Mosca e Kiev: finalmente è accordo grazie alla mediazione europea

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Le crisi del gas tra Russia e Ucraina hanno una storia lunga e complicata. A partire dal 2006, ai difficili accordi tra Gazprom e il governo ucraino si sono sommate le numerose crisi politiche interne di Kiev che non hanno mancato di avere effetti sulle trattative.

Il percorso di queste crisi, occorse anche fra Mosca e Minsk, hanno seguito sempre lo stesso copione: Kiev ritarda i pagamenti, Gazprom minaccia di tagliare il flusso di gas, l’Ucraina inizia a rubare il gas dai condotti destinati all’Europa, il conflitto diventa velenoso, screzi politici irrigidiscono le trattative, il freddo si fa sentire, il contratto viene obtorto collo firmato.

Dal punto di vista europeo tutto ciò potrebbe anche essere trascurabile, se la contesa fra i due Paesi dell’Est non si traducesse in un assottigliamento del gas destinato all’Europa. Gas, per altro, regolarmente pagato. Le numerose crisi hanno diminuito l’affidabilità di Gazprom agli occhi dei compratori europei nel corso degli ultimi anni; ciò ha spinto l’Unione europea a diversificare le proprie fonti di approvvigionamento tramite progetti di rafforzamento del partenariato con i paesi del Mar Nero e con la Libia.

In questa nuova crisi tra Mosca e Kiev, per un volta non politica ma commerciale, l’Unione europea ha assunto il ruolo di arbitro. Anche questa volta, l’interruzione del flusso di gas è dovuta ad un ritardo nei pagamenti di Kiev. Neftogaz, la compagnia ucraina che si occupa della gestione dei rifornimenti statali di gas e petrolio, deve a Gazprom 3,1 miliardi di dollari per gas già consegnato. Non ottenendo assicurazioni sul pagamento, il colosso energetico russo aveva avuto come sola opzione quella di interrompere il flusso di gas, per non aumentare ulteriormente le proprie perdite.

Ciò che ha spinto Kiev a riprendere le trattative è stato l’inoltrarsi della stagione fredda: oltre al sensibile calo delle temperature su tutto il territorio ucraino, il crollo nella produzione di carbone nell’est del Paese rischiava di avere conseguenze molto serie per la popolazione.

Il nuovo accordo, siglato il 31 ottobre, prevede oltre al saldo del debito in due diverse tranches, un pagamento immediato di 760 milioni di dollari come anticipo sulle forniture per il mese di novembre. Se l’intero debito non verrà saldato entro fine dicembre, il flusso si interromperà nuovamente. Ma l’Ucraina sembra avere tutti i mezzi per adempiere all’accordo: oltre ad un pacchetto di aiuti di 11 miliardi di euro proveniente proprio dall’Unione europea, se ne affiancherà uno da ben 17 miliardi già approvato dal Fondo monetario internazionale.

A firmare l’accordo dunque, oltre al ministro russo dell’Energia Aleksandr Novak e al suo corrispettivo ucraino Yurij Prodan erano presenti anche il presidente della Commissione Josè Barroso e il commissario per l’Energia Günther Oettinger, entrambi prossimi alla fine del mandato. Per Oettinger si può parlare di vittoria, dopo il clamoroso fallimento del progetto del Nabucco nato proprio in ambito europeo, che mirava alla costruzione di un gasdotto interamente europeo che escludesse la Russia, ma prendesse il gas dai campi azeri dello Shah Deniz e che passasse attraverso la Turchia. Progetto poi accantonato dagli stessi azeri che preferirono dedicarsi alla realizzazione del TAP, dal percorso più breve e dalla realizzazione meno dispendiosa.

L’approvvigionamento energetico europeo rimane una questione aperta, ciò nonostante esser riusciti a fare da arbitro su una questione così delicata, sopratutto tenendo conto del complesso quadro politico in cui di due Paesi sono coinvolti, è un ottimo risultato per l’Ue e l’accordo appare un successo. Cosa che la cancelliera tedesca Angela Merkel non ha mancato di sottolineare, aggiungendo però che ai negoziati prettamente economici non sono mancati riferimenti alla politica estera.

Sia la Merkel che Hollande, nel corso di una telefonata a quattro con Putin e Poroshenko, hanno evidenziato l’importanza del rispetto del cessate il fuoco nonché dell’esito delle elezioni che si terranno nell’Est dell’Ucraina, elezioni da considerarsi locali. Putin ha confermato la propria intenzione di non ingerire in alcun modo nelle elezioni. L’accordo dunque potrebbe contribuire alla de-escalation della tensione fra i due Paesi, sempre che entrambi mantengano i propri obblighi contrattuali.

E l’Europa potrà attendere l’arrivo della stagione fredda senza temere l’abbassarsi delle temperature: un accordo stabile tra i due Paesi infatti riduce al minimo il rischio di furto del gas. Tutto ciò sarà garantito solo se i rapporti fra le due capitali torneranno alla normalità, cosa che in gran parte dipenderà dal post-elezioni, tenutesi il 2 novembre che hanno attribuito la vittoria ai filorussi. Il timore adesso è la violazione dell’Accordo di Minsk.

Ilenia Maria Calafiore

Foto © European Community, 2014

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Ilenia Maria Calafiore
Nata nel 1989, è laureata in Comunicazione Internazionale presso l’Università di Palermo con una tesi in filosofia politica dal titolo “Teorie e pratiche per la Giustizia Globale“. Nel suo percorso universitario ha approfondito le tematiche storiche ma anche linguistiche relative alla Russia e ai popoli slavi. Ha partecipato ad alcuni progetti internazionali come il Model United Nation a New York ed il Finance Literature of Youth a Togliatti, Russia. A fine 2014 si laurea con il massimo dei voti in Studi Internazionali presso l'Università di Pisa con la tesi “Spunti per uno studio delle politiche della Federazione Russa nel bacino del Mar Nero”.

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