L’Arlecchino simbolo della rivoluzione pittorica dell’artista in Italia a seguito della conoscenza del teatro popolare e delle marionette
Ricordare Picasso a 50 anni dalla morte non deve essere un semplice fatto celebrativo. In Italia come in tante altre parti del Mondo, il pittore spagnolo è ricordato da diversi mesi. In particolare il museo archeologico nazionale di Napoli sta allestendo un circuito espositivo, fino al 27 agosto 2023, nell’ambito del progetto internazionale: “Picasso Celebrations 1973-2023”, che include 50 mostre ed eventi.
L’esposizione campana
La mostra parte dal suggestivo racconto della celebre visita di Picasso a Napoli e Pompei nel 1917 allestita nelle sale della collezione Farnese. Nella prima parte si presenta il “Nuovo al tempo“, la classicità dell’allora museo nazionale di Napoli. La seconda è relativa al confronto tra le opere e i lavori di Picasso “classico e moderno” come allestito dalla Galleria Borghese a Roma con le opere di Giacometti. La mostra napoletana offre al pubblico anche il prestito del British Museum di Londra di 37 delle 100 tavole che compongono la “Suite Vollard, incisioni realizzate tra il 1930 e il 1937. A queste si aggiungono i prestiti del museo Picasso di Parigi e del Museum di New York, ben 43 opere messe a confronto con le sculture Farnese e i dipinti di Pompei.
La mostra romana “Tra cubismo e classicismo”, 1915-1925
Una grande esposizione con un centinaio di opere in cui si è voluto rievocare, dopo 100 anni, il viaggio che Picasso fece in Italia insieme al poeta e scrittore Jean Cocteau, al grande musicista Stravinskij e alla compagnia di balletti russi di Diaghilev. La mostra romana ha certamente accentuato il dualismo fra il classicismo dell’opera “Paul vestito da Arlecchino” del 1924 e l’avanguardia cubista de “L’Arlecchino con violino” del 1923. Inoltre sono state allestite piccole tavole e grafiche del periodo Blu di Picasso, che non sono opere minori, ma che ci permettono di comprendere la personalità dell’artista.
D’altra parte il viaggio in Italia porta a un cambiamento della sua pittura. Quello del 1917 con Cocteau, per lavorare sul sipario di “Parade”, è un atto di rivelazione di una nuova pittura, in particolare quella pompeiana e napoletana, facendo scoprire a Picasso, insieme alla classicità, i temi popolari come il presepio, il teatro popolare e delle marionette.
Ma torniamo alla grande mostra romana inaugurata il 10 aprile 2023 dal titolo “Picasso a Roma 100 anni fa – partiture d’arte, danza e genio” che ricorda la serata del 1917, quando, nel ridotto del teatro Costanzi, fu allestita una esposizione di opere della collezione di Leonid Massime insieme a quelle di Balla, Depero, Prampolini, Stravinskij e Cocteau. Un coacervo di espressioni avanguardistiche che andavano da quella russa, al cubismo e al futurismo italiano.
Picasso nel giudizio di Roberto Longhi
Roberto Longhi, il grande critico d’arte che scopri l’opera di Caravaggio, definì Picasso un talento “Stregonesco“. Per lui il pittore spagnolo non cessa mai di sorprendere, per le sue capacità assimilatorie e manipolatorie. “L’Arlecchino nell’arte”, presentato a Roma al Vittoriano nel 2009, ha indicato le intuizioni longhiane sulla genialità sconfinata dell’opera picassiana. In lui vi era la prontezza ad accogliere ogni momento innovativo. Arlecchino simbolo picassiano, è anche una metafora pittorica ed è presente in tanti suoi quadri. Inoltre è il termine costante di un processo di identificazione ideale.
Un percorso artistico fatto di contrasti, amori fugaci e soprattutto della volontà di cambiare e conciliare gli opposti. Una cultura avanguardistica che Picasso assorbi a Parigi a contatto con i cubisti dadaisti post impressionisti. Elementi che nutrono il suo immaginario accanto a sfrontatezza e dolcezza improvvisa. L’amico e geniale poeta francese Apollinaire ha dato una definizione originale del poeta: “Una fantasia che felicemente unisce il delizioso e l’orribile”. Picasso, a sua volta, rispondeva agli estimatori e critici: “Tutte le volte che ho avuto qualcosa da dire l’ho riferito nella maniera che sentivo essere quella buona. Ciò non implica né evoluzione né progresso, ma un accordo fra l’idea che si desidera esprimere e i mezzi per realizzarla“.
Le influenze artistiche su Picasso
Picasso ha iniziato a operare nell’alveo del post impressionismo, nutrendo interessi per Degas, Renoir, ma anche Munch fino ad approdare al simbolismo di Puvis e del preraffaellita Burne-Jones. Superate le deformazioni del “Periodo blu“, la sua opera diviene arcadica con accenti ellenistici. Nasce la figura del Minotauro, l’ambiguità o dualismo picassiano. Dominano la semplicità delle forme e le eleganze delle proporzioni animano disegni e pitture che rappresentano ragazzi nudi in eleganti e ambigui atteggiamenti.
Dopo l’Arlecchino vi è un nuovo simbolo per Picasso: “Il cavallo guidato dai ragazzi” che avrà il suo destino drammatico in “Guernica“. Nel 1906 si allontana da Parigi, ma trova nell’alta Catalogna luoghi di silenzio e solitudine, creando una simbiosi di natura poetica. Poco tempo dopo la purezza delle linee volge a stati d’ansia per cancellare armonie troppo perfette, riflesso dell’inquietudine.
“Un quadro“, scrive Picasso, “è sempre il risultato di una serie di distruzioni“.
Paolo Montanari
Foto © 2aNews, Agenzia stampa nazionale, El Itagnol