazione?

«Credo che non sia ancora cambiato a sufficienza: l’industria cinematografica e televisiva, soprattutto in Italia, sono eccessivamente legate ad una tradizione quasi artigianale che stride con il mondo del digitale. Servono più scuole, anche pubbliche, e – soprattutto – sono necessari dei cambiamenti culturali importanti nella cultura del nostro Paese e di altri. L’audiovisivo va insegnato a scuola. E’ ridicolo che in Italia sia sbagliato non conoscere un libro come Il Gattopardo, ma sia lecito non conoscere la sua versione cinematografica e l’autore del film Luchino Visconti. Bisogna formare i giovani di oggi ad affrontare sfide costanti in un mondo dell’audiovisivo sempre più globale e dove i cambiamenti sono costanti e repentini».

Abbiamo avuto modo di visionare il suo documentario “Walt Disney e l’Italia – Una storia d’amore” uscito nelle sale cinematografiche dal 10 al 12 febbraio 2014 e ora disponibile in formato DVD. Illustra il forte, ma poco noto, rapporto che c’è stato tra Walt Disney e l’Italia. Lei crede che il nostro Bel Paese, sia ancora culturalmente attraente come lo è stato per Walt Disney?

«Senza dubbio: l’Italia è attraente come è sempre stata e sempre sarà. Il tema, oggi, è renderla anche “competitiva” e vantaggiosa per chi vuole produrre nel nostro Paese per raccontare delle storie non necessariamente legate alla nostra cultura. Cosa manca all’Italia per diventare un polo imprescindibile dell’audiovisivo mondiale? Un progetto economico e culturale che vada in direzione di sviluppare sempre più e meglio una filiera produttiva in grado di passare dall’artigianalità all’industria. Un sistema integrato tra attività produttive, promozione del territorio, turismo e – ovviamente – sistema della formazione, perché nella grande rivoluzione della scrittura per il cinema e la televisione tutto nasce, ancora, da un foglio di carta, da un’idea, da un soggetto. Così come accadeva per Walt Disney. Un modello che deve potere dialogare con una realtà e una politica culturale attenta a cogliere l’occasione dell’audiovisivo come una forza artistica ed economica in grado fare da volano all’economia dell’intero Paese».

Esiste l’industria americana del cinema. La rivoluzione digitale che stiamo attraversando potrebbe facilitare la creazione di un’industria europea dell’audiovisivo?

«E’ la chiave di volta di una rivoluzione che, abbassando i costi di, lascia più spazio alla creatività e alla qualità. Le nostre vite sono profondamente cambiate e siamo solo agli inizi di un’era nuova: basti pensare che il primo smartphone è arrivato sei anni fa ed è stata una rivoluzione che ha profondamente sconvolto le nostre esistenze, i nostri lavori, il nostro stesso modo di pensare oltre che le abitudini. Non è la tecnologia a mancare e nemmeno il talento: sono le leggi e la politica che, spesso in ritardo, non coglie le opportunità di un mondo in transizione verso un futuro ancora non scritto».

 

Jessica Zecchinato

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