Impronta ecologica e biodiversità

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Biodiversità

L’uomo ha bisogno di cibo, acqua, energia e materie prime per vivere. Per tali attività utilizza risorse sottraendole ad altre specie riducendo la biodiversità

 

L’uomo interagisce con gli habitat naturali: abbatte le foreste per fare spazio a colture o nuove Città. Realizza dighe sui fiumi per costruire centrali idroelettriche o migliorare l’irrigazione dei campi. Utilizza animali e piante selvatici per ricavarne cibo, materie prime e medicine, ma il successo della nostra specie ne sta compromettendo molte altre. Così facendo spingiamo decine di migliaia di specie vegetali e animali sull’orlo dell’estinzione.

L’impronta ecologica

Per calcolare e tenere sotto controllo l’impatto antropico sul Pianeta è stato definito il concetto di impronta ecologica. Si tratta di un parametro che indica quanti ettari di bosco, terreni da pascolo, terreni coltivabili e mari siano necessari per rinnovare le risorse utilizzate e assorbire i rifiuti generati. In pratica misura l’impatto ambientale complessivo di un individuo, una comunità, o di un’intera Nazione in relazione alle risorse naturali consumate e ai rifiuti prodotti. L’obiettivo dell’impronta ecologica è valutare se l’attuale stile di vita e il modello di consumo siano sostenibili a lungo termine per il Pianeta. Un’ampia impronta ecologica può indicare un consumo eccessivo di risorse rispetto alla capacità della Terra di rigenerarle.

Riduzione della biodiversità

La perdita della biodiversità è un problema per tutti. La diminuzione delle specie può mettere a rischio gli ecosistemi, portarli al degrado e alla distruzione. Trasferisce le specie da un habitat all’altro causando gravi problemi alle varietà locali, che si ritrovano costrette a competere per le risorse o non sono in grado di combattere le malattie portate dagli invasori. Il tasso di perdita della biodiversità è allarmante nei Paesi a basso reddito, spesso situati in zone tropicali, mentre il Mondo sviluppato vive in un finto paradiso, tra consumi eccessivi ed emissioni di carbonio. Le diminuzioni più significative della biodiversità sono state registrate nelle Nazioni a reddito minore, con una riduzione quasi del 60% negli ultimi quarant’anni.

Specie animali sull’orlo dell’estinzione

Se si continua a vivere al di sopra delle possibilità della Terra, nel 2030 avremo bisogno delle risorse di due Terre per soddisfare la domanda annuale. Continuando con le attuali tendenze di consumo, si arriverà al punto di non ritorno. Sarebbero necessarie 4,5 Terre per sostentare una popolazione globale che vivesse come un cittadino medio degli Stati Uniti. Nel 2010 gli esemplari di langur dalla testa dorata, che vive solo sull’isola di Cat Ba nel Vietnam nordorientale, erano ridotti a sessanta-settanta. C’erano meno di cento lepilemuri settentrionali in Madagascar e circa centodieci gibboni dalla cresta nera nel Vietnam nordorientale. A causa della frammentazione dell’habitat e dall’abbattimento delle foreste per scopi agricoli, per esempio per piantare palme da olio, dell’orango di Sumatra restavano seimilaseicento esemplari.

Allarme lanciato dalle organizzazioni internazionali

L’Unione mondiale per la conservazione della natura (IUCN, International Union for the Conservation of Nature) ritiene che quasi la metà delle specie di primati del Mondo, tra cui le grandi scimmie e i lemuri, siano a rischio di estinzione in seguito alla distruzione delle foreste tropicali, alla caccia e al commercio illegali. La situazione dei primati del Madagascar, dell’Africa, dell’Asia, dell’America centrale e meridionale è disperata: il 48% delle 634 specie è minacciato, e molte sono a rischio imminente di estinzione. E quando una popolazione è piccola i disastri sono sempre grandi: un ciclone tropicale potrebbe, per esempio, spazzar via le ultime centinaia di esemplari rimasti.

Squilibri negli ecosistemi

Negli ultimi decenni la pesca eccessiva ha causato una diminuzione del 90% della popolazione di squali nel Mondo e una del 99% lungo la costa orientale degli Stati Uniti, fenomeno questo che ha già iniziato a influenzare la vita dell’uomo. Dopo il crollo della loro popolazione nel 2000, la pastinaca comune, tradizionale preda degli squali, si è moltiplicata in modo esponenziale lungo le coste statunitensi. Nel 2004 le pastinache hanno a loro volta sterminato le popolazioni di pettini della Carolina del Nord, devastando le zone di pesca e portando alla rovina un’economia locale vecchia più di un secolo. Ci sono molti altri animali e piante minacciati dall’uomo: tigri, coralli, gorilla, rinoceronti bianchi settentrionali, axolotl, tartarughe liuto, alligatori cinesi, corvi delle Hawaii e leopardi delle nevi rappresentano solo una piccola percentuale delle specie in pericolo.

Intervenire rapidamente

Probabilmente agli attuali tassi di consumo e di degrado dell’ambiente naturale l’ecosistema collasserà prima della fine di questo secolo. È necessario un deciso cambiamento di rotta per la biodiversità. Dobbiamo commisurare i nostri consumi con la capacità del mondo naturale di rigenerarsi e di assorbire le nostre scorie. Il programma REDD delle Nazioni Unite (Riduzione delle emissioni provenienti dalla deforestazione e dal degrado delle foreste nei Paesi in via di sviluppo), proposto nell’ambito di un accordo globale per affrontare i cambiamenti climatici, sarà determinante per conservare la popolazione in declino dei primati. L’idea è che le Nazioni ricche paghino quelle in via di sviluppo perché tutelino le loro foreste, in modo da conservare il carbonio e impedire ulteriori emissioni di gas serra. L’idea chiave è lavorare verso un bilancio sostenibile, cercando di ridurre l’impronta ecologica attraverso scelte consapevoli e pratiche che minimizzino l’uso delle risorse e l’inquinamento.

 

Nicola Sparvieri

Foto © Terra Nuova, Marevivo, ENGIE Casa

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Laureato in Fisica, si è occupato di superconduttività e spazio. Ha insegnato Fisica Generale alla Sapienza ed è membro dell'Accademia Internazionale di Astronautica. Giornalista pubblicista, è titolare di un blog. Scrive di scienza, società, ambiente e sostenibilità. Cofondatore di RISE, associazione noprofit che promuove la nascita di startup sostenibili. Ama i suoi nove figli e i numerosi nipoti il cui numero è destinato ad aumentare.

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