Finlandia richiama i riservisti. Obiettivo: rafforzare economia e confini

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Helsinki e Berlino legate dalla politica del rigore. Ma l’allerta per un’eventuale aggressione della Russia pone l’annosa questione: reagirà l’Europa se attaccata?

L’1,1% della popolazione europea: questo rappresentano i 5.451.270 finlandesi.

Alcuni dati rapidi: la Finlandia entra nell’Unione europea nel 1995, fa parte dell’Eurozona e dell’area Schengen ed è uno dei Paesi europei con il più basso tasso di corruzione dopo la Danimarca. La tradizione comunitaria della Finlandia è legata alla mondo della finanza: molti sono stati i politici provenienti da Helsinki che hanno ricoperto cariche economiche; solo negli ultimi anni possiamo citare personalità influenti quali Erkki Liikanen, che ha tenuto le cariche di commissario europeo per le Imprese prima e presidente del gruppo di esperti per la riforma della struttura del settore bancario poi; Olli Rehn, il sostenitore della metodo del rigore, la personificazione della politica dell’austerity. Le cariche da lui ricoperte sono state quelle di commissario dell’Ue per gli affari economici e monetari e vicepresidente della Commissione europea. Jyrki Katainen, altro politico finlandese che ha sostituito Rehn nel suo incarico.

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Il commissario europeo Katainen

La visione comune tedesco-finlandese sulla necessità di tenere i conti in ordine, sul rispetto del Patto di Stabilità e sull’austerity come unica via per superare la crisi sembra aver dato vita ad un “Asse del Rigore”. Non sembra quindi strano che Marjut Santoni, politica finlandese vicedirettrice esecutiva del Fondo Europeo per gli investimenti abbia studiato in Germania, ad Amburgo.
Entrambi i Paesi hanno sperimentato il metodo dell’austerity a livello nazionale per poi proiettarlo all’esterno come metodo risolutivo della crisi, grazie ai risultati positivi ottenuti nel settore pubblico e nel mercato del lavoro. Nonostante gli innegabili risultati ottenuti, la politica adottata ha comunque creato forti tensioni interne: in Germania la disputa si è accesa tra i lands in ripresa e quelli in declino, mentre in Finlandia a darsi battaglia sono stati i partiti politici. Il metodo del rigore sembra dunque portare inevitabilmente alla discordia.

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Il quartier generale della Nokia

Forse la capacità di resistere alle difficoltà, caratteristica tipica dei finlandesi e frutto di una storia nazionale particolarmente travagliata, li ha resi particolarmente inclini, alla pari dei tedeschi, alla politica del rigore. L’indipendenza dalla Russia arrivò nel 1919 grazie all’aiuto delle truppe tedesche. Nel 1939 la Finlandia venne attaccata dall’Unione Sovietica, ma riuscì a difendere la propria libertà. Da allora i rapporti con l’Unione Sovietica prima e con la Federazione Russa poi rimasero buoni anche a causa delle ragioni economiche che legavano e legano tutt’oggi i due Paesi e che provocano una crisi conseguente al crollo dell’URSS nel 1989. Helsinki lottò per risollevarsi economicamente. La situazione migliorò a metà degli anni novanta per poi mantenersi stabile. Il tracollo è avvenuto proprio nell’ultimo anno, quando la Finlandia ha registrato la peggiore performance economica dell’Europa dopo i Paesi mediterranei. I motivi per questa stagnazione economica sono tre: la crisi della Nokia, le sanzioni imposte dall’Europa alla Russia e la diminuzione delle vendite di carta. L’ultima campagna elettorale si è svolta all’insegna dei dati economici: nei dibattiti interni il paragone con la Grecia è stato onnipresente, come il solito rosario di cifre “un disoccupato ogni cinque abitanti” statistica non tanto differente da quella greca.

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Juha Petri Sipilä

Ecco perché ciò che Juha Petri Sipilä, leader del partito di centro-destra vincitore delle elezioni dell’aprile 2015, ha ribadito che per curare la Finlandia serve una somministrazione ulteriore della sua stessa medicina, ossia l’austerità.

Il tema dell’immigrazione non può non essere presente nel dibattito politico interno di qualsiasi Paese europeo: il ministro degli Esteri finlandesi Tomo Soini, rappresentante del partito ultra conservatore “Veri Finlandesi” ha infatti dichiarato che la “quota profughi” non aumenterà nonostante le pressioni della Commissione europea. L’ennesima prova dell’espansione dei partiti nazionalisti nel nord Europa.

Il partito nazionalista finlandese è la bandiera di un altro sentimento: l’Euroscetticismo.
La politica estera finlandese è una politica di balance: se da una parte il Paese ha fatto una scelta precisa entrando nell’Unione europea, dall’altra mantiene rapporti di buonissimo vicinato con la Russia. L’atteggiamento di non compromissione è reso evidente dalla partecipazione ad alcune missioni di peacekeeping sotto egida NATO, organizzazione della quale la Finlandia non fa parte.

Satakunnan_maakuntakomppania_lippujuhlapäivänä_2009Il rapporto con la Federazione Russa però, è mutato a seguito della politica estera aggressiva ostentata da Putin nell’ultimo anno: il governo finlandese ha allertato 900.000 riservisti. Nonostante le assicurazioni del governo, che riguardo le comunicazioni con i riservisti ha dichiarato che «non hanno nulla a che fare con una reale questione di sicurezza» e che la decisione di inviare delle lettere è stata maturata circa due anni fa, è impossibile non collegare questo “richiamo” alla situazione attuale. Ancor più se si considera l’estrema rarità con cui tali comunicazioni sono state effettuate nella storia del Paese. A prescindere dalle dichiarazioni ufficiali, una “questione sicurezza” esiste, basti pensare ai frequenti passaggi degli aerei russi alla frontiere e ai sottomarini che rasentano le acque nazionali finlandesi. Inoltre, la Russia ha dimostrato di riuscire in poco tempo a mobilitare una grande quantità di uomini ed Helsinki vuole avere la sicurezza di poter contare in tempi brevissimi su almeno 250.000 uomini (l’organico attuale senza i riservisti ammonta a 16.000 soldati).

Non avendo l’ombrello NATO a proteggere il Paese, l’esercito sta correndo ai ripari. Ma è davvero necessaria quest’allerta? O sono timori infondati? E la Germania correrebbe in soccorso, come in passato, dell’alleato – un Paese membro dell’Unione – oppure continuerebbe con la politica del wait and see esacerbando l’immobilismo europeo come nel caso dell’Ucraina?

 

Ilenia Maria Calafiore

Foto © Wiki e Creative Commons (apertura Santeri Viinamäki)

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Ilenia Maria Calafiore
Nata nel 1989, è laureata in Comunicazione Internazionale presso l’Università di Palermo con una tesi in filosofia politica dal titolo “Teorie e pratiche per la Giustizia Globale“. Nel suo percorso universitario ha approfondito le tematiche storiche ma anche linguistiche relative alla Russia e ai popoli slavi. Ha partecipato ad alcuni progetti internazionali come il Model United Nation a New York ed il Finance Literature of Youth a Togliatti, Russia. A fine 2014 si laurea con il massimo dei voti in Studi Internazionali presso l'Università di Pisa con la tesi “Spunti per uno studio delle politiche della Federazione Russa nel bacino del Mar Nero”.

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