Estate d’orrore, colpita ancora la Francia

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In nome dell’Isis e del Daesh assalitori occupano chiesa a Rouen e sgozzano il parroco, Jacques Hamel. Papa Francesco: «Non arrendersi all’odio»

Trucidato col taglio della testa nel cuore dell’Europa, in una piccola chiesa, mentre celebrava messa. La notizia del barbaro assassinio di padre Jacques Hamel, l’anziano parroco di Saint-Etienne-du Rouvray, vicino a Rouen, ha lasciato sgomenti i cittadini di tutta Europa. Questa volta a esser teatro di morte è stata, per la prima volta, una chiesa cattolica.

Una nuova fase, non scontata, che ha allungato, dunque, la scia di sangue in Europa. Gli ultimi attacchi terroristici di matrice islamica avvengono nella città natale del presidente francese Francois Hollande, l’ennesimo episodio di terrore in Francia, in un’estate che si annuncia sempre più tragica. Rischiando di far partire delle vendette incrociate.

Dalla Città del Vaticano fino a Cracovia, dove oggi è atteso Papa Francesco per la Giornata mondiale della gioventù (Gmg), si tende a rimanere calmi e a porgere l’altra guancia. Per padre Spataro, direttore di Civiltà Cattolica, «l’errore che si può fare è proprio quello di scrivere o parlare di guerra di religione: è quanto vorrebbero i terroristi».

Jacques Hamel
Jacques Hamel

«Un uccisione portata al cuore del cristianesimo», secondo il giudizio dell’arcivescovo di Milano Angelo Scola, «vera e propria escalation di violenza che sta ormai attaccando l’Europa». Per il cardinale è «necessaria la rinascita europea: servono uomini e donne, a livello di popolo, che aiutino le autorità istituite a trovare la strada di un senso per il nostro Continente. Migrazioni, integrazione, economia, finanza, politica, potranno essere mattoni per la casa europea solo se il senso del vivere in una società plurale, rispettosa di tutti ma tesa al riconoscimento di ciò che è buono, verrà costantemente perseguito e documentato nell’attuazione di tutte le libertà».  «Questa» – conclude Scola «è l’unica strada per vincere le paure ma alla lunga anche per battere il terrorismo».

Il pontefice è stao tra i primi ad esprimere il suo «dolore» e «orrore» per quella che ha definito una «violenza assurda». Papa Francesco ha semmai voluto esprimere una volta di più «la condanna più radicale di ogni forma di odio». Nel messaggio di cordoglio, inviato all’arcivescovo di Rouen Dominique Lebrun, ha sottolineato il turbamento «per il fatto che quest’atto di violenza sia avvenuto in una chiesa durante una messa, liturgia che implora Dio per dare la sua pace nel mondo».

Il ricordo riporta all’uccisione di don Santoro in Turchia e di monsignor Romero in Salvador. Ma padre Hamel, con i suoi 84 anni, gran parte dei quali dedicati alla Chiesa, era un parroco di periferia, di campagna, in una tranquilla Normandia, lontana anche dai circuiti turistici. Per questo i vescovi francesi, molti dei quali in Polonia per la Gmg, sono sotto choc.

Pure la Conferenza episcopale italiana, presente a Cracovia, sottolinea «ancora una volta, il messaggio evangelico e l’esperienza della chiesa che diventano motivo per non arrendersi a logiche di chiusura o di vendetta, ma per costruire, con una rinnovata testimonianza di fede, una società riconciliata e aperta alla speranza».

resizeIn nessun commento, dal Papa agli altri esponenti ecclesiastici, si è fatto riferimento ai fondamentalisti islamici, che pur hanno rivendicato l’attacco, per sottolineare ancora una volta come non sia la religione a creare divisioni. O almeno così si ostina a fare la chiesa cattolica. Da ieri, semmai, in tutta la Francia sono state convocate messe per ricordare padre Hamel, mentre per venerdì 29 i vescovi francesi hanno chiesto ai cattolici una giornata di preghiera e digiuno.

L’Europol, intanto, ha rinnovato il suo allarme per centinaia di “foreign fighters” rientrati in Europa dai campi di combattimento dell’Isis in Siria e Iraq. Dei circa cinquemila jihadisti, partiti negli ultimi anni dai Paesi dell’Unione europea per raggiungere lo Stato islamico, tra 1.500 e 1.800 sono tornati a casa. I Paesi che registrano il maggior numero di rientri sono Germania, Olanda, Svezia e Gran Bretagna.

L’esperienza acquisita negli addestramenti e combattimenti sul terreno li hanno resi letali, capaci di condurre attacchi, sia in modo coordinato, che indipendente, adattandosi con grande facilità ad ambienti diversi. Alcuni, durante la permanenza nei teatri di conflitto, sono stati sottoposti anche a speciali training psicologici che li ha resi immuni a paura e atrocità.

Ma, come riporta l’agenzia Ansa, di fronte alla rapida evoluzione del fenomeno jihadista, e i ripetuti appelli di Europol e del coordinatore antiterrorismo Gilles de Kerchove, l’Unione europea persevera in una colpevole lentezza. Ad esempio, la proposta di legge per armonizzare le norme in tutti gli Stati membri, presentata dalla Commissione europea a inizio dicembre, in cui si definisce il concetto di “combattente straniero” e si sancisce una punibilità senza frontiere dei fighters, è ancora in alto mare. E anche dei controlli sistematici alle frontiere esterne per tutti i cittadini, compresi quelli europei (visto che i fighters provengono dai Paesi Ue), già decisi, per ora non c’e’ nemmeno l’ombra.

 

Elodie Dubois

Foto © Normandie-actu, Le Huffington Post (immagine Jacques Hamel)

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Elodie Dubois
Francese, innamorata dell'ambiente e dell'Italia. Sempre attenta alle tematiche che riguardano la lotta all'effetto serra e la riduzione dell'inquinamento, contribuisce con la sua esperienza a Strasburgo e a Bruxelles alla realizzazione di una buona Euro...comunicazione!

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