Paul Weller, icona del pop britannico al Parco della Musica

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Dagli esordi punk, passando attraverso il soul e il jazz, tutte le metamorfosi di un artista che ha saputo reinventare continuamente la propria ispirazione

Eclettico e talentuoso, con quell’aria un po’ dandy che si porta dietro sin dall’epoca dei Jam, Paul Weller è figura fondamentale nel panorama del pop britannico. Vero changingman del rock, per citare il titolo di una sua nota canzone, ha saputo rigenerare la propria ispirazione restando fedele a un’immagine tipicamente english. Grazie a una propensione onnivora non ha mai fatto un disco uguale all’altro, pur con gli inevitabili momenti minori di una carriera ormai quarantennale.

Coraggioso Weller, come quando abbandona l’esperienza dei Jam per fondare gli Style Council, un salto nel buio rivelatosi vincente. Schietto e diretto nelle sue esternazioni e nella sua voglia di fare musica, sin da giovanissimo diviene un punto di riferimento per i fautori dell’estetica mod, orfani degli ormai declinanti Who. Spunti soul, jazz e funky tratteggiano la breve parentesi con gli Style Council. Il resto è una carriera solista ricca di idee, un poco discontinua nello svolgimento, comunque mai scontata.

Roma, Auditorium Parco della Musica 09 010 2015. Luglio Suona Bene - Paul Weller in concerto. ©Musacchio & Ianniello ******************************************************* NB la presente foto puo' essere utilizzata esclusivamente per l' avvenimento in oggetto o per pubblicazioni riguardanti la Fondazione Musica per Roma ********************************************************
©Musacchio & Ianniello 

La sua influenza sulle generazioni successive è indubbia. Noel Gallagher è un suo accanito fan, oltre che collaboratore occasionale. Non è un caso che i due si ritrovino a suonare a Roma nella medesima serata, l’uno al Parco della Musica, l’altro con i suoi High Flying Birds al Festival Rock di Capannelle.

Weller è in gran forma: il fisico asciutto, la pettinatura immutabile, il volto sempre uguale, solo screziato da un fitto reticolo di rughe che trasudano autentica energia e parlano di una vita vissuta intensamente. Calza scarpe di vernice bianche e nere, un tocco di gusto un po’ retrò in linea con il personaggio. Eppure non c’è nulla di nostalgico nella sua esibizione. Molti i brani del nuovo disco in scaletta a cominciare dall’attacco, affidato ad I’m where I should be, a dimostrare come Weller guardi costantemente avanti. Saturns Pattern, pur senza essere un capolavoro, è colmo di forza e di entusiasmo, e i pezzi eseguiti dal vivo acquistano smalto.

Certamente il concerto decolla quando l’artista pesca dal cilindro le perle migliori della sua lunga carriera. From the floodboards up, tratto dal fortunato As is now del 2005, è intriso di pura energia rock, così come la travolgente Come on/Let’s go. Above the clouds ci riporta indietro al primo disco solista, dove Weller si dimostra ancora legato alle sonorità soft e levigate degli Style Council.  Peacock suit è un altro momento alto della performance, una sorta di blues di grande forza comunicativa. I brani più luminosi sono quelli estratti dal capolavoro Stanley Road: Porcelain gods, presentata in una versione tiratissima, You do something to me, con Weller al piano in un momento di pura poesia e Whirlpool’s end, che conclude la prima parte del concerto in un delirio di chitarre. Nel frattempo c’era stato anche il tempo per una immersione nel remoto passato dei Jam, con i ritmi sincopati e irresistibili di Start.

©Musacchio & Ianniello
©Musacchio & Ianniello

Dopo la pausa ecco Out of the sinking, ancora un pregevole estratto da Stanley road, e These city streets.  Il pubblico, che all’inizio della serata era compostamente seduto, è tutto in piedi sotto il palco. Un’ora e quaranta la durata del concerto, non moltissimo ma comunque abbastanza per ripercorrere le tappe essenziali di una carriera straordinaria.

Picking up stick apre la seconda tornata di bis. My ever changing moods sembra suggellare il temperamento umorale e inquieto di Weller. Una ballata che ci riporta con la memoria al concerto degli Style Council che vedemmo nell’ormai remoto 1985 quando anche noi, nostalgici del punk e un poco delusi dalla svolta new wave, decidemmo comunque di fare affidamento ancora una volta sul talento di Weller. Una fiducia che, oggi come allora, appare certamente ben riposta.

Quasi ci avesse letto nel pensiero, Weller ci sorprende con un altro celeberrimo brano dei Jam, quella Town called malice che, oltre a trasmettere un brivido all’intera platea, dobbiamo confessarlo, ci fa fremere di struggente nostalgia.

Riccardo Cenci

 

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Riccardo Cenci
Riccardo Cenci. Laureato in Lingue e letterature straniere moderne ed in Lettere presso l’Università La Sapienza. Giornalista pubblicista, ha iniziato come critico nel campo della musica classica, per estendere in seguito la propria attività all’intero ambito culturale. Ha collaborato con numerosi quotidiani, periodici, radio e siti web. All’intensa attività giornalistica ha affiancato quella di docente e di scrittore. Ha pubblicato vari libri (raccolte di racconti e romanzi). Attualmente lavora come Dirigente presso l’Enpam.

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