Sollievo, S&P salva il rating. Preoccupa, però, che a rischio finisca la crescita a causa della manovra di bilancio che può soffocare la ripresa del settore privato
C’era grande attesa e un certo scetticismo per la valutazione dell’agenzia di rating internazionale Standard and Poor’s di venerdì scorso, dopo il declassamento di Moody’s e l’abbassamento dell’outlook di Fitch. L’agenzia S&P stima un deficit per il 2019 meno ottimista di quello previsto dal governo: 2,7%, contro il 2,4% indicato dall’esecutivo. Quanto alla crescita, S&P rivede al ribasso le stime per l’anno corrente e il prossimo: +1,1%, contro il l’1,5% inizialmente previsto. Dunque confermato per l’Italia il rating “BBB” e abbassato l’outlook, portandolo da stabile a negativo.
L’Italia resta così a due gradini dal pericoloso livello “spazzatura” (“junk”) anche se i rilievi di S&P sul Belpaese «A nostro avviso» – si legge nella nota di S&P – «il piano economico del governo rischia di indebolire la performance di crescita dell’Italia». Che, per l’agenzia, non continuerà il cammino di riduzione del debito. Anzi, S&P si aspetta che nei prossimi tre anni il rapporto debito/Pil dell’Italia si manterrà al 128,5%. L’agenzia definisce poi i target di crescita del governo “eccessivamente ottimistici”, il che potrebbe avere come conseguenza il fatto di aver calcolato per il 2019-2021 entrate fiscali più ampie. Non solo. S&P avverte che l’intervento sulla riforma Fornero e l’introduzione del reddito di cittadinanza possono mettere a rischio la stabilità dei conti.
Non è certo una buona notizia l’abbassamento dell’outlook da parte di Standard & Poor’s, che ha portato la prospettiva per l’Italia da “stabile” a “negativa“. L’agenzia di rating evidenzia in una nota le proprie preoccupazioni rispetto al fatto che la manovra di bilancio possa indebolire la crescita e soffocare la ripresa del settore privato. «Il governo ha deciso di annullare in parte la cosiddetta riforma Fornero del sistema pensionistico. Le misure del governo, se pienamente attuate, a nostro avviso potranno invertire i passati guadagni portati dalla riforma e minacciano la sostenibilità a lungo termine del debito pubblico». Anche il reddito di cittadinanza rappresenta una mina vagante: costerà lo 0,4% del Pil ed è anch’esso un «minaccia per la stabilità del debito». Inoltre, «anche le dinamiche del mercato del lavoro possono essere influenzate dall’introduzione del cosiddetto reddito di cittadinanza: un reddito di base di 780 euro al mese per i disoccupati o adulti non occupati residenti in Italia da almeno cinque anni. Questo potrebbe disincentivare chi cerca lavoro anche se verrà accompagnato da una riforma delle agenzie per l’impiego».
Sulle banche S&P spiega che «sono i principali finanziatori del governo. A nostro avviso, le impostazioni programmate di politica economica e fiscale del governo hanno eroso la fiducia degli investitori, come riflesso da un aumento del rendimento sul debito pubblico. Ciò a sua volta sta influenzando negativamente l’accesso delle banche al finanziamento del mercato dei capitali e, in misura minore, i loro coefficienti patrimoniali regolamentari. Un ulteriore aumento del rendimento dei crediti delle banche verso lo Stato potrebbe, a nostro avviso, ridurre la capacità delle banche di finanziare l’economia italiana in quanto distolgono risorse dal settore privato, in particolare dalle Pmi».
La prova dei fatti, ad ogni modo, è stata rimandata a oggi con l’inizio della settimana e coi nuovi aggiornamenti in tema di spread. Il differenziale tra Btp e Bund è sceso sotto fino a 290 punti, per poi tornare in risalita a 296 punti base, con il rendimento del decennale italiano al 3,34% sul mercato secondario. Dunque la Borsa continua a vedere il bicchiere mezzo pieno. Il Tesoro ha venduto tutti i 6 miliardi di euro di Bot a sei mesi offerti oggi. La domanda è stata 1,6 volte l’offerta. Il governo, in queste ore, tiene quindi il punto, facendo leva sulla non bocciatura del rating da parte di S&P. Certo, l’inserimento di quota 100 e del reddito di cittadinanza in due ddl separati collegati alla manovra permette a M5S-Lega di prendere tempo su platea e tempistica delle due misure. E, nel frattempo, è il premier Giuseppe Conte a intestarsi l’onere di un difficile dialogo con l’Ue, che culminerà in un faccia a faccia, a metà novembre, con il presidente della commissione Jean-Claude Juncker. Ma quello di Conte è un dialogo a più direzioni, che va da Mosca a Washington passando per l’India, dove il capo del governo sarà per una vera e proprio missione di sistema. Più direzioni ma un unico obiettivo: dimostrare ai mercati che la fiducia nell’Italia non è evaporata “nonostante” l’arrivo di M5S e Lega a Palazzo Chigi.
Angie Hughes
Foto © The Financial Express, Alamy, Tgcom24