Consiglio europeo, unanimità tra i 27

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Consiglio europeo

Continuano le proteste degli agricoltori in tutta Europa e a Bruxelles è stata abbattuta una statua davanti al Parlamento europeo

 

Via libera all’unanimità del Consiglio europeo a un nuovo pacchetto di aiuti da 50 miliardi di euro per l’Ucraina. Il sapiente lavoro diplomatico del premier italiano Meloni con il primo ministro ungherese Orban ha portato i suoi frutti. «Abbiamo un accordo. Tutti i 27 leader hanno concordato un pacchetto di sostegno aggiuntivo di 50 miliardi di euro per l’Ucraina all’interno del bilancio dell’Ue. In questo modo si garantisce un finanziamento costante, a lungo termine e prevedibile per l’Ucraina», ha annunciato Charles Michel, presidente del Consiglio europeo.

Stessa soddisfazione da parte della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. «Accordo! Il Consiglio europeo ha realizzato le nostre priorità. Sostenere l’Ucraina. Combattere la migrazione illegale. Sostenere la competitività europea. Una buona giornata per l’Europa».

Esulta il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. La prossima settimana sarà il Senato americano a votare sui fondi per Kiev.

Soddisfazione

È stata soprattutto la premier a farsi carico di portare a termine l’opera diplomatica iniziata mesi fa. Tanti i colloqui e gli incontri che hanno coinvolto anche i ministri. La quadra è stata trovata nei colloqui quando Orban ha avuto un faccia a faccia presso l’Hotel Amigo sia con Meloni che con il presidente francese Macron, e i successivi all’Europa Building, dove si è tenuta una riunione ristretta dei tre leader con il cancelliere tedesco Olaf Scholz, con Michel e con la presidente Ursula von der Leyen.

Soddisfazione da parte del premier italiano. «Non era facile trovare una soluzione, noi siamo sempre stati convinti che una soluzione a 26 sarebbe stata un precedente pericoloso. Abbiamo lavorato molto per una soluzione a 27 e l’abbiamo portata a casa». Sulla mediazione con Orban osserva: «con il primo ministro ungherese abbiamo lavorato cercando di arrivare a un punto che ci consentisse di non dividere l’Europa in un momento come questo, perché abbiamo altri problemi. In Europa bisogna saper dialogare con tutti e credo che quello che è accaduto nelle ultime ore dimostri, che è quanto ho sempre sostenuto, che non puoi pensare di risolvere i problemi parlando con due o tre persone ma devi avere una capacità di dialogo con tutti».

Non solo Ucraina

In una recente intervista a Le Point Orban aveva sostenuto: «non siamo d’accordo con la revisione al bilancio. Non siamo d’accordo sul fatto che dovremmo dare 50 miliardi di euro all’Ucraina. L’Ungheria è pronta a partecipare alla soluzione dei 27, se garantisce che ogni anno decideremo se continuare o meno a fornire questi soldi. La decisione deve avere la stessa base giuridica di oggi: deve essere unanime».

Il partito Fidesz di Viktor Orban nel gruppo Ecr guidato da Giorgia Meloni? «È un dibattito aperto, ma non è un dibattito di questi giorni, eventualmente si aprirà dopo le Europee», risponde il premier. Non tarda la risposta di Orban. «L’idea era di entrare già prima, ma a questo punto lo faremo dopo le elezioni. Comunque la risposta è sì, siamo pronti ed entreremo nei Conservatori europei».

Proteste degli agricoltori

I leader europei in questi giorni si trovano a dover risolvere, anche, le rivendicazioni alla base della proteste dei trattori. «Io sono stata leader politico di partito che in Ue ha votato contro gran parte delle questioni criticate ora dagli agricoltori. In Italia abbiamo già fatto del nostro meglio ma la politica europea va cambiata. Ho chiesto di fare sforzi maggiori ma un cambio di linea potrà arrivare dopo le elezioni europee sperando prevalga un approccio diverso da quello ideologico visto finora». Queste le parole di Giorgia Meloni, al termine del consiglio Ue.

«Si è sbagliato molto in Europa quando si è sostenuta la sostenibilità ecologica senza appoggiare la sostenibilità sociale» – ha continuato il premier. «Certo in Italia abbiamo lavorato, abbiamo portato da 5 a 8 miliardi le risorse del Pnrr per il fondo agricolo, ci siamo impegnati sull’agri-solare, sui contratti di filiera: abbiamo fatto un lavoro che ci viene riconosciuto dagli agricoltori. In alcuni Paesi d’Europa protestano perché non si sono prorogati i sussidi sul gasolio: noi lo abbiamo fatto».

Le motivazioni e le reazioni

Le prime proteste degli agricoltori risalgono a dicembre in Germania. In seguito si sono estese ad altri Paesi. Gli agricoltori puntano il dito contro l’Unione europea e in particolare il Green Deal, in gran parte approvato e che prevede una serie di misure per ridurre le emissioni che vanno a impattare sul lavoro degli agricoltori. In questo senso, i sussidi della Politica agricola europea (Pac) sono stati vincolati al rispetto da parte degli agricoltori di una serie di paletti in chiave di sostenibilità. Ma gli agricoltori manifestano anche contro i profitti sempre più scarsi che lamentano per il proprio lavoro a causa del libero mercato.

Le proteste hanno suscitato le attenzioni della politica. Con i manifestanti si sono fermati a dialogare la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, i premier belga, ungherese e olandese De Croo, Orban e Rutte che hanno incontrato i rappresentanti delle associazioni degli agricoltori. «Gli agricoltori svolgono un ruolo essenziale nella società europea», ha affermato la presidente. «Sono attori chiave nell’assicurare l’uso sostenibile delle risorse naturali e contribuiscono positivamente al nostro commercio estero. Hanno dimostrato una notevole resilienza, ma restano delle sfide. Possono contare sul sostegno dell’Europa. Possono contare su 390 miliardi di euro dalla Politica agricola comune, nel 2023 l’Ue ha dato assistenza straordinaria per oltre 500 milioni di euro agli agricoltori più colpiti dalla crisi. Naturalmente, dobbiamo difendere gli interessi legittimi dei nostri agricoltori negli accordi commerciali. Lavoreremo con la presidenza belga su una proposta per ridurre gli oneri amministrativi».

Cosa sta accadendo

Dopo il giovedì nero dell’assedio a Bruxelles, resta tesa la situazione ai valichi di confine tra Belgio e Paesi Bassi da questa mattina, 2 febbraio 2024, bloccati dalla protesta dei trattori contro le tasse, l’aumento dei costi, le importazioni a basso costo e la burocrazia. Nelle Fiandre vengono segnalati blocchi sulla A12, sulla E19 e sulla E34. Diversi caselli autostradali sono chiusi in entrata e in uscita. Le autorità consigliano ai cittadini che devono recarsi in Belgio di posticipare il viaggio.

La situazione si è invece normalizzata nella Capitale belga, dove è tornata la calma dopo le proteste inscenate dai 1.300 trattori presenti ieri. La mattina dell’1 febbraio, infatti, hanno sfilato a Bruxelles, paralizzando la viabilità. I manifestanti sono arrivati davanti alla sede del Parlamento europeo e qui hanno abbattuto una statua, organizzato roghi e si sono scontrati con la polizia.

Francia

Agricoltori divisi fra i trattori che bloccano le autostrade di accesso a Parigi, la Capitale isolata ormai da giorni. Dopo i nuovi annunci del premier Gabriel Attal con nuove garanzie e concessioni alle richieste degli agricoltori, i due principali sindacati del settore, la Fnsea e i Giovani agricoltori, hanno lanciato un appello ai loro iscritti a togliere i blocchi stradali, promettendo di vigilare sull’applicazione di quanto promesso. Al contrario, la Confédération Paysanne, considerata a sinistra, ha annunciato di proseguire la mobilitazione, rispondendo punto per punto agli annunci del Governo. Le condizioni di circolazione su alcune autostrade continuano ad essere difficili.

«Per proteggere i ricavi degli agricoltori europei serve un’Europa più forte, specie nei confronti della grande distribuzione, che ha un potere molto forte sul mercato europeo». Lo sottolinea il presidente francese Emmanuel Macron, che ha dedicato buona parte della conferenza stampa finale del Consiglio europeo ai temi dell’agricoltura, alla luce delle proteste degli agricoltori, particolarmente forti in Francia, dove il settore primario ha un peso importante.

Filiera squilibrata

«Ho chiesto alla presidente della Commissione europea» – continua – «di lavorare alla revisione strategica, per assicurare a livello europeo che non ci sia un aggiramento delle norme francesi da parte di centrali d’acquisto poste fuori dai confini nazionali. Abbiamo visto in questi ultimi anni che determinati distributori si sono organizzati a livello europeo con centrali d’acquisto e che, mediante queste ultime, cercano di aggirare la legge francese». In fondo, «occorre un’Europa più forte e più concreta, per tutelare i redditi dei nostri agricoltori, che vogliono poter vivere del loro lavoro, producendo alimenti di qualità».

Il presidente francese ha ricordato che nella filiera alimentare europea i rapporti di forza sono squilibrati, perché, a fronte di milioni di agricoltori, ci sono qualche migliaio di trasformatori e qualche decina di grandi distributori, che hanno un potere di mercato sproporzionato. Inoltre, aggiunge Macron, «vorremmo che gli obiettivi fissati in particolare nella strategia Farm to Fork (dalla fattoria alla forchetta, una delle parti principali del Green Deal, ndr) siano rivisti, alla luce di un obiettivo di sovranità. In sostanza, dobbiamo tenere in considerazione la situazione geopolitica, quella del Continente e rimettere al centro degli obiettivi europei la sovranità alimentare», conclude.

 

Ginevra Larosa

Foto © Atlante guerre, Reuters

Video © Eurocomunicazione

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