Preoccupanti tensioni in Kosovo

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Kosovo

Gli scontri dei giorni scorsi nel nord potrebbero portare a una grave crisi in Europa

Le ultime tensioni in Kosovo sono sfociate in violenza, nella quale sono rimasti feriti anche alcuni militari della Kfor, la forza Nato incaricata di mantenere la pace in un territorio carico di rivalità non sopite tra la comunità serba e quella albanese. Il 29 maggio negli scontri sono rimasti coinvolti anche 14 militari italiani, appartenenti al Nono Reggimento Alpini L’Aquila.

L’escalation in corso ha preso sempre più forza a partire dall’ultima tornata di elezioni amministrative. La popolazione serba contesta infatti la designazione di alcuni nuovi sindaci di etnia albanese, come emerso dal voto locale del 23 aprile scorso.

La crisi del Kosovo in termini di priorità a livello europeo viene subito dopo quella dell’Ucraina, anche per il legame che storicamente lega la Serbia alla Russia

Sperando di portare Belgrado e Pristina nell’orbita occidentale, l’ideale per l’Europa sarebbe quello di dare ai serbi del Kosovo diritti e protezioni sufficienti per convincere all’unanimità l’Unione europea oltre che la Serbia a riconoscere lo Stato kosovaro. Ricordiamo che dopo la dichiarazione dell’indipendenza nel 2008, il Kosovo è riconosciuto come Stato indipendente da molti Paesi (115) ma non da cinque membri dell’Ue. Si tratta delle Nazioni con qualche rischio di secessione interna, in primo luogo la Spagna ma anche la SlovacchiaCipro, che ha la parte nord occupata dai turchi, la Romania, che ha una minoranza ungherese molto forte e la Grecia, per solidarietà con Cipro.

Gli appelli dell’Unione europea

In seguito agli scontri di maggio il capo della diplomazia europea, Josep Borrell, ha invitato le autorità del Kosovo a sospendere le operazioni di polizia intorno agli edifici comunali nel nord del Paese e i manifestanti serbi a ritirarsi. Gli Stati membri dell’Ue, dopo i colloqui telefonici con il primo ministro del Kosovo, Albin Kurti, e il presidente serbo, Alexander Vucic, stanno “discutendo le possibili misure da adottare se le parti continuano a resistere alle misure proposte in vista della de-escalation”.

E sembra che nonostante i ripetuti appelli europei, il primo ministro Kurti, non sia riuscito a intervenire per ridurre le tensioni nel nord del Kosovo. Mentre il lavoro diplomatico continua, Peter Stano, portavoce dell’Alto rappresentante Ue, Josep Borrell, ha comunicato che l’Ue ha preparato delle proposte di misure con effetto immediato”. Tali misure ha precisato, non rappresentano però sanzioni contro il Kosovo.

Il discorso della presidente della Repubblica al Parlamento di Strasburgo

Intanto oggi, mercoledì 14 giugno, la presidente della Repubblica del Kosovo, Vjosa Osmani, è intervenuto in una seduta solenne del Parlamento a Strasburgo. Prima presidente del Kosovo dall’indipendenza del Paese nel 2008 a rivolgersi al Parlamento europeo, ha sottolineato il desiderio del suo Paese di una pace e una stabilità durature e giuste, nel rispetto della sovranità, dell’integrità territoriale e delle relazioni di buon vicinato.

Riferendosi al percorso della Nazione verso l’adesione all’Ue, ha affermato che il suo Paese riconosce le sfide che lo attendono e che crede in un processo basato sul merito per i Paesi che rispettano e agiscono realmente in conformità con i valori europei. «I valori europei e lo spirito dell’Ue sono profondamente radicati nel nostro Dna. Sono questi che hanno plasmato il nostro passato, ci ispirano nel presente e ci guidano verso un futuro in cui il Kosovo sarà un faro degli ideali europei», ha aggiunto.

Riferendosi all’aggressione della Russia contro l’Ucraina, la presidente Osmani ha affermato che non ci dovrebbe essere «nessuna zona d’ombra per quanto riguarda la nostra posizione sulle autocrazie e le tirannie. (…) Il Kosovo sarà anche un piccolo Paese, ma siamo pronti a fare tutto il necessario per sostenere i nostri amici ucraini».

La disputa secolare sul Kosovo

La Serbia ritiene la Regione come il cuore della sua statualità e religione, dove si trovano numerosi monasteri cristiani, ortodossi, serbi medievali. I nazionalisti serbi vedono la battaglia del 1389 sulla Spianata dei Merli contro i turchi ottomani come un simbolo della loro lotta nazionale. La maggioranza di etnia albanese del Kosovo lo vede come il proprio Paese e accusa la Serbia di occupazione e repressione.

I ribelli di etnia albanese avevano lanciato una ribellione nel 1998 per liberare il Paese dal dominio serbo. La brutale risposta di Belgrado aveva provocato un intervento della Nato nel 1999, costringendo la Serbia a ritirarsi e cedere il controllo alle forze di pace internazionali. Belgrado controlla i serbi del Kosovo e il Kosovo non può diventare un membro delle Nazioni Unite e uno Stato funzionale senza risolvere la controversia con la Serbia. Gli ultimi episodi di violenza rientrano in una storia che, a distanza di decenni, non trova ancora la via della normalizzazione.

 

Rossella Vezzosi

Foto © Bluewin.ch, Union européenne

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