Cosa cambia con l’approvazione del Green Deal da parte del Pe

0
908

L’Ue punta sul clima: mille miliardi di euro per dimezzare le emissioni nel 2030 e per azzerarle nel 2050, ottenuti grazie a bilancio, InvestEu e cofinanziamenti nazionali

Lo scorso 14 gennaio a Strasburgo il Parlamento europeo in sessione plenaria ha approvato la proposta della Commissione presentata l’11 dicembre 2019 sul Green Deal, che è stato approvato dall’Eurocamera comunitaria con 482 voti favorevoli, 136 contrari e 95 astensioni.

Il discorso di apertura è spettato alla presidente dell’esecutivo europeo, e promotrice del progetto, Ursula Von der Leyen, che ha poi lasciato la parola, sui dettagli del piano, a Frans Timmermans – vicepresidente della Commissione e responsabile del progetto – e a Valdis Dombrovskis (vicepresidente per le politiche economiche europee, con delega ai servizi finanziari).

L’obiettivo del Green Deal è molto ambizioso: dimezzare del 50-55% le emissioni di gas serra entro il 2030, per arrivare nel 2050 alla neutralità climatica, dunque a emissioni zero di CO2. Come già annunciato lo scorso dicembre dalla presidente della Commissione il piano vuole promuovere l’innovazione e con essa creare nuovi posti di lavoro.

Al centro del “patto verde” c’è il meccanismo di transizione giusta – Just Transition Mechanism – che si avvarrà di un Fondo di mille miliardi di euro, che saranno mobilitati tra il 2021 e il 2027 – per dare impulso alla conversione energetica dell’intera industria europea. Soprattutto per quelle aree che saranno maggiormente colpite, economicamente e socialmente dalla transizione, come ad esempio la Polonia ancora molto dipendente dal carbone.

A marzo 2020 la commissione presenterà una proposta legislativa per istituire un nuovo strumento di prestito per il settore pubblico. Così da portare a compimento i tre obiettivi principali del piano di investimenti del Green Deal europeo, anche detto piano di investimenti per l’Europa sostenibile:

  1. creare le condizioni che consentano al settore pubblico e ai privati di di effettuare investimenti sostenibili.
  2. aumentare i finanziamenti per la transizione, mobilitando almeno mille miliardi di euro nel prossimo decennio a favore degli investimenti sostenibili. Sarà possibile grazie al bilancio dell’Unione europea (50%) e agli strumenti associati, in particolare InvestEU (30%), approvato nel 2019, all’interno del quale confluisce il FEIS (Fondo europeo per gli investimenti strategici) e altri 13 strumenti finanziari, in quel momento, esistenti a carico del bilancio. Infine (20%) dal meccanismo per la transizione equa e da cofinanziamenti nazionali.
  3. Supportare le amministrazioni pubbliche e i promotori dei progetti per individuare la strutturazione e l’esecuzione dei progetti sostenibili.

Ma l’ambizioso obiettivo di diventare il primo continente con zero emissioni non può essere finanziato solo dal bilancio dell’Ue, per questo devono essere coinvolti anche gli Stati membri e gli operatori privati.

I progetti finanziati che contribuiranno al raggiungimento degli obiettivi del Green Deal favoriranno l’economia circolare, creando posti di lavoro con nuove industrie dall’energia pulita. Verrà dunque dato supporto alle aziende e ai dipendenti che perderanno l’attuale lavoro a causa della transizione, e che saranno assistiti nella ricerca di un’occupazione coerente con il meccanismo di transizione giusta. Per l’Italia si è subito pensato all’ex Ilva di Taranto.

Con i fondi sarà possibile realizzare un’ampia gamma di progetti, sia di piccole dimensioni, come il rinnovo energetico delle singole abitazioni, sia progetti di più grandi dimensioni, come una rete di stazioni per ricaricare i veicoli elettrici. Gli investimenti riguarderanno principalmente il trasporto sostenibile, teleriscaldamento ed energie rinnovabili e ristrutturazione degli edifici. Respinta invece la richiesta di inserire il nucleare tre i settori da sostenere.

Naturalmente è previsto anche un supporto tecnico degli Stati membri per l’attuazione e la progettazione di riforme che agevoleranno la crescita. Prima di tutto la Commissione aiuterà i territori nella preparazione dei piani di transizione e assisterà, generando altri progetti, le regioni più esposte alle problematiche alla transizione. Infatti, il meccanismo per una transizione giusta, e il Fondo è principalmente al servizio delle regioni più esposte, e alle ripercussioni sociali e economiche. Ossia quelle aree la cui economia è legata soprattutto ai combustibili fossili e/o ai processi industriali che emettono gas serra.

Tra i contrari al “piano verde” ci sono i Verdi, oltre a conservatori, destre ed estrema sinistra europea. Per l’europarlamentare Philippe Lamberts, a rappresentare i “disillusi” ambientalisti comunitari, «la credibilità del Green Deal sarà giudicata sulla base di quattro criteri: efficienza nel limitare il riscaldamento globale a 1.5°C; contributo alla riduzione delle disuguaglianze sociali; capacità di sostituire il modello produttivista-liberista con un modello di sviluppo sostenibile; potere di rimettere la finanza al servizio della società. Senza una revisione radicale delle nostre politiche energetiche, degli alloggi, dei trasporti ma anche dell’agricoltura e del commercio, il Green Deal è destinato al fallimento. Non c’è più tempo da perdere: ogni giorno che passa ci fa pagare più caro il prezzo dell’inazione».

Si è espresso invece favorevole il professore della Columbia University e premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz che è sempre stato scettico sulla moneta unica perché “costruita male”, facendo della Germania un Paese che “soffocava” gli altri, che ne hanno sofferto a causa della linea dell’austerità favorita da Berlino. «Se questo problema centrale verrà meno, e la presidente tedesca della Commissione inizierà a favorire gli stimoli legati al Green Deal, cadrà forse il difetto principale della moneta unica, aiutando la crescita, che poi sarebbe anche il rimedio migliore contro l’emergere del populismo e del sovranismo».

 

Caterina Allegrini

Foto © Pickline, Teleambiente, Ohga!

Articolo precedenteUna bicicletta per unire l’Europa e il resto del mondo
Articolo successivoL’Italia delle navi, la docu-serie che ci racconta la storia del Belpaese

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui