La guerra continua. Una inutile strage

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Papa Francesco non si dà pace per la pace. È una macelleria infinita, una inutile strage. Questa guerra sarà lo spartiacque tra la vecchia e la nuova Ucraina

Pochi avrebbero immaginato che l’«operazione militare speciale», scatenata da Vladimir Putin contro l’Ucraina sarebbe durata così a lungo. Il blitzkrieg russo non è riuscito a spezzare la resistenza del popolo ucraino, così tenacemente forte nei valori della libertà e della sovranità dello Stato.

«Nonostante le perdite siamo più uniti» – dichiara in un’intervista a La Stampa Iryna Vereshchuk, vicepresidente e ministro per la Reintegrazione dei territori occupati – «questa guerra sarà lo spartiacque tra la vecchia Ucraina (corrotta, con conflitti interni) e la nuova Ucraina forte, unita giusta».

Il conflitto ha superato i 12 mesi

Invece siamo già a parlare del secondo anno di guerra, appena cominciato, e la pace è ancora lontana. «Papa Francesco non si dà pace per la pace» ripete l’arcivescovo di Bologna, cardinale Matteo Zuppi. È una macelleria infinita, una inutile strage dalle conseguenze imprevedibili, a rischio l’umanità stessa.

L’ipotesi di un periodo di sospensione, avanzata da Lucio Caracciolo nelle sue documentate analisi sulla guerra in Ucraina, «servirebbe a stemperare il clima apocalittico e a preparare, se non la pace, la non-guerra». Lo scontro frontale voluto da Putin è la conseguenza di un impero in decadenza e una nazione ucraina in formazione. Ma è proprio la decadenza dell’impero russo ad alimentare in Putin sogni di un ritorno all’Urss, ricreare l’impero sbriciolato nel 1991 con la formazione di Stati indipendenti.

L’invasione per riproporre un Mondo a blocchi

È una guerra per l’annessione di territori dopo quelli del Donbass e della Crimea (la Russia controlla l’11% del territorio ucraino), una guerra di espansione per riportare l’Ucraina nell’alveo della Russia.

La guerra di Putin ha distrutto intere città che sono diventate il simbolo di questa guerra come Mariupol, Irpin, Bucha, Kramatorsch (così come lo erano state Sarajevo e Vukovar nella guerra dell’ex Jugoslavia).

«Non c’è pace senza giustizia» – scrive l’inviata de La Stampa, Francesca Mannocchi – «è una frase scritta sui volti e sui corpi di ogni ucraino consumato in un anno di guerra; non c’è pace senza giustizia, è la frase delle madri che piangono i figli morti per una guerra che non hanno deciso, delle mogli scappate per salvare bambini e anziani in attesa di una telefonata che tardava ad arrivare e una voce a ricordare “sto bene”; non c’è pace senza giustizia, lo dicono i corpi delle donne stuprate sotto occupazione, degli uomini torturati, e abusati nelle camere di prigionia russa. Non c’è pace senza giustizia. Lo chiedono i corpi delle fossi comuni ancora senza nome. Nei territori liberati hanno parlato i corpi dei vivi e quelli dei morti, hanno parlato i testimoni, in ogni parola un resoconto che è diventato prova forense».

Lo zar continua la sua folle sfida

“Cessate di uccidere i morti,/Non gridate più, non gridate/Se li volete ancora udire,/Se sperate di non perire” recita una poesia di Giuseppe Ungaretti scritta nel 1945 ispirandosi al bombardamento del cimitero del Verano a Roma.

Il discorso che Putin il 21 febbraio ha tenuto di fronte ai deputati dell’Assemblea federale e della Duma non lascia spazio ad eventuali incontri per cominciare a trattare. «Un anno fa, al fine di proteggere le persone nelle nostre terre storiche, per garantire la sicurezza del nostro Paese, per eliminare la minaccia rappresentata dal regime neonazista emerso in Ucraina dopo il colpo di Stato del 2014, è stata presa la decisione di condurre una operazione militare speciale» – ha voluto rimarcare Vladimir Putin – «nel frattempo abbiamo fatto tutto il possibile, davvero tutto il possibile, per risolvere questo problema con mezzi pacifici, negoziando pazientemente una via di uscita pacifica da questo grave conflitto» che Putin ha voluto.

Una pace auspicata dalla Russia mentre i soldati con i mercenari della Wagner avanzano sul territorio ucraino, ma dall’Ucraina e dall’Occidente rifiutata fa supporre lo zar russo nel suo discorso.

Vaticano incessantemente in campo

Uno dei pochi, autorevoli personaggi che hanno speso molte delle propri energie per far cessare il conflitto è stato ed è Papa Francesco, che nell’udienza generale del 22 febbraio si è soffermato su questo triste anniversario. «Il bilancio di morti, feriti, profughi e sfollati, distruzioni, danni economici e sociali parla da sé. Restiamo vicini al martoriato popolo ucraino che continua a soffrire. E chiediamoci: è stato fatto tutto il possibile per fermare la guerra? Faccio appello a quanti hanno autorità sulle Nazioni, perché si impegnino concretamente per la fine del conflitto, per raggiungere il cessate il fuoco e avviare negoziati di pace. Quella costruita sulle macerie non sarà mai una vera vittoria».

“La Pace in Terra, anelito profondo degli esseri umani di tutti i tempi” era l’incipit dell’enciclica “Pacem in terris” di Giovanni XXIII, il Papa buono che aveva ricondotto alla ragione della pace Urss e Stati Uniti per i fatti di Cuba nell’ottobre 1962, avvenuti pochi giorni dopo l’apertura del XXI Concilio Vaticano II.

Nell’intervento finale al Colosseo, Papa Francesco ha presieduto la preghiera dei cristiani insieme ai rappresentanti delle altre religioni dove ha letto l’Appello per la Pace.

Il riferimento ai fatti di Cuba del 1962

«Quest’anno la nostra preghiera è diventata un “grido”, perché oggi la pace è gravemente violata, ferita, calpestata: e questo in Europa, cioè nel continente che nel secolo scorso ha vissuto le tragedie delle due guerre mondiali, e siamo nella terza. Purtroppo, da allora, le guerre non hanno mai smesso di insanguinare e impoverire la terra, ma il momento che stiamo vivendo è particolarmente drammatico. Per questo abbiamo elevato la nostra preghiera a Dio, che sempre ascolta il grido angosciato dei suoi figli. Ascoltaci, Signore!»

Non poteva mancare nell’Appello il riferimento ai fatti di Cuba del 1962. «Durante una grave crisi internazionale, nell’ottobre 1962, mentre sembravano vicini uno scontro militare e una deflagrazione nucleare, San Giovanni XXIII fece questo appello: “Noi supplichiamo tutti i governanti a non restare sordi a questo grido dell’umanità. Che facciano tutto quello che è in loro potere per salvare la pace. Eviteranno così al mondo gli orrori di una guerra, di cui non si può prevedere quali saranno le terribili conseguenze”».

«”Promuovere, favorire, accettare i dialoghi, a tutti i livelli e in ogni tempo, è una regola di saggezza e di prudenza che attira la benedizione del cielo e della terra” – aveva supplicato Giovanni XXIII nel Radiomessaggio, 25 ottobre 1962 – sessant’anni dopo, queste parole suonano di impressionante attualità. Le faccio mie. Non siamo neutrali, ma schierati per la pace. Perciò invochiamo lo ius pacis come diritto di tutti a comporre i conflitti senza violenza» ha concluso Francesco.

 

Enzo Di Giacomo

Foto © Emilio Morenatti AP, Mytyslav Chernov AP, Emre Caylak / AFP,  Edvard Munch (Galleria Nazionale Oslo)

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Enzo Di Giacomo
Svolge attività giornalistica da molti anni. Ha lavorato presso Ufficio Stampa Alitalia e si è occupato anche di turismo. Collabora a diverse testate italiane di settore. E’ iscritto al GIST (Gruppo Italiano Stampa Turistica) ed è specializzato in turismo, enogastronomia, cultura, trasporto aereo. E’ stato Consigliere dell’Ordine Giornalisti Lazio e Consigliere Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, Revisore dei Conti Ordine Giornalisti Lazio, Consiglio Disciplina Ordine Giornalisti Lazio

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