La tragedia del Lago salato d’Aral. Un percorso negli abissi dell’inconscio

0
808

Elena Maffioletti racconta un disastro ambientale dimenticato, in un libro che mescola abilmente realtà e sogno, il reportage concreto e la narrazione onirica

«Il senso delle cose sfugge a poco a poco, irrimediabilmente, e a nulla serve cercare di trattenerlo. Un colabrodo, una cisterna che si svuota. Fra qualche istante, forse, avrà scordato persino il suo nome» (pg. 24). Ha molto a che fare con il problema identitario la ricerca della scrittrice Elena Maffioletti, il viaggio intrapreso nella Zona del Lago d’Aral all’origine del libro Il principio della terra. E non è un caso se abbiamo usato il termine Zona con l’iniziale maiuscola, un luogo che evoca analoghi territori esplorati dal genio di Andrej Tarkovskij nelle oscure traiettorie filmiche di Stalker. Caratteristica peculiare del volume è proprio quella di aver intessuto un arazzo nel quale realtà e fantasia si intersecano indissolubilmente, una narrazione capace di trasportare lo spettatore in dimensioni magiche senza per questo trascurare la denuncia concreta nei confronti dell’uomo, colpevole di aver devastato una terra di rara bellezza.

Arduo è comprendere l’importanza trascorsa del Lago salato d’Aral, attualmente in gran parte prosciugato. Elena Maffioletti coglie le suggestioni offerte da un viaggio nella favolistica terra dell’Uzbekistan per comporre un mosaico dai caleidoscopici cromatismi. Storie che delineano un tragitto interiore di rara pregnanza.

Folgorante ad esempio il racconto Elogio del garofano, protagonista una tessitrice il cui aspetto: «faceva pensare più a un’apparizione che non a una creatura in carne e ossa» (pg. 31). Il bambino immagina sia una fata, emissaria di un mondo altro. «Fra ciò che sembro e ciò che sono corre una  linea fragile e profonda come un baratro» (pg. 33),  aggiunge la donna segnando la propria sofferta dualità. E infatti i fiori che annoda nei suoi arazzi assomigliano a stelle di sangue, ad additare un’immane tragedia.

Come lo Stalker di tarkovskiana memoria, la Maffioletti ci conduce per mano attraverso una terra impervia, devastata dagli esperimenti condotti in era sovietica, oscure alchimie batteriologiche dalle conseguenze imprevedibili. Un percorso dalla temporalità sfuggente, oscillante fra i remoti anni Settanta e l’incerto presente. Il confine fra sogno, realtà e ricordo non è stato mai tanto labile e precario.

Nella fitta trama dei racconti emergono figure destinate a imprimersi nella nostra coscienza: uno scienziato amareggiato e disilluso il quale, suo malgrado, viene venerato dalla popolazione locale come un guaritore, un writer impegnato a minare l’apparente stabilità del suo Paese e a denunciarne le storture, un prigioniero recluso per motivazioni misteriose in una vicenda dagli echi kafkiani, che ancor più richiama alla mente il derviscio di Meša Selimović per le sue risonanze metafisiche.

Navi fantasmatiche e rugginose spingono la prora nel mare di sabbia creato dal ritrarsi delle acque, capitani spettrali puntano gli occhi verso un orizzonte tremante come un miraggio, mentre un vento rabbioso solleva mulinelli che confondono lo sguardo. Il cielo riflette il nulla di una terra senza futuro. «Nessuno di noi è quello che pensa di essere, signore. I confini del reale sono così labili che forse nulla esiste con certezza» (pg. 145), scrive ancora la Maffioletti. Infatti Tohir, il bambino deforme che ha il compito di introdurci nel labirinto del racconto, arriva persino a dubitare della propria esistenza. La sua effimera incarnazione ha il compito di metterci di fronte alle nostre colpe, di spingerci a fondo dentro noi stessi.

L’autrice riesce nell’arduo compito di tramutare un viaggio concreto in un percorso negli abissi dell’inconscio. Il Lago d’Aral simboleggia l’esistenza e i suoi impervi percorsi, la perturbante complessità dell’universo. A tale proposito illuminanti risultano le parole di Tarkovskij riguardo Stalker, « … la Zona è la vita: attraversandola l’uomo o si spezza, o resiste. Se l’uomo resisterà dipende dal suo sentimento della propria dignità, dalla sua capacità di distinguere il fondamentale dal passeggero».  Ed è proprio questa scintilla vitale che vediamo balenare come un fuoco fatuo fra le pagine del libro, quella luminescenza che tarda a svaporare additando, nonostante tutto, un principio di speranza.

 

Riccardo Cenci

***

Elena Maffioletti

IL PRINCIPIO DELLA TERRA

Viaggio sulle tracce del Lago d’Aral

Infinito edizioni

Prefazione di Christiana Ruggeri

Postfazione di Davide S. Sapienza

pg. 176  euro 14,00

Articolo precedenteStrasburgo, alle lacrime non c’è più fine. Rivendicazione Isis postuma
Articolo successivoSanta Lucia, la storia che unisce Nord Europa e Mediterraneo
Riccardo Cenci
Riccardo Cenci. Laureato in Lingue e letterature straniere moderne ed in Lettere presso l’Università La Sapienza. Giornalista pubblicista, ha iniziato come critico nel campo della musica classica, per estendere in seguito la propria attività all’intero ambito culturale. Ha collaborato con numerosi quotidiani, periodici, radio e siti web. All’intensa attività giornalistica ha affiancato quella di docente e di scrittore. Ha pubblicato vari libri (raccolte di racconti e romanzi). Attualmente lavora come Dirigente presso l’Enpam.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui