Pandemia, emergenza sanitaria e Costituzione. Parola a Musacchio

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Per il giurista «l’emergenza andava inserita nel modello dello Stato di diritto, basato sul principio di legalità, la separazione e l’equilibrio dei poteri»

Vincenzo Musacchio, giurista, criminologo e associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (Riacs) di Newark (Usa). Oltre ad essere ricercatore dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. Nella sua carriera, il giurista è stato allievo di Giuliano Vassalli, amico e collaboratore di Antonino Caponnetto, magistrato italiano conosciuto per aver guidato il Pool antimafia con Falcone e Borsellino nella seconda metà degli anni ’80.

  • Della pandemia si è occupato il Governo in Italia

«L’emergenza andava inserita nel modello dello Stato di diritto, basato sul principio di legalità, la separazione e l’equilibrio dei poteri: per fare ciò e per evitare derive discutibili, occorreva garantire la centralità del Parlamento in modo da non lasciar libero il Governo di ergersi ad artefice delle fonti derogando con misure adottate unilateralmente, non proporzionate e in alcuni casi non democratiche, l’assetto dei diritti fondamentali della persona umana. In Italia abbiamo avuto una gestione prevalentemente governativa dello stato di emergenza, con una marginalizzazione del ruolo del Parlamento».

  • Lo stato di emergenza attuale si giustifica ancora dopo quasi due anni?

«Io credo che le restrizioni che determinano una compressione dei diritti fondamentali contenuti nella Costituzione debbano essere eccezionali e non ordinari e ciò al fine di evitare un degrado costituzionale che può condurre all’autoritarismo e alle discriminazioni. Per evitare questo rischio andrebbero rispettati alcuni requisiti fondamentali».

  • Quali sono questi requisiti?

«Il primo in assoluto è la temporaneità. Le misure eccezionali devono essere a tempo determinato e costantemente collegate con il contesto che le ha originate.emergenza Nessuno spazio deve essere lasciato alla normalizzazione dell’emergenza. Sospendere l’esercizio di alcuni diritti per motivi di sanità o di sicurezza non può voler dire ordinarietà. Le misure derogatorie non possono non essere proporzionali e ragionevoli nei confronti dello scopo perseguito, ovvero, la tutela della salute. Entrano in gioco tre componenti essenziali: politica, scienza medica e diritto. Per ora io ho notato solo scelte sulla base di tesi scientifiche dotate dell’insindacabilità politica, senza la conformità giuridica».

  • Ci spiega meglio quest’ultimo concetto?

«Lo faccio semplificandolo al massimo. La scienza elabora una tesi, la politica la fa propria, il diritto dovrebbe fornire lo strumento con il quale quella tesi sia conforme alle regole dell’ordinamento giuridico. Manca quest’ultima fase. Penso ad esempio all’eccessivo uso dei Dpcm, dei decreti legge. L’adozione di misure emergenziali si è concentrata tutta in capo al poter esecutivo, ma una democrazia come la nostra richiede che tali poteri non siano assoluti ma garantiti dal controllo e dall’intervento da parte di altri organi tra cui Parlamento, capo dello Stato e Corte Costituzionale. Essendo in un contesto di limitazione dei diritti fondamentali della persona umana per le quali è prevista la riserva di legge, occorrerebbe un atto avente forza di legge che personalmente individuerei nella legge formale».

  • Come vede il post Coronavirus dal punto di vista del rispetto dei diritti della persona umana?

«Ciò che mi preoccupa maggiormente è l’utilizzo di strumenti eccessivamente tecnologici in emergenza sanitaria. Può essere pericoloso per l’esercizio dei diritti fondamentali della persona umana perché, come ogni cosa nella vita, dipende sempre dall’uso che se ne fa e nelle mani di chi è il nuovo strumento.emergenza La tecnologia non è mai neutrale. Il coltello nelle mani della casalinga ha una funzione, delle mani di un criminale ne ha assolutamente un’altra. La cosa che mi preme precisare è che la tecnologia non diventi mai fonte di discriminazione o peggio ancora di violazione dei diritti umani.

Alcune nuove scoperte tecnologiche come gli algoritmi e l’intelligenza artificiale possono essere utilizzati anche come strumenti di controllo. Mi preoccupa, e non poco, anche l’eccessiva privatizzazione dei servizi pubblici. Penso al diritto al lavoro, alla sanità e ai vari servizi sociali. Su questi aspetti credo si debba aprire una discussione seria e profonda e non basata sulle tifoserie o peggio ancora sulla stupidità».

  • Lei cosa vorrebbe che accadesse dopo la pandemia?

«A prescindere dalla pandemia, vorrei assistere prima di morire alla parziale attuazione della Costituzione, con la centralità della persona umana e la realizzazione della giustizia sociale. Mi piacerebbe veder ridotte le diseguaglianze e vedere scemare il neoliberismo. Sarebbe bello vedere realizzato quel principio di solidarietà di cui all’art. 2 della Costituzione. Assistere alla solidarietà che prende il sopravvento sull’egoismo sarebbe una bella conseguenza della pandemia e la nostra Carta Costituzionale potrebbe essere la vera molla che spinge le persone le une verso le altre. Le libertà costituzionali non sono mai fini a se stesse, esse si realizzano quando in se hanno un’anima solidaristico sociale. Spero che alla fine di tutto questo l’umanità ne esca migliorata, anche se in fondo devo riconoscere che Einstein avesse ragione: “L’umanità avrà la sorte che saprà meritarsi”».

 

Cecilia Sandroni

Foto © Consul Press, UniTrentoMag, Altalex

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Cecilia Sandroni
Fondatrice della Piattaforma internazionale ItaliensPR. Cecilia Sandroni, per formazione semiotico del teatro, è membro della Foreign Press di Roma come Italienspr (italienspr.com/global press), oltre ad essere un'esperta di relazioni internazionali nella comunicazione. Le sue competenze spaziano dal teatro-cinema, alla fotografia, all'arte e al restauro, con la passione per i diritti umani. Indipendente, creativa, concreta, ha collaborato con importanti istituzioni italiane e straniere per la realizzazione di progetti culturali e civili.

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