Parità uomo donna, una strada ancora lunga e faticosa

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Donne

Infibulazione, femminicidio, parità di genere e Hijab. Nel 2023 il genere femminile deve ancora sopportare tutto ciò

“Le tante conquiste delle donne rimangono nei fatti ancora solo parole. Milioni di donne nel Mondo vivono in uno stato di grave umiliazione e di degrado. I fatti di cronaca sono drammatici, è tempo di non tacere più”. Ha dichiarato Rita Levi Montalcini nell’intervista rilasciata alla Stampa nel 2004, “le donne hanno sempre dovuto lottare doppiamente. Hanno sempre dovuto portare due pesi, quello privato e quello sociale. Le donne sono la colonna vertebrale delle società”.

Ancora oggi nel Mondo esistono Paesi che considerano la donna come un oggetto che si possiede, di cui abusare sia psicologicamente che fisicamente

Secondo Actionaid, organizzazione internazionale impegnata nella lotta contro la povertà, gli Stati con il maggior numero di lacune nei confronti dei diritti delle donne sono tre, India, Somalia e Afghanistan. In questi Paesi, rispetto ad altri, si è registrato ogni anno un altissimo numero di stupri e di spose bambine.

In Somaliland, Stato indipendente dell’Africa e non riconosciuto internazionalmente, composto dalle provincie settentrionali della Somalia, come in molti altri Paesi del Mondo, è ancora praticata, sia legalmente che illegalmente, l’infibulazione, nota come mutilazione genitale femminile. Pratica barbara adottata con lo scopo di conservare e accertare la verginità della ragazza al futuro marito, il quale inciderà la sposa prima del rapporto. Tale usanza non prevede il consenso da parte della malcapitata, la quale spesso tramite violenza viene tenuta ferma su un tavolo da alcune parenti come sorelle, zie, cugine, mentre avviene la mutilazione, effettuata senza anestesia. Questa pratica è una forma di controllo del corpo e delle funzioni riproduttive delle donne.

Credenze e analfabetismo

Tra le varie testimonianze raccolte da “Actionaid” riguardo l’infibulazione c’è quella della keniana Chepatula, che era lontana da casa quando sua figlia subì la mutilazione. La giovane perse molto, troppo sangue. Fu trattata con delle erbe medicinali usate nel villaggio prima di essere portata nel più vicino ospedale. Ma ormai era troppo tardi. Chepatula non seppe niente di tutto questo. Semplicemente, le dissero che sua figlia era stata “tagliata” e che aveva perso troppo sangue. Se non fosse stato per la mutilazione, la figlia di Chepatula non sarebbe morta in quell’ospedale.

Sconvolge non solo la violenza fisica e psicologica che devono subire le ragazze da parte della propria famiglia, ma anche la mentalità che spinge gli uomini, e soprattutto il Governo a non abolire tale usanza, frutto di alcune credenze che persistono ancora oggi soprattutto in Paesi dove il tasso di analfabetismo è altissimo. Ad esempio, in Kenya, circa il 73% della popolazione, di cui la maggior parte donne, non sa né leggere né scrivere.

In Italia la mutilazione genitale è vietata dalla legge, ma secondo le ultime ricerche condotte dall’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere sulle mutilazioni genitali femminili nell’Ue “si stima che in Italia dal 15 al 24% delle ragazze siano a rischio, su una popolazione totale di 76.040 ragazze di età compresa tra 0 e 18 anni provenienti da Paesi in cui questa pratica barbara viene adottata”.

La religione islamica

L’infibulazione è comunque solo una, seppur tra le peggiori, tra le tante usanze culturali che vanno a discapito delle donne. Esistono, infatti, Paesi di religione islamica che le obbligano a portare in pubblico il proprio capo coperto con un velo, noto come “Hijab”, o le estromettono dalle strutture scolastiche, privandole di un’istruzione con una conseguente esclusione dai posti di lavoro e privazione di un’indipendenza economica.

DonneIn Afghanistan, Pakistan e Iran, ad esempio, esiste una netta separazione tra quello che possono e non possono fare maschi e femmine. Ci sono leggi scritte che tendono a escludere e danneggiare le donne. La trasgressione può essere pagata con la vita.

Proprio in Iran, a seguito dell’uccisione di Mahsa Amini, studentessa curda di 22 anni, avvenuta mentre era in custodia della polizia morale di Teheran per non aver indossato correttamente il velo, sono scoppiate proteste e manifestazioni contro il regime della Repubblica Islamica. Quest’ultimo obbliga le ragazze a portare il velo, pena la galera o addirittura la morte.

Esiste infatti la possibilità di essere condannati a morte con l’accusa di “moharebeh”, ovvero “inimicizia contro Dio”. Il regime, nonostante le proteste e le manifestazioni in segno di solidarietà contro la studentessa uccisa, anziché abolire queste leggi, che ai nostri occhi sembrano medievali, ha preferito rispondere con la forza. Fortunatamente alle manifestazioni, oltre alle ragazze, per lo più studentesse, si sono uniti anche molti ragazzi che trovano queste imposizioni prive di fondamenta.

La vera parità ancora non esiste

Ci si domanda come in un’era cosi evoluta sia socialmente che tecnologicamente, la donna non venga ancora considerata alla pari di un uomo, in particolare sul posto di lavoro ma anche all’interno della famiglia stessa, dove a volte vi è una certa riluttanza a riconoscere una parità di ruoli. Uno dei fattori che influisce maggiormente sulla loro vita è la volontà di creare una famiglia e di avere figli. Anche nella civilissima Europa avvengono gravi atti di discriminazione.

In Italia, ad esempio, molti datori di lavoro per aggirare la legge che vieta di licenziare in caso di maternità usano lo stratagemma del contratto a tempo determinato. Ciò penalizza notevolmente le donne che vogliono diventare madri, costringendole ad abbandonare la propria carriera o a non crearsi una famiglia. Uno studio pubblicato sul Journal of Social Science, riporta che durante i colloqui alle candidate sono spesso fatte domande di natura privata. Tra queste proprio la volontà di creare una famiglia.

Le forti discriminazioni a livello lavorativo hanno spinto le donne di molti Stati, e in particolare in Italia, a mettere al primo posto la carriera, spingendole a fare figli sempre più tardi o non farli. Questo sta avendo ripercussioni sui numeri delle nascite. Come riporta Eurostat, proprio l’Italia è risultata essere in testa negativamente con un tasso di natalità pari al 1,24.

Possibili soluzioni

E, come lamentano molte donne, in molte Nazioni non si fa nulla per andare loro in contro, realizzando ad esempio all’interno dei propri posti di lavoro, degli asili nido dove poter lasciare i propri piccoli durante le ore lavorative oppure fornendo loro dei contributi statali in caso di maternità. Non tutte le famiglie possono permettersi una babysitter o contare sui famigliari, soprattutto le ragazze madri.

Disparità di guadagno

In Europa, secondo quanto riportano i dati del Parlamento europeo, sono tanti i Paesi con un alto tasso di divario retributivo. Il più alto è risultato quello dell’Estonia, con il 20 – 5%.

Dai dati riportati dall’Onu gli Stati con le migliori parità di genere sono la Svezia, la Danimarca e i Paesi Bassi. Tre i fattori al centro dell’indagine: inclusione, giustizia e sicurezza. “In tutti e tre le lavoratrici possono facilmente concentrarsi sui loro obiettivi professionali. I Paesi Bassi emergono per flessibilità lavoro-vita privata: il 48% delle donne può prendersi qualche ora per gestire la famiglia. La Svezia, invece, ha un FTE (Full-Time Equivalent), molto alto, pari al 59%, contro il 67% degli uomini”. L’Italia è risultata all’ultimo posto, con un tasso di occupazione con contratti a tempo pieno che si aggira al 31%.

Femminicidi

Inoltre, ciò che spaventa e lascia sgomenti è l’alto numero di femminicidi che avviene ogni anno. Il rapporto Onu (UN Women), pubblicato alla vigilia della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, mostra che in 45 mila – più della metà (56%) delle 81.100 vittime di omicidi lo scorso anno in tutto il Mondo – sono state uccise dal marito, partner o altro parente. Ogni giorno sono tante le denunce alle autorità ma spesso queste richieste d’aiuto rimangono inascoltate e le vittime restano sole o in balia degli aggressori. Questo spinge alcune donne, vittime di violenza domestica e con figli, a non denunciare e continuare a subire. Nulla e nessuno dà il diritto a un uomo di toccare una donna senza il suo permesso.

Sembra quasi che ci sia paura e ostilità nel riconoscere l’uguaglianza tra entrambi i sessi. Ciò si riscontra in tutti i campi dal sociale al famigliare, dal lavorativo a quello politico. Chi potrebbe fare Donnequalcosa non muove un dito. Come scrive nel suo libro, “Sii bella e stai zitta”, la scrittrice e saggista Michela Marzano, “essere dalla parte delle donne non significa sognare un Mondo in cui i rapporti di dominio possano finalmente capovolgersi per far subire all’uomo ciò che la donna ha subito per secoli. Essere dalla parte delle donne vuol dire lottare per costruire una società egualitaria, in cui essere uomo o donna sia indifferente, non abbia alcuna rilevanza. Non perché essere uomo o donna sia la stessa cosa, ma perché sia gli uomini sia le donne sono esseri umani che condividono il meglio e il peggio della condizione umana”.

 

Maria Vittoria Rickards

Foto © Giornale di Sicilia, Tpi, istock, InformaMolise, News24

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