Giuditta Tavani Arquati a Trastevere, cuore ribelle di Roma

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Giuditta

Il 25 ottobre 1867 veniva uccisa con il marito e il figlio quattordicenne Antonio dai gendarmi pontifici in via della Lungaretta mentre organizzava l’insurrezione per liberare Roma dal potere temporale del Papa

 

A Trastevere, cuore pulsante e ribelle di Roma, la donna ha sempre rappresentato, nella millenaria storia, forza, intraprendenza, volitività, passione, operosità e confusione, un sorta di “mamma Roma” insomma.

Donne popolane, religiose, nobili, madri di famiglia. A cominciare da Cecilia, di nobile famiglia dell’antica Roma, convertita al cristianesimo, che persuase lo sposo Valeriano ad abbracciare la religione cristiana insieme con il cognato. Si professano cristiani e vanno incontro alla morte. Massimo, il funzionario preposto all’esecuzione, vedendo come muoiono, vuole anche lui essere battezzato insieme al fratello Tiburzio sapendo di morire. Per ultima Cecilia. Sul luogo dove si è consumata la morte avvenuta per soffocamento dai vapori nel calidario della sua casa, è stata eretta la Chiesa di Santa Cecilia per volontà di Papa Urbano I. Agli inizi del IX secolo, Papa Pasquale I ebbe in sogno la visione della donna che gli rivelava la propria sepoltura e fece erigere la chiesa in forma basilicale.

Tante donne hanno reso celebe il quartiere

Altre donne di diversa estrazione sociale hanno popolato e reso celebre il rione: Santa Francesca Romana, la nobile Donna Olimpia Maidalchini, che aveva sposato in seconde nozze Pamphilio Pamphilj, il fratello di papa Innocenzo X; Camilla Virginia Savelli Farnese, fondatrice delle oblate agostiniane; Margherita Luti, la Fornarina amata da Raffaello figlia di un fornaio di Trastevere; Rosa Tomei, la donna amata da Trilussa.

Trastevere è stata meta nell’Ottocento di viaggiatori che giungevano a Roma da tutta Europa per il Grand Tour: poeti e scrittori come Giacomo Leopardi, i fratelli Edmond e Jules de Goncourt, Nikolaj Gogol, che così scrive: “Conoscete i trasteverini, abitanti dell’altra riva del Tevere, così fieri della loro purissima discendenza dai romani antichi. Essi si considerano come gli unici romani autentici“. Il rione è tutto costellato di case destinate alla manifattura, e risuona dello strepitio dei telai e del canto delle donne e degli operai occupati al lavoro, come lo descrive Giacomo Leopardi nel 1823 mentre si recava alla tomba di Torquato Tasso a Sant’Onofrio, sul Gianicolo.

Trastevere è «terra bagnata dal sangue generoso di eroi e di santi, dove resiste il dialetto del Belli, di Trilussa e Pascarella, che non deve chiamarsi romanesco, ma lingua romana» (Massimo Grillandi).  

La fanciulletta

In una di queste vie, detta via della Lungaretta che da piazza Santa Maria in Trastevere porta dritto a ponte Sublicio, c’è piazza Santa Rufina, dove resiste il palazzo abitato da Giuditta Tavani, moglie di Francesco Arquati. Ella nasce il 23 aprile 1830 da Giustino Tavani, di professione lanaro, e Adelaide Mambor in via delle Mole o dell’Isola e in seguito trasferita a via della Lungaretta 96. Una donna volitiva, forte, una brava manager stando a quanto riporta il Tribuno rievocandone la figura; “Una fanciulletta, appena bilustre, è già alla direzione di ben duecento telai; corre dappertutto, di tutto parla, ed è la delizia dei lavoranti; le donne la rispettano e le obbediscono”.

Il marito Francesco Arquati, originario di Filettino, dirige uno stabilimento a Subiaco, dove Francesco Huetter aveva trasferito dalla nativa Alsazia una fabbrica di tovagliati con telai a turbina. Quando si sposano nel luglio 1844, Francesco ha 35 anni, Giuditta 14 anni. Dopo pochi anni, da Subiaco la famiglia rientra a Roma, in via della Lungaretta 97, dove all’attività di lavoro presso il lanificio di Giulio Aiani che aveva rilevato dal padre di Giuditta, Giustino Tavani, si affianca una intensa attività di propaganda mazziniana e garibaldina.

Un deposito in casa

Il Regno d’Italia è stato proclamato il 17 marzo 1861, manca Roma per farne la Capitale d’Italia e Trento e Trieste. E per questo a Roma c’è una decisa attività cospirativa per sollevare la popolazione e liberarla dal dominio del Papa. Nel mese di ottobre 1867 arrivano in Città patrioti da ogni parte e vengono accolti nel lanificio Aiani e nella casa di Giuditta in piazza di Santa Rufina. Il giorno della rivolta non era stato fissato e mentre fervevano i preparativi per la sollevazione popolare, Giulio Aiani nel recarsi in piazza Santa Rufina per raggiungere la moglie incinta, così come Giuditta, fu raggiunto dagli Zuavi pontifici che lo ricercavano e lo rincorsero sino a catturarlo.

TrastevereIl Giornale di Roma del 26 ottobre 1867 così riporta la notizia: “In Roma è accaduto ieri quanto segue: saputosi dalla polizia che nella casa e lanificio di un tal Giulio Aiani, situata alla Lungaretta n. 92, trovavasi un forte deposito di armi, vi fu, verso l’una pomeridiana, inviato un distaccamento di Gendarmi e di Zuavi per eseguire il sequestro. Giuntavi la forza trovò che in quel momento cominciavasi in detto luogo la distribuzione delle armi in una numerosa riunione di garibaldini. Questi, così sorpresi, opposero la più viva resistenza tirando dalle finestre fucilate e lanciando bombe così dette all’Orsini. Malgrado ciò, dopo oltre un’ora di fuoco, la truppa prese d’assalto la casa e riuscì a vincerli del tutto.

I garibaldini ebbero 16 morti, restando gli altri in numero di 39, fra i quali 5 feriti, in mano alla forza. Essi sono quasi tutti forestieri. Nella casa si trovò un gran deposito delle suddette bombe, di fucili, di revolvers, di lance e altre armi e munizioni. Dei nostri soldati non si sono avuti prodigiosamente che un sergente e due zuavi ferito”.

Il giornale del Papa

L’Osservatore Romano del 26 ottobre 1867 così scrive: “(…) gendarmi e zuavi, penetrati entro il locale alla baionetta ricominciarono per le scale un vero combattimento che terminò con la morte di quindici di quei malfattori e con l’arresto dei rimanenti in numero di trentuno che si erano rifugiati in una camera sotto i tetti“. Fra “quei malfattori” c’erano Giuditta Tavani Arquati di anni 37, il marito Francesco Arquati di anni 56, il figlio Antonio di anni 14.

Donna forte e coraggiosa

«Giuditta perduta ogni speranza di vittoria, visti cadere vicino a sé il marito e il figlio, si precipitò innanzi ai soldati di Pio IX gridandoVili! Non ho paura” e queste belve, sitibonde di sangue, non rispettando in lei neppure il sesso, la stesero al suolo con vari colpi di fucile, lacerandone poscia il cadavere a colpi di baionetta» secondo una accurata ricostruzione del nipote di Francesco, Pietro Parboni Arquati.

Un’eroina del Risorgimento italiano, romano e trasteverino le cui idee e azioni di libertà, di amore per la Patria si concretizzarono con il sacrificio della propria vita e dei suoi familiari. L’ultima patriota nella Roma del Papa. Una vita breve (37 anni) vissuta a Trastevere, “rocca del valore, del patriottismo italiano, del sentimento di libertà”.

 

Enzo Di Giacomo

Foto © Enzo Di Giacomo, Museo della Repubblica Romana e della Memoria

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Enzo Di Giacomo
Svolge attività giornalistica da molti anni. Ha lavorato presso Ufficio Stampa Alitalia e si è occupato anche di turismo. Collabora a diverse testate italiane di settore. E’ iscritto al GIST (Gruppo Italiano Stampa Turistica) ed è specializzato in turismo, enogastronomia, cultura, trasporto aereo. E’ stato Consigliere dell’Ordine Giornalisti Lazio e Consigliere Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, Revisore dei Conti Ordine Giornalisti Lazio, Consiglio Disciplina Ordine Giornalisti Lazio

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