Investimenti e lavoro: i pilastri dell’economia Ue in “manutenzione”

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Le importanti azioni in campo finanziario ed economico poste in essere dall’esecutivo Juncker per ovviare ad una crisi che, oramai, dura da troppo tempo

La Commissione europea ritiene che la priorità assoluta sia «far ripartire la crescita dell’Europa e far aumentare il numero di posti di lavoro senza creare nuovo debito». Al riguardo i tecnici di Palazzo Berlaymont hanno osservato come sin dall’inizio della crisi economica e finanziaria mondiale, «l’Unione europea abbia risentito dei bassi livelli di investimento e di elevati tassi di disoccupazione».

A breve termine la scarsità degli investimenti riduce la crescita economica poiché determina una ridotta attività economica. Se si concentra l’attenzione sul lungo termine si osserva come, detto fenomeno, influisca notevolmente anche sulla competitività, sul potenziale di crescita dell’economia e, inevitabilmente, in maniera negativa e assai profonda, sui livelli di occupazione.

Come dimostrato da autorevole letteratura economica allorché il mercato economico e finanziario subisce un arresto, inevitabilmente, la domanda di forza lavoro decresce, creando una diminuzione delle transazioni commerciali e un inevitabile impoverimento generale.

Dunque, per risolvere problematiche tanto complesse, Bruxelles, in collaborazione con la Banca europea per gli investimenti, «ha lanciato il Piano di investimenti per l’Europa». Per dare corpo a tale iniziativa, nel 2015 è stato creato un Fondo europeo per gli investimenti strategici, con una «dotazione iniziale di 21 miliardi di euro».

Recentemente, l’Ue ha dichiarato di voler incrementare il Fondo mediante il cosiddetto «effetto moltiplicatore». Dunque l’iniziativa de qua mira ad attirare investitori pubblici e privati generando investimenti per oltre 315 miliardi di euro in tre anni. Non a caso nel settembre 2016 la Commissione europea ha formulato un’altra importante proposta per la creazione di un nuovo Piano europeo di investimenti esterni (EIP) per incoraggiare il rilancio dell’economia in Africa e negli Stati vicini all’Ue.

Sempre nel medesimo periodo, precisamente il 14 settembre 2016, la Commissione ha proposto di estendere il campo di azione del Fondo europeo per gli investimenti strategici incrementando le sue potenzialità e la sua durata. A seguito del buon esito delle attività del predetto Fondo nel corso del suo primo anno di vita, Bruxelles si è impegnata a duplicare le sue potenzialità sia in termini di durata che di capacità finanziaria. A riprova della fondatezza di una siffatta decisione vi sono numeri incoraggianti: al settembre 2016 erano state approvate ben 327 operazioni di finanziamento in 27 dei 28 Stati membri. Inoltre, i campi ove il Fondo a quella data risultava aver operato erano i più “strategici” e variegati: 22% ricerca e sviluppo; 30% piccole imprese; 22% energia; 11% digitale; ecc.

Dunque, per i prossimi 3 anni si stima che il Fondo europeo per gli investimenti strategici erogherà circa 500 miliardi di euro e, nel 2022 avrà raggiunto quota 630 miliardi di euro. Ebbene, attualmente, nonostante in alcune aree dell’Ue permanga un buon livello di liquidità, gli investimenti continuano a mantenersi su livelli bassi a causa della scarsa fiducia degli investitori. Pertanto, Bruxelles ha ritenuto essenziale «coordinare gli sforzi per promuovere tutte le possibili iniziative tese all’aumento degli investimenti e a riportare l’Europa sulla strada di una crescita robusta, accompagnata dalla creazione di posti di lavoro sostenibili. Per centrare tale obiettivo l’Ue ha adottato il Piano di investimenti».

Su tali temi la Commissione Juncker sin dal suo insediamento si è adoperata con grande impegno. Nel gennaio 2013, 26,4 milioni di persone, cioè a dire il 10,9 % della popolazione europea risultava inoccupata. A distanza di tre anni, nel maggio 2016, la mancanza di lavoro riguarda 21 milioni di persone (pari all’8,6% della popolazione europea). In uno scenario moderatamente incoraggiante ci sono cifre, che, purtroppo preoccupano e, non poco, l’esecutivo Juncker. Il dato allarmante è quello relativo ai ben 4 milioni di giovani che al maggio 2016 risultavano disoccupati. Si tratta di dati preoccupanti poiché il fenomeno della disoccupazione riguarda il 18,6% della popolazione giovanile europea.

In merito ad una siffatta eccezionale situazione economica la Commissione ha adottato una strategia generale articolata su tre elementi: rilancio degli investimenti; riforme del mercato e politiche di bilancio responsabili che evitino un debito. Fino ad ottobre 2016, nell’ambito del fondo sono stati approvati 134 progetti infrastrutturali pari a 17,4 miliardi di euro. A detti progetti si devono aggiungere più di 220 convenzioni di finanziamento del valore di 7,5 miliardi di euro erogate a favore di imprese di dimensioni minori. Dunque, in base alle più recenti stime quasi 290.000 piccole imprese saranno beneficiate dai suddetti finanziamenti. Inoltre, Bruxelles sottolinea come il meccanismo di erogazione dei fondi consenta ai promotori dei progetti di richiedere direttamente un finanziamento. Similmente anche le piccole imprese potranno agilmente godere di linee di finanziamento presentando la richiesta attraverso gli intermediari finanziar locali.

Al riguardo, un esempio chiarificatore della validità delle suddette iniziative è il progetto Ginkgo Fund II, il quale si concentra sul risanamento di siti industriali contaminati al fine di trasformarli in abitazioni e uffici. È previsto che Ginkgo consentirà la realizzazione di circa 5.000 unità abitative e, soprattutto, 8.500 posti di lavoro in Belgio e in Francia. Il Progetto Ginkgo come tutte le altre iniziative che sono state implementate per rilanciare l’economia e il mercato Ue, punta al futuro: la decontaminazione delle aree interessate renderà la vita dei cittadini che risiederanno in quei luoghi sostenibili anche sul piano aziendale. Pertanto, si tratta di progetti che non si preoccupano solo di migliorare i più che legittimi aspetti economico/finanziari della popolazione, ma anche, di rendere migliori e sostenibili sul piano ambientale i luoghi ove i nuovi occupati torneranno a svolgere le mansioni lavorative e la loro vita sociale.

La Commissione, però, intende rendere massimamente accessibili e trasparenti gli strumenti finanziari di rilancio poc’anzi decritti. A tal fine è stato creato il portale dei progetti di investimento europei, che ha iniziato ad essere operativo dal 1 giugno 2016. Per i promotori è possibile presentare le richieste di finanziamento on line. In tal modo i progetti relativi alle domande sono visibili e vi è la concreta possibilità per tutti gli interessati di verificare le «opportunità di investimento in un luogo di incontro virtuale attraverso una sorta di servizio di match making».

Ovviamente, insieme alle predette innovative soluzioni, l’Europa continua, a livello di bilancio, a destinare ingenti quantità di denaro nella creazione di fondi che sostengono la coesione economica e sociale e la riduzione delle sperequazioni reddituali. Sul punto, da decenni, oramai, operano i Fondi strutturali di investimento europei. Tali strumenti differiscono «profondamente dal Fondo europeo per gli investimenti poiché finanziano progetti attraverso sovvenzioni e strumenti finanziari». La loro «attuazione avviene secondo la modalità di gestione decentrata negli Stati membri». In ogni caso essi continuano ad operare a fianco degli altri strumenti messi in campo dall’Ue.

È evidente che gli altri temi su cui si dibatte in varie e autorevoli sedi sono la disoccupazione giovanile in Europa e le conseguenti rapide ed efficaci misure che l’esecutivo Ue è chiamato ad adottare, nel più breve tempo possibile, per risolvere una problematica tanto grave quanto complessa. In merito al delicato e vitale aspetto del mercato del lavoro nel Continent, Bruxelles, con una Comunicazione del 4 ottobre 2016, relativa alla «garanzia per i giovani e l’iniziativa a favore dell’occupazione giovanile a tre anni di distanza» ha chiarito, ancora una volta, come le ragazze e i ragazzi europei siano, da sempre, una priorità presente nell’agenda politica dell’Ue.

Nel 2013, nel corso di una crisi che «ha avuto gravi conseguenze per l’occupazione giovanile, gli Stati membri hanno preso l’impegno di adottare un approccio globale per contrastare la disoccupazione giovanile come obiettivo specifico e immediato». Conseguentemente, è stata istituita la «garanzia per i giovani per fornire a tutte le persone di età inferiore ai 25 anni un’offerta qualitativamente valida di lavoro, di proseguimento degli studi, di apprendistato o di tirocinio entro quattro mesi dall’inizio della disoccupazione o dall’uscita dal sistema d’istruzione formale».

Sul punto, le statistiche dimostrano la grande utilità di una simile iniziativa che oramai si avvia verso il suo quarto anno di vita. Allo stato, è emerso come «la priorità dovrebbe essere quella di perseguire la piena operatività dei sistemi nazionali di garanzia per i giovani, accelerandone e ampliandone l’attuazione, affrontando al contempo i nuovi problemi e costruendo interventi più efficaci sostenuti dall’Iniziativa a favore dell’occupazione giovanile (IOG) e dal Fondo sociale europeo (FSE)».

La Commissione ha evidenziato come il potenziamento della valida iniziativa della “Garanzia giovani” debba, allo stato, necessariamente passare attraverso il sostegno finanziario del FSE e l’IOG. Quest’ultimo ha iniziato ad operare nel 2013. Nel periodo 2014/2020 l’Ue ha disposto che FSE e IOG investiranno direttamente 6,3 miliardi di euro a sostegno dell’integrazione dei giovani nel mercato del lavoro in Europa. Sempre su tali questioni appare opportuno ricordare come la Commissione europea, a metà maggio 2017 abbia ben accolto il voto favorevole del Parlamento europeo in tema di estensione del budget relativo Fondo europeo per gli investimenti strategici (EFSI).

Per quanto attiene agli investimenti dell’Ue in favore dei Paesi partners extra europei i tecnici di Palazzo Berlaymont il 14 settembre 2016 hanno proposto un ambizioso External Investment Plan al fine di supporterà le economie dei vicini Paesi africani ed europei non facenti parte del gruppo dei 28. Tale ambizioso piano di investimenti si discosta dalle iniziative precedenti poiché si basa principalmente sulla creazione di partnership economiche concrete e non certo sulla mera assistenza economica e finanziaria.

In conclusione, solo attraverso l’azione sinergica delle strutture dell’Ue dedicate alla ripresa economica e finanziaria e conseguentemente dell’occupazione, con gli organismi nazionali e i sempre più importanti partners internazionali (es: molte nazioni africane, i pesi limitrofi al mercato Ue)  sarà possibiletraghettareil Vecchio Continente fuori da una crisi ormai quasi decennale che, in talune realtà dell’area mediterranea è già, di fatto, di natura strutturale.

 

Giovanni Sorge e Roberto Scavizzi

Foto © European Union

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