“Ombre d’Europa” di Guido Crainz

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Ombre d'Europa

Storia ad usum populi e sfide sovraniste: come immaginare il futuro di un’Europa davvero unita?

L’ultimo lavoro dello storico Guido Crainz, “Ombre d’Europa. Nazionalismi, memorie, usi politici della storia“, pubblicato da Donzelli Editore, nasce da un’amara e preoccupante constatazione: i differenti vissuti dei vari Paesi europei alimentano talora “memorie incompatibili”, o comunque “aree di reciproca estraneità e insensibilità”. Nei rapporti tra gli Stati dell’occidente e dell’oriente dell’Europa che si vorrebbe unita sembra quasi sia ancora in piedi una sorta di cortina di ferro pur senza il comunismo, ancora pesi “l’ombra del Muro”. È insomma forte “l’impressione che le dissonanze e le divaricazioni siano cresciute talora più delle sintonie”. Urge dunque invertire la tendenza, poiché anche da questo dipende il futuro dell’Europa.

Da tali premesse, l’autore pone alcune cogenti domande che si stagliano al centro del dibattito pubblico sul concetto di Europa unita e sulla sua effettiva realizzazione: come immaginarne il futuro alla luce della pandemia che ci ha investiti, dell’invasione dell’Ucraina che ci costringe a interrogarci sulla sua ragion d’essere e sul suo ruolo? Come siamo giunti a questa duplice prova? Con quali contraddizioni, con quali elementi di crisi? In questo ampio scenario, quali sono le responsabilità e i compiti della cultura?

Prima parte

Il volume, la cui agile consultazione non ne pregiudica la profondità di analisi, si compone di un’introduzione e due parti. Nella prima si esaminano le difficoltà cui è andato incontro un progetto complesso come quello di unità europea, soffermandosi sul percorso precedente al 1989, poiché già prima erano avvertibili sotterranee tensioni e incrinature, “ipoteche” mai risolte, nodi poi venuti al pettine con la difficile transizione dei Paesi ex comunisti, sino alle questioni politiche spesso eluse del “grande allargamento” del 2004.

Con l’ausilio delle riflessioni di storici e commentatori di livello, l’autore si interroga sul passaggiodalla euforia al disincanto, se non al rancore” che progressivamente affiora in molte parti dell’“Europa ritrovata” dopo la caduta del Muro, tenendo in debita considerazione processi quali la deindustrializzazione e le trasformazioni produttive che hanno radicalmente mutato gli scenari geopolitici, il superamento della grande fase espansiva del secondo dopoguerra simbolicamente terminata con la crisi petrolifera del 1973, il progressivo smantellamento del sistema di welfare, gli effetti traumatici dell’ondata neoliberista degli anni Ottanta, il declino dei partiti di massa novecenteschi, l’affermarsi della “democrazia del pubblico” (Bernard Manin), con la trasformazione dei cittadini in una platea di telespettatori e di agiti dai social.

Introduzione del coordinamento governativo

Tra le problematiche affrontate, vi sono le conseguenze del Trattato di Maastricht, con l’introduzione dell’euro e la priorità data alla dimensione economica che pose l’unificazione monetaria non come conclusione, bensì come premessa all’integrazione politica. E anche, la modifica che introdusse al sistema di Governo, col depauperamento del ruolo della Commissione europea (composta da personalità nominate dei Paesi ma indipendenti da essi) e il potenziamento di quello del Consiglio europeo (composto dai capi di Stato o di Governo), cambiamento che spostò l’accento “da un organismo sovranazionale, per sua natura portato a privilegiare l’interesse europeo, al coordinamento governativo, luogo di mediazione fra i differenti interessi nazionali”.

Ombre d'EuropaIn un simile contesto, Crainz sottolinea un ulteriore nodo spesso rimosso dal dibattito pubblico, l’evidenza storica che alcuni Paesi del blocco ex comunista non hanno mai sperimentato una democrazia liberale. Inglobare Stati membri “privi di una sedimentata cultura dei diritti” si è rivelato prematuro, anche perché sono state sottovalutate alcune dinamiche, come la forza delle pulsioni nazionalistiche presenti in quei Paesi, gli effetti devastanti che avrebbe prodotto un troppo rapido passaggio da economie centralizzate a un neoliberismo selvaggio, i fenomeni di corruzione e l’impreparazione delle classi politiche che hanno gestito la transizione, e, non da ultimo, il nodo mai risolto della “memoria divisa” d’Europa. L’autore lamenta inoltre l’assenza di una riflessione sulle prospettive e sulle incognite di un tale allargamento, “sulle misure necessarie a sanare distanze economiche e istituzionali, e a far dialogare differenti eredità storiche e visioni culturali”.

Seconda parte

Nella parte seconda del volume si entra nello specifico delle difficoltà di dialogo esistenti tra i vari Paesi, con i conflitti di memorie, le deformazioni di eventi e significati del passato, le costruzioni e ri-costruzioni di imperi: la Russia di Putin, la dissolta Jugoslavia (dove nelle varie nazionalità che dalle sue ceneri sono sorte la storia è impiegata come arma di guerra), i Paesi baltici con la loro nozione dei “due genocidi”, la Polonia con i suoi sovranismi e le “politiche della storia”, l’Ungheria di Orbán, la Slovacchia, la Romania, la Macedonia del nord.

Crainz traccia analogie e differenze delle varie realtà nazionali e culturali, s’interroga sui tratti specifici dei sovranismi illiberali e antieuropei dilagati nell’Europa centro-orientale, considerati nella loro specificità ma anche inseriti nel più ampio irrompere di correnti nazionalistiche e populistiche, e termina il suo studio con un fondamentale capitolo dal titolo “Insegnare in Europa”, dove si affronta il problema scottante degli usi pubblici della storia nella manualistica storiografica.

Futura enigmatico

Insomma, la posta in gioco è non poco alta, e non tutti gli “attori” sembrano esserne edotti. La sfida che ci attende è saperrilanciare con forza iniziative pluralistiche volte a far dialogare le differenti sensibilità e memorie”, riconoscere “la necessità di definire identità e memoria storica collettiva dell’Europa come elemento centrale di una politica comune”, dare centralità a una rete culturale e civile transnazionale in grado di generare incontro e inclusione: in una parola, produrre mobilitazioni intellettuali e civili. In un tale contesto, conclude Guido Crainz, è ineludibile l’importanza di preparare le nuove generazioni costruendo una diversa educazione e “una nuova visione della storia”.

Questopiccolo libro”, che intende essereun sommesso grido di allarme e un richiamo a un impegno talora disertato”, assume dunque una grande rilevanza in un dibattito sempre in divenire, poiché è proprio sul terreno della cultura che si dovrà costruire un futuro comune all’Europa, e non il ben noto, tragico scenario di contrapposizioni, divisioni, guerre d’aggressione.

 

(segue l’intervista all’autore)

 

Giuseppe Costigliola

Foto © Tempi

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