Strage di Orlando: dolore e rabbia per le giovani vittime

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Mentre dilagano le polemiche sull’operato dell’Fbi, il mondo intero si stringe intorno all’America. Obama: «Un atto di terrore e di odio». Stasera Tour Eiffel con colori americani

Il Pulse di Orlando come il Bataclan di Parigi. Questo il paragone che, nelle ultime ore, rimbalza fra pagine di quotidiani, social media e telegiornali. La strage consumatasi ieri notte nella discoteca gay è la peggiore sparatoria mai avvenuta in America e, come quella di novembre a Parigi, risulta ancora più insopportabile perché ha scelto come bersaglio dei giovani che, in questo caso, agli occhi dell’aggressore, avevano la sola “colpa” di essere omosessuali. Al dolore per le 50 vittime si aggiunge così l’immensa rabbia per la carica d’odio che questo gesto terribile porta con sé. L’immagine di un uomo, trentenne, che spara all’impazzata su una folla di giovani come lui mentre ballano, è quantomeno agghiacciante.

L’inferno è iniziato alle due di notte ed è proseguito per tre ore. Un susseguirsi di minuti infiniti in cui le vittime hanno provato di tutto per salvarsi, utilizzando i propri cellulari, con i quali si sono messi in contatto con i familiari o hanno chiesto disperatamente aiuto sui social. La stessa pagina Facebook del locale, ha pubblicato subito un messaggio: “Everyone get out of pulse and keep running” (Tutti escano fuori e correte).

Ora quei messaggi restano come tracce indelebili dell’orrore di quelle ore, così come le riprese fatte dall’esterno dagli abitanti dei palazzi vicini, con il rumore degli spari e la gente che corre all’impazzata. Testimonianze vivide e vere, che hanno fatto vivere quell’inferno in “diretta” lasciando talvolta i familiari delle vittime impotenti davanti allo schermo di uno smartphone.
Secondo i testimoni, soltanto pochi fortunati (circa una trentina) che si trovavano vicino al bancone del bar, sono riusciti a scappare dalle uscite posteriori. Per gli altri non c’è stato modo di sfuggire all’inferno. Il tragico bilancio della strage conta 50 morti e più di 53 feriti.

Omar Seddique Mateen, questo il nome del ragazzo autore della carneficina di ieri notte, cittadino americano di origini afghane. Poco prima dell’attacco al Pulse, ha chiamato il 911 per proclamare la sua fedeltà allo Stato islamico. Dopo il massacro, l’agenzia Amaq, organo di comunicazione del Califfato, ha riconosciuto Mateen come “uno di noi”.
Il giovane, ucciso dalle teste di cuoio durante la sparatoria, non era sconosciuto all’Fbi, sembra anzi che fosse stato trattenuto per ben tre volte nel 2013 e poi nel 2014,  per sospetti legami con il terrorismo, e sia stato ogni volta rilasciato.

È evidente che, in queste ore di rabbia e dolore, tutto ciò non fa che alimentare le polemiche intorno all’Fbi che ha “permesso” che, nonostante i sospetti, Mateen nei giorni scorsi acquistasse legalmente un fucile e una pistola. Si riapre, inevitabilmente, anche il dibattito sulla legge relativa alla detenzione di armi da fuoco, nonché quello sull’ingresso di migranti musulmani negli Usa. Polemiche che si accendono ancor di più nel clima di campagna elettorale di questi giorni.

Ma la strage è stata troppo crudele per lasciar spazio alle polemiche. In molti, da ogni parte del mondo, ricordano come, in questo momento sia giusto, semplicemente, esprimere solidarietà ai parenti delle vittime. Il Presidente Barack Obama ha parlato di «un atto di terrore e di odio» e ha ordinato che le bandiere restino a mezz’asta fino a giovedì sera in tutti le ambasciate e i palazzi pubblici degli Usa. Solidarietà arriva anche dall’Europa: questa sera a Parigi la Tour Eiffel si colorerà dei colori della bandiera americana, mentre a Milano l’arcigay ricorderà le vittime con una fiaccolata.

 

Valentina Ferraro
Foto © Creative Commons

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Valentina Ferraro
Laureata in letteratura contemporanea, ha lavorato per diversi anni come editor per una casa editrice romana, per poi avvicinarsi alla sua più grande passione: la scrittura, intesa come mezzo di comunicazione a 360 gradi. Ha iniziato scrivendo di cinema e cultura per diverse testate sia online che cartacee (fra queste, “Il quotidiano della Sera” e il settimanale “Il Punto”). Dopo il primo viaggio a Bruxelles, nel 2014, ha scoperto un forte interesse per l’Unione europea, iniziando così ad approfondire le tematiche relative all’Ue. La spiccata curiosità per l’universo della “comunicazione 2.0” l’ha portata a mettersi alla prova anche come blogger. Di recente la scrittura ha incontrato un’altra sua grande passione: l’enogastronomia.

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