Rapporto ASviS 2023

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L’Italia mostra forti ritardi e rischia di non rispettare gli impegni assunti nel 2015 in sede Onu per l’attuazione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile

 

Presso l’Acquario Romano si è svolta la conferenza organizzata e promossa dall’ASviS (Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile), in cui si è presentato il consueto rapporto relativo all’anno trascorso. Si ricorda che il documento, oltre a fornire aggiornamenti sull’impegno della comunità internazionale per l’attuazione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile dell’Onu (sottoscritta dai Governi di 193 Paesi il 25 settembre del 2015), si concentra sull’analisi particolare dell’Italia.

Il rapporto è stato presentato da Marcella Mallen e Piergluigi Stefanini, presidenti di ASviS. Mentre l’illustrazione capillare del documento è stata affidata a Enrico Giovannini, direttore scientifico ASviS. Il consesso ha visto poi la partecipazione di illustri figure del mondo istituzionale: il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco; la ministra del Lavoro e delle Politiche sociali Marina Elvira Calderone; il giudice della Corte Costituzionale Giulio Prosperetti. A questa manifestazione è stata conferita la medaglia del presidente della Repubblica.

Urgente attuare interventi e riforme

l’Italia mostra forti ritardi e rischia di non rispettare gli impegni assunti nel 2015 in sede Onu. Rispetto al 2010, per otto dei 17 obiettivi (Sustainable Development Goals – SDGs) si registrano contenuti miglioramenti. Per sei la situazione è peggiorata e per tre è stabile. In riferimento ai 33 Target valutabili con indicatori quantitativi, solo per otto si raggiungerà presumibilmente il valore fissato per il 2030.

Per 14 sarà molto difficile se non impossibile conseguirlo. Per nove si registrano andamenti contraddittori. E per due la mancanza di dati impedisce di esprimere un giudizio. I ritardi accumulati potrebbero essere in parte recuperati. Ma risulta necessario attuare con urgenza una serie di interventi e di riforme.

Le analisi di Enrico Giovannini

«Il Rapporto di quest’anno, dedicato all’analisi di quanto accaduto a livello globale, europeo e italiano da quando è stata sottoscritta l’Agenda 2030, mostra chiaramente che il nostro Paese, al contrario dell’Unione europea, non ha imboccato in modo convinto e concreto la strada dello sviluppo sostenibile. E non ha maturato una visione d’insieme delle diverse politiche pubbliche (ambientali, sociali, economiche e istituzionali). Ciò non vuol dire che non si siano fatti alcuni passi avanti o che non si siano assunte decisioni che vanno nella giusta direzione. Ma la mancanza di un impegno esplicito, corale e coerente da parte della società, delle imprese e delle forze politiche ci ha condotto su un sentiero di sviluppo insostenibile. Che è sotto gli occhi di tutti, come confermano anche le analisi dell’opinione pubblica italiana contenute nel rapporto».

L’ex ministro delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili ha aggiunto: «Gli indicatori compositi elaborati dall’ASviS per l’Italia mostrano peggioramenti rispetto al 2010 per la povertà (Goal 1), i sistemi idrici e sociosanitari (Goal 6), la qualità degli ecosistemi terrestri e marini (Goal 14 e 15), la governance (Goal 16) e la partnership (Goal 17). Dimostra invece una sostanziale stabilità per gli aspetti legati al cibo (Goal 2), alle disuguaglianze (Goal 10) e alle città sostenibili (Goal 11). Per gli altri otto Goal i miglioramenti sono inferiori al 10% in 12 anni, eccetto che per la salute (Goal 3) e l’economia circolare (Goal 12).

In termini di disuguaglianze territoriali, sui 14 Goal per cui sono disponibili dati regionali, solo per due (10 e 16) si evidenzia una loro riduzione. Per tre (2, 9 e 12) una stabilità e per i restanti nove un aumento, in totale contraddizione con il principio chiave dell’Agenda 2030 di non lasciare nessuno indietro».

Le dichiarazioni di Marcella Mallen

«Alla constatazione che l’Italia procede a rilento sul cammino dello sviluppo sostenibile non deve corrispondere un sentimento di disfattismo. È ancora possibile cambiare passo. A partire dal consolidare la consapevolezza dell’opinione pubblica, delle imprese e delle amministrazioni pubbliche sul fatto che, nonostante i negazionisti, la scelta della sostenibilità conviene tanto dal punto di vista sociale e ambientale, quanto da quello economico.

Le numerose proposte dell’Alleanza contenute nel Rapporto rappresentano il contributo della società civile italiana per realizzare ciò che il Governo si è impegnato a fare. Allo scopo di ingaggiare sempre più l’opinione pubblica sull’importanza di perseguire uno sviluppo sostenibile e di rispettare i diritti delle future generazioni, l’ASviS propone di istituire la “Giornata nazionale dello sviluppo sostenibile” che si celebri il 22 febbraio, data di pubblicazione della Legge costituzionale n. 1/2022, che ha modificato gli artt. 9 e 41 della Costituzione».

La situazione degli altri Paesi

Secondo l’Onu, guardando ai Target dell’Agenda 2030 per cui sono disponibili dati affidabili, solo nel 12% dei casi si è sulla buona strada per raggiungere i valori. Più della metà, invece, nonostante qualche progresso, sono “moderatamente o gravemente fuori Asvisstrada”. E circa il 30% non ha fatto registrare alcun avanzamento o si trova oggi in una condizione peggiore di quella del 2015. A livello di Unione europea, gli indicatori dell’ASviS mostrano come dal 2010 in avanti ci siano stati progressi per gran parte degli obiettivi. Ma, in vari casi, si tratta di miglioramenti contenuti e ancora insufficienti per centrare i Target dell’Agenda 2030 entro questa decade. Inoltre, si nota una riduzione delle disuguaglianze tra Paesi nel conseguimento degli obiettivi solo per otto di essi. Mentre per tre le distanze sono rimaste costanti e per cinque sono addirittura aumentate.

Panoramica sulle quattro dimensioni dello sviluppo sostenibile in Italia

Per quanto riguarda la dimensione sociale dello sviluppo sostenibile, si segnala che, tra il 2015 al 2021, la quota di famiglie in condizione di povertà assoluta è salita dal 6,1% al 7,5%. E riguarda quasi 2 milioni di famiglie, dove vivono 1,4 milioni di minori. Oltretutto continua ad allargarsi la disuguaglianza tra ricchi e poveri. La spesa pubblica per sanità e istruzione dell’Italia è nettamente inferiore a quella media europea. L’abbandono scolastico è pari all’11,5% (36,5% tra gli stranieri). E la disoccupazione giovanile è al 23,7%. Infine, 1,7 milioni di giovani non studiano e non lavorano.

Per la dimensione ambientale si registra il 42% di perdite dai sistemi idrici; solo il 21,7% delle aree terrestri e l’11,2% di quelle marine sono protette; lo stato ecologico delle acque superficiali è “buono” o “superiore” solo per il 43% dei fiumi e dei laghi; il degrado del suolo interessa il 17% del territorio nazionale; l’80,4% la quota degli stock ittici è sovrasfruttato; le energie rinnovabili rappresentano solo il 19,2% del totale, che non consente di intraprendere il processo di netta riduzione delle emissioni su cui il Paese si è impegnato a livello Ue.

Nell’ambito della dimensione economica, dopo la ripresa del biennio 2021-2022 seguita alla pandemia, l’Italia presenta ancora alcuni dei segnali di crescita debole che hanno caratterizzato il decennio precedente. L’occupazione cresce, ma resta forte la componente di lavoro irregolare (3 milioni di unità). Passi avanti sono stati compiuti per l’economia circolare (il consumo materiale pro-capite si è ridotto del 33% in dieci anni) ed è cresciuto il tasso di innovazione (+21% tra il 2010 e il 2018). Tuttavia, molte imprese mostrano resistenze a investire nella trasformazione digitale ed ecologica. Il Paese necessita di forti investimenti, anche per rendere le infrastrutture più resilienti di fronte alla crisi climatica. La finanza sta muovendosi nella direzione della sostenibilità, accompagnando il mutamento delle preferenze dei risparmiatori.

Per la dimensione istituzionale dello sviluppo sostenibile emerge che, nell’ultimo decennio, sono drasticamente diminuiti omicidi volontari e criminalità predatoria. Ma hanno avuto un accrescimento alcuni reati contro la persona: le violenze sessuali (+12,5%) e le estorsioni (+55,2%). Forte è anche l’aumento di tutti i reati informatici: truffe e frodi (+152,3% rispetto al 2012). Il sovraffollamento carcerario, ridottosi nel decennio 2010-2019, ha ripreso a salire nell’ultimo biennio.

Proposte

Secondo il presidente dell’ASviS, Pierluigi Stefanini, «per recuperare il terreno perduto è indispensabile adottare un approccio politico e culturale, che consideri la sostenibilità il fulcro di tutte le scelte, pubbliche e private. È questo l’approccio alla base della nuova strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile, approvata esattamente un mese fa. Negli stessi giorni, il Governo si è impegnato all’Assemblea generale dell’Onu a predisporre un “Piano di accelerazione” per il conseguimento degli obiettivi su cui siamo più indietro, quasi tutti. Le nostre proposte possono servire per definire contenuti, tempistiche e metodologie per realizzare questo Piano».

L’ASviS ha avanzato nei confronti del Governo tre proposte concrete:

  • assegnare alla presidenza del Consiglio il compito di predisporre il Piano;
  • allestirlo entro marzo 2024, affinché esso contribuisca alla preparazione del prossimo documento di Economia e Finanza;
  • coinvolgere la società civile e gli enti territoriali attraverso il Forum per lo sviluppo sostenibile esistente presso il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (Mase).

In base a quanto emerso dal convegno, al contempo, si ritiene che occorra dare attuazione alla nuova strategia nazionale. In primo luogo costruendo un serio sistema di valutazione ex ante delle politiche rispetto ai diversi obiettivi dell’Agenda 2030, al cui interno trovi spazio anche lo Youth Check. Ossia la verifica del rispetto del criterio di giustizia intergenerazionale recentemente introdotto nella Costituzione. L’idea è presente anche nel programma elettorale dell’attuale maggioranza. La valutazione d’impatto si rende applicabile. Anche con riferimento alle politiche degli enti territoriali, a partire dai progetti finanziati dai nuovi fondi europei e nazionali di coesione. Con l’obiettivo di valutare il contributo di questi ultimi al raggiungimento dei 17 obiettivi.

Le bozze del Piano nazionale integrato energiaclima (Pniec) e del Piano nazionale per l’adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc) devono essere rafforzate e finalizzate il prima possibile per guidare un ampio insieme di politiche economiche, sociali e ambientali da sostenere con adeguati finanziamenti. L’Italia deve poi dotarsi di una Legge per il clima, come fatto dagli altri grandi Paesi europei, che sancisca l’obiettivo di neutralità climatica entro il 2050 e quelli intermedi coerenti con esso, fissi un budget totale di carbonio e budget settoriali, che traccino per i diversi comparti economici un percorso di azzeramento delle emissioni di gas serra, e istituisca un Consiglio scientifico per il clima, allo scopo di assistere i decisori pubblici nella predisposizione degli interventi e di monitorare i risultati via via ottenuti.

 

Federico Gasparella

Foto © Eurocomunicazione

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Federico Gasparella
Dopo aver conseguito la laurea in Giurisprudenza ho iniziato la professione giornalistica. Fino ad ora ho avuto la possibilità di approfondire diverse tematiche. Sono partito affrontando questioni attinenti al mondo della legalità, passando per la politica internazionale, l’attualità, la cultura e l’arte.

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